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GROTTE

anno 31, n. 96 - gennaio-aprile 1988

gruppo speleologico piemontese - cai-uget

 

sommario

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Notiziario

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Attività di campagna

11

31° Corso: note organizzative

13

1° stage del 31° Corso in Provenza

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Dal nostro inviato

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Dal trespolo di nonna papera: vent'anni dopo

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31° Corso

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Dall'Artesinera al Bacardi

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Mongioie 1987: le cavità minori

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Sentieri interrotti

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Riomo

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Grotte della Valle di Susa

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Al Corchia nei rami Pineröl

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Majella: speleologicamente parlando

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Ghiaccio d'inverno

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Gole, canyons e orridi

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30 anni di Grotte

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Recensioni

 

Supplemento a CAI-UGET Notizie n. 7 del mese di luglio 1988

Spedizione in abbonamento postale Gruppo III

Direttore responsabile: Andrea Mellano

Redazione:

Giovanni Badino, Roberto Chiabodo

 

Marziano Di Maio, Laura Ochner

 

Riccardo Pavia, Mauro Scagliarini,

Loredana Valente

 

 

 

Foto di copertina di B. Vigna

Bozzetti di Simonetta Carlevaro

 

Stampa: LITOMASTER,

Via Sant'Antonio da Padova 12

 

 

Stampato con il contributo della Regione Piemonte (Legge regionale 69/81)

Spedito ai soci SSI con il contributo di questa Società

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NOTIZIARIO

 

Riunione di inizio anno del GSP

Si è tenuta il 15 gennaio per discutere sui programmi di attività delle varie sezioni. Una buona parte della riunione è stata assorbita dalle discussioni sui materiali; mentre è emersa la necessità di reintegrare l'attrezzatura di magazzino, di acquistare accessori del martellatore e di potenziare la strumentazione da rilievo, si è però dovuto anche prendere atto che la disponibilità finanziaria non è florida. Intanto non si acquisteranno, per un certo periodo, moschettoni di gruppo.

Tra le altre cose, sono stati definiti gli incarichi da affidare ai singoli componenti della redazione del bollettino, per distribuire meglio incombenze che con l'aumento di tiratura e altri problemi si sono fatte più onerose. L. Ochner e L. Valente avranno cura delle mansioni amministrativo-finanziarie, G. Badino provvederà alla raccolta degli articoli, M. Scagliarini gestirà la computerizzazione e redigerà l'attività di campagna, aiutato al calcolatore da R. Chiabodo che inoltre si occuperà dell'indirizzario. M. Di Maio ha la responsabilità generale e R. Pavia è in attesa di mansioni specifiche.

 

Varie del Gruppo

Il 14 gennaio nella sala affollatissima del Collegio degli Artigianelli in via Juvara si è svolta la proiezione di presentazione del 31° Corso di Speleologia.

È nata Brunella Vigna, figlia di Margherita Pastorini in Vigna e molto probabilmente di Meo Vigna. Da grande andrà a battere in Val Corsaglia.

Ma le riproduzioni dei fotografi non si fermano qui: è pure nata Elena Villa, figlia di Franca Maina e di Giuliano.

Questa volta abbiamo fatto un "en plein": dopo due anni di trame abbiamo acquistato nientepopodimeno che Giampiero Carrieri, savonese, speleologo. È venuto a lavorare come geologo a Torino, insieme a Poppi (numero di telefono del lavoro 38.03.02). La colonia (o il presidio?) savonese dentro il gruppo sta crescendo, pericolosamente quando si pensi che la posizione ufficiale del GSP al riguardo (Lovera '85) è che il numero giusto di savonesi è: mezzo. Invece sono due (Badino e Carrieri) e sembra stiano cercando di cambiare la denominazione del gruppo in "Sezione Piemontese del GS Savonese". Dubitiamo ci riescano.

Per far posto al Savonese che è arrivato, un Torinese se ne è andato. Alberto Gabutti (detto Lucido) ha follemente lasciato la sorveglianza della sua signora e se ne è andato a cercar fortuna in America. Lavora in fisica dei superconduttori nell'Illinois: l'indirizzo al quale inviare insinuazioni sul contegno di Simonetta è: Alberto Gabutti, 2560 Meadowdale LN-104 -WOODRIDGE, Illinois 60515 (USA).

 

L' AGSP si muove

Seppure non al massimo dei giri l'Associazione comincia a girare. Alla fine dell'anno precedente abbiamo presentato alla Regione il Catasto facendo un figurone e guadagnandoci un encomio solenne al Consiglio Regionale e un pubblico riconoscimento sui quotidiani, oltre naturalmente ad un benefico contributo finanziario. Contributo che è subito stato destinato a nobili iniziative quali i corsi di speleologia, e di alcune pubblicazioni in parte ora già uscite: si tratta de "Il mondo delle grotte" curato dal GS Biellese ed utile strumento per la diffusione della speleologia nei corsi e nelle scuole, a cui segue di uscita recentissima "Tecnica di grotta" a cura del GSP (G. Badino), che sull'onda della sua esperienza e della sua indubbia capacità ha messo insieme un centinaio di pagine con le tecniche ed i fondamenti per percorre-

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re grotte verticali, un manuale che viene a colmare un vuoto nella didattica speleologica.

Sono in preparazione (ormai in fase avanzata di stampa) il megalavoro su Piaggia Bella (150 pagine), un manuale sulla topografia ipogea, ed un libretto sulle più frequentate cavità piemontesi. Ottimi sono inoltre i rapporti con la Regione ed i suoi organi di stampa; sul prossimo numero di Piemonte Parchi uscirà un articolo sulle problematiche speleologiche, sulle grotte piemontesi, la loro diffusione ecc., e sul rischio di inquinamento da cui queste vanno tutelate. Sempre con la Regione si sta studiando la possibilità di istituire, attraverso delle borse di studio, una informatizzazione del catasto e dei dati bibliografici riguardante il Piemonte.

(A.E.)

I Gruppi dell'AGSP

A richiesta di molti pubblichiamo gli indirizzi dei Gruppi ad oggi appartenenti all'AGSP:

GGN CAI - Novara, corso F. Cavallotti 11, 28100 Novara, tel. 0321/25775

GGP CAI - Pinerolo, via Sommeiller 26, 10064 Pinerolo

GSAM CAI - Cuneo, piazza Galimberti 13, 12100 Cuneo

GSBi CAI - Biella, via P. Micca 13, 13051 Biella

GSP CAI-UGET, Galleria Subalpina 30, 10123 Torino.

 

La SSI in Piemonte

Un po' di notizie sulla SSI in Piemonte. Al 12.4.88 la regione raccatta 32 soci, collocandosi così al nono posto dopo Lombardia (191), Liguria (111), Friuli-Venezia Giulia (106), Veneto (87), Emilia Romagna (81), Toscana (58), Sardegna (55) e Lazio (45). L'interesse per questa organizzazione va comunque crescendo e questo è curioso per una regione che ha quasi sempre brillato per sdegno nei confronti degli organismi nazionali: storicamente la regione, del resto, ha generato più eserciti invasori che coordinamenti.

Ma ci sono un po' di segnali di cambiamento, vuoi per gli sforzi di sprovincializzazione che vi vengono fatti, vuoi perché far parte della SSI, da qualche anno, comincia ad essere un vantaggio in termini di servizi, soprattutto di informazioni. La strada da fare comunque è ancora molta.

Il responsabile locale continua ad essere lo scrivente, e quella di mettere un Ligure a dirigere il Piemonte, proprio in un periodo di incipiente Lepenismo è un fatto insopportabile: va sostituito.

Il Piemonte non va male neppure per la percentuale di iscritti che hanno già tossito la quota, ben il 60%, al pari di Emilia e Lazio, superati solo dalla ricca Lombardia.

(G.B.)

Benessere della speleologia

I bilanci della SSI sono in condizioni deplorevoli, e quasi interamente assorbiti da "Speleogia" che, del resto (a mio modo di vedere), è la principale attività della associazione. Ma urge reperire altri fondi perché iniziative da portare avanti per il benessere della speleologia ce ne sono un mucchio.

Faccio notare: benessere della speleologia, non solo italiana, non solo della SSI, non solo torinese. Un mucchio.

Uno dei sistemi sarebbe riuscire ad arraffare le briciole del grande affare che sono le grotte turistiche: dobbiamo muoverci COMUNQUE per esse per evitare che la forsennatezza con la quale ne vengono aperte sempre di nuove non danneggi il patrimonio ipogeo italiano. Dovendo dunque muoversi per razionalizzare le turisticizzazione tanto vale muoversi meglio, vestirci effettivamente dei panni che già abbiamo di specialisti, e guadagnare dei mezzi.

Riuscirà il direttivo SSI in questa grande, qualificante impresa? Lo vedrete fra non molto.

(G.B.)

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Dalla Commissione Centrale per la Speleologia

Nel febbraio di quest'anno, dopo mille vicessitudini si è riunita la neocommissione. Molti i nuovi: ai rieletti Rossi (MO), Casoli (FI) e Rivolta (VA) si affiancano Cavalli (MI), Spiller (Schio), Rapletti (BG), Zorn (TS), Panzica La Manna (PA) ed il nostro Eusebio, quale unico rappresentante della speleologia valdostana-piemontese e ligure (come mai?).

Alla nuova commissione i più vivi auguri di buon lavoro sperando che un più sensibile contributo finanziario consenta di finalizzare meglio le indubbie possibilità di questa struttura. Si pensi che del bilancio attuale il 46% è costituito dalle spese di assicurazione assorbite dalla Scuola Nazionale di Speleologia, e il 29% da quelle di organizzazione dei corsi di aggiornamento. Il nuovo presidente è A. Rossi.

 

Rivista del CAI

Come è noto, gli articoli e le notizie che riguardano la speleologia vengono da anni curate da C. Balbiano. La nuova C.C.S. del CAI, accogliendo un suo invito, ha deciso di occuparsi in modo attivo della Rivista, ed ha incaricato Angelo Zorn di tenere i contatti fra lui e la C.C.S. stessa. Pertanto, chi volesse pubblicare articoli, notizie, ecc. può inviarle sia a Balbiano che a Zorn.

Per i curiosi che vogliono sempre sapere le cose in anticipo, si segnalano i titoli dei prossimi articoli di argomento speleologico che appariranno sulla Rivista del CAI.

- G.G. Milano, SEM, sez. CAI: 90 ANNI DI SPELEOLOGIA

- Badino, Piccini, Vianelli: SPELEOLOGIA GLACIALE

- Calandri, Ramella: GHAR KEF: PROFONDITÀ MONDIALI NEI GESSI D'ALGERIA

- C. Balbiano: EDOUARD ALFRED MARTEL (1859-1938).

 

Deja vu alla Preta

Torino è da tempo legata in modo particolare alla Preta, i suoi racconti hanno contribuito a formare generazioni di speleo torinesi, i suoi pozzi fanno parte dell'inconscio collettivo dell'esplorazione italiana ma soprattutto occidentale. È per questo che le prosecuzioni sul fondo del 1982 ci hanno reso assai felici così come ci siamo divertiti grandemente per le gallerie trovate sul 131 : non stupirà quindi che seguiamo con particolare interesse la nuova avventura in cui è incorsa la Preta. Da sempre catalizza mobilitazioni di massa e di conseguenza è argomento di commenti salaci da queste pagine. Megaspedizioni. Ci si convinse che la parola facesse parte del bagaglio esplorativo degli anni '60, come le scalette e i chiodi a fessura, e pure allora ci fu chi ne dimostrò l'inutilità: il fondo fu raggiunto con pochi uomini e senza benedizioni ne autorità. E vennero gli anni '70: il cambio delle tecniche e l'avvento delle corde avrebbe cancellato la parola dal vocabolario? Tutto tace, da queste pagine solo riferimenti alla FIE che denuncia gli speleologi, e a speleologi imbecilli.

Giunge il 1988 e indovinate cosa sta per essere organizzata alla Preta? L'iperspedizione. Al momento non siamo ancora in grado di dire se sia prevista la benedizione del Vescovo come nella migliore tradizione, ma conosciamo invece i nomi di alcuni tra i venti gruppi che hanno aderito, e l'elenco è degno del più profondo sconforto. Sappiamo inoltre che ogni gruppo dovrà giungere "attrezzato di 100 m di corda" (da 5,7 o da 10 mm? e ancora: statica? nautica?) "nuova o in buono stato" (??!!) (e l'armo del 108 si farà su un elastico?), che il 131 sarà attrezzato con una corda da 11 mm (scenderanno con dei pesi da sub?) e che l'abisso sarà armato per due anni.

In tale periodo nessuno avrà più libero accesso se non dopo aver presentato domanda almeno 30 giorni prima della data prevista (e chi l'ha deciso?). Il permesso, se concesso, vincolerà i beneficiati a lavorare per l'organizzazione (poveretti) e ad accettare un accompagnatore incaricato dalla medesima (poveretto). È escluso il diritto di pernottare nella malga vicino all'ingresso perché riservata agli organizzatori (sarà una legge regionale?). A questo punto una domanda: ma cosa andranno a fare?

(U.L.)

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Altre dall'Italia

È finalmente in cantiere il rilievo del nuovo buco sui Monti Aurunci (Lazio), esplorato da Giulio De Meo e compari di Marassola. L'abisso, chiamato Vallaroce, scende oltre i 500 metri e ha ancora margini di approfondimento (è già il più profondo del Lazio). Per l'estate, con il rilievo completo, sapremo di più. Da notare, comunque, un bel meandro di 150 m con 25 strettoie "a elle" nel bel mezzo del cammino, a consigliare prudenza nel tratto a valle.

Dopo il ritrovamento del cimitero di Ursus spelaeus avvenuto in Dolomiti sulle Conturines (e ignorantemente rimaneggiato dagli scopritori), un altro ne è stato scoperto in una grottina sul Monte Nerone (Appennino Umbro-Marchigiano) da Marco Sani e colleghi di Città di Castello. Si tratta di una quarantina di esemplari, alcuni di dimensioni gigantesche a giudicare dalle ossa. In particolare un cranio misura 52 cm di lunghezza e sembra essere il più grande mai rinvenuto. Da notare che i tagliaboschi locali li avevano scambiati per "grosse" vacche...

(T. Bernabei)

 

Si è costituita l'associazione AIRES, costituita dai GG di Napoli, Foggia e Martinese con l'intento di coordinare le ricerche sul massiccio degli Alburni. I GG che, intenzionati ad un riordino ed una conoscenza dei dati sinora acquisiti, e a raccattarne altri in modo organico possono entrare a far parte di questa associazione scrivendo ad AIRES c/o dipartimento di Scienze della Terra - Univ. di Napoli - dott. Nicoletta Santangelo - Largo San Marcellino 10 -80100 Napoli.

 

Ultime dagli Alburni. Gli speleologi dauni, martinesi e napoletani hanno esplorato nell'autunno-inverno diverse grosse cavità: Pozzo di Motatà di cento metri, chiuso da grandi riempimenti, la Grava di Maria (-222, 650 + di sviluppo) un inghiottitoio attivo stagionalmente mentre la Grava dei Vitelli è diventata un -260 (fermo su strettoia) grazie ad un nuovo ingresso.

 

Prossime manifestazioni speleologiche in Italia saranno il corso di Costacciaro e il convegno di Varese. A Costacciaro dal 20 al 22 maggio 1988 si terrà il Corso di 3° livello su Salvaguardia delle aree carsiche; iscrizioni e informazioni: Mauro Chiesi, via S. lenone 6, 42100 Reggio Emilia. A Varese il 12-13 novembre avrà luogo il Convegno di speleologia lombarda; informazioni e invio di relazioni: Segreteria del XIII Convegno di Speleologia Lombarda, c/o Marco Cassani, via Rossi 8, 21026 Gavirate (Varese).

 

Dall'estero

In Austria giungono nuove dal massiccio dell'Hagengebirge, dove i polacchi del K.K.S. Katowice continuano ad esplorare nuove gallerie nella Tantalhöhle (2137 m di lunghezza). Lo sviluppo totale del sistema è attualmente di 34413 m (da Spelunca 29).

In Spagna, sempre novità dai Picos d'Europa. Speleologi inglesi dell'Università di Oxford hanno scoperto ed esplorato fino a -635 una nuova grotta, il Pozu del Ojo de la Bruja, cavità posta in vicinanza del Pico Cuvicente (da Caves and Caving 38 - 1987).

Francesi dello Speleo Club de Lyon sono ritornati a Pinargozu, cavità famosissima per la forte circolazione d'aria, situata nella parte centro meridionale della Turchia (Yenisarbademli - Isparta). In una ricognizione preliminare sono stati ritrovati 500-600 m di nuove gallerie; lo sviluppo attuale del sistema è ora di 5775 m, invariato il dislivello (+ 248) (da Spelunca 29).

Sempre alla ribalta la speleologia sovietica: speleologi ucraini sono discesi a -1465 m nell'abisso V. Pantjuknin e la cavità continua con un potenziale di 300 m verso il basso e 100 m verso l'alto. Nella zona delle risorgenze la grotta in Mchishta è stata esplorata per 300 m di sifone per una profondità di -45 (da Spelunca 29).

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In Brasile, durante la spedizione francese del 1986, gli speleo d'oltralpe hanno esplorato, su indicazione dei locali, un nuovo sistema ipogeo (System Santa Rita) situato nello stato di Bahia, nel Brasile orientale, con uno sviluppo di 13 km (da Spelunca 29).

In Belgio, paese che non è particolarmente ricco di fenomeni carsici, costituisce una grossa scoperta il collegamento della nota e turistica grotta di Han-Sur-Lesse con il gouffre di Belvaux, avvenuto esplorando nella prima un sifone lungo 370 me profondo 32. Il complesso misura ora 10,75 km; ha un fiume sotterraneo che nelle piene può raggiungere una portata di 40 mc/sec.

Si sa di moltissime manifestazioni speleologiche nel mondo del 1988, ma segnaliamo quelle di paesi vicini all'Italia, di argomenti che possono interessare e tenuti in lingue che vanno per la maggiore.

Dall'1 al 31uglio a Millau (Francia) si terrà un Symposium d'histoire de la Spéléologie française (con escursioni dal 28 giugno al 6 luglio), e il 29-30 settembre a Besançon il 4° colloquio su "Hydrologie en pays calcaire et en milieu fissuré" (con escursione prevista il 1° ottobre. Dal 10 al 12 novembre a Postumia si svolgerà un simposio internazionale per i 170 anni delle locali grotte turistiche.

 

 

 

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Attività di campagna

 

Ecco l'attività di campagna ed ecco che ne iniziamo da questo numero un più ampio commento; in parte lo troverete nel testo, in parte è questo cappello.

Sono 31 uscite e al confronto con l'autunnale quadrimestre precedente (45) non sembrano male: è stato un inverno... In effetti sembra ancora meglio se la si confronta coi corrispondenti quadrimestri passati: nell'87 trentadue uscite, nell'86 solo quindici, quarantadue nell'85: potremmo effettivamente nasconderci dietro il dito che l'attività è in crescita; questo un po' è vero nel senso che la gente non rimane a casa ma c'è parecchia insoddisfazione perché in genere sono uscite poco finalizzate, poco esplorative: sono uscite, e basta. Per di più, spesso sono uscite di un solo giorno.

Le posizioni individuali che creano questa situazione sono molte, ma riassumibili in carenza di idee succulente.

Due dei trattori tradizionali (Meo e Poppi) hanno ridotto lo sforzo per motivi riproduttivi, chi scrive ha le idee confuse e non sa su cosa applicare lo sforzo; indebolita la prima linea la seconda sta reggendo male (alcuni malissimo) la necessità di tirare autonomamente, e tende ad agitarsi e a lamentarsi. Ancora dietro c'è un gas di speleologi in saltuaria attività d'appoggio, taluni in ritirata, altri in progresso, altri condannati ab aeterno a questo limbo.

Insomma, attività ce n'è ma è confusa: la gente si lamenta più o meno a seconda di come vorrebbe che fosse, ma gli sforzi di coordinamento, quelli di responsabilizzazione e la grinta nel portare avanti i programmi si ostinano a volare bassi.

Intanto ecco il Gotha degli attivi. Sul prossimo numero metterei anche altri parametri oltre le "uscite", quali le ore ipogee ed il rilevato. Perché? per incoraggiare ad uscire con incisività, a portare bottini e a segnare le uscite. Non sono conteggiate le discese in orridi.

Lovera (13), Tesi (11), Cerovetti (10), Scagliarini (10), Badino (9), Eusebio (8), Pesci (8), Dematteis (8), Curti (7), Manzelli (7), Sconfienza (7), Chiabodo (7).

G. Badino

3 gennaio, Lupo Superiore (Gola delle Fascette). Giro fotografico. B. Truffo con M. Consolandi e M. Vermi (GSBi).

2-3 gennaio, Valle d'Arnetola (Apuane). Battuta. Visti alcuni buchi soffianti. Ritrovata e scesa in parte la Colubraia II (GSP anni fa). G. Baldracco, P. Cannonito, C. Curti, A. Eusebio, U. Lovera, L. Valente.

6 gennaio, Rio Martino (Valle Po). Rivisti i rami nuovi sopra la Sala Rossa. Tutto sembra tornare nella stessa. Poca aria. Effettuate anche un paio di risalite deludenti. Rivisto anche lo stretto Cunicolo del Vento. Lì si ritrova l'aria che però va disperdendosi nelle fessure. Notevole l'invenzione di Claudia sulla sigla GSP: Gruppo "Stu Pesce"; ne siamo entusiasti. C. Apostolo, G. Badino, L. Barcellari, P. Bentivoglio, A. Cerovetti, C. Curti, S. Faure, M. Scagliarini, R. Serra, F. Tesi, P.G. Trova, L. Vallardi.

10 gennaio, Grotta della Barmassa (Limone Piem.). Giro fotografico. Poca aria in fondo. Molta acqua. A. Gaydou, M. Pavese, S. Rosso.

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10 gennaio, Garb dell'Orno inf. (Val d'Inferno). Continuate le risalite di G. Ribaldone per altri 30 m. Sembra esserci una condotta superiore (mancano una decina di metri). Iniziato uno scavo nel sifone di sabbia a monte. Cominciano ad affiorare concrezioni ma circola un certo ottimismo. A. Bianco, G. Carrieri, U. Lovera, L. Magnetti, A. Manzelli, G. Nobili, S. Sconfienza, W. Segir, S. Serra, M. Vigna.

10 gennaio, Buco di Valenza (Valle Po). Rivisto il fondo. Ispezionata con un "motofaro" la sala finale alla ricerca di eventuali finestre. Non ve ne sono di rilievo. Visto tutto il possibile. Sperimentato per la prima volta l'utilizzo in grotta di questo utile ma puzzolente e scomodo mezzo. Approfondita di qualche metro la frana finale. Uscendo trovato un interessante meandrino nella zona d'ingresso. R. Chiabodo, M. Chiri, A. Eusebio, S. Faure, M. Scagliarini, P.G. Trova, B. Truffo, L. Vallardi. Fuori, pensando al casco, F. Tesi.

17 gennaio, Büs de la Rana (Vicenza). Al seguito di due vicentini a far risalite e a vagare nella bellissima cavità labirintica. Risalito un P40 in fondo al ramo dei sifoni, ma la sommità del pozzo è chiusa. Ci sono ancora possibilità, piccole, in finestre sulle pareti laterali. Splendidi vini bianchi tutt'attorno alla grotta. G. Badino, M. Dematteis, R. Ferrein, U. Lovera, F. Tesi, L. Vallardi.

30 gennaio, Abbazia di S. Antonio di Ranverso (Val di Susa). Tentativo di "speleologia urbana". Su richiesta dell'Ordine Mauriziano è stata eseguita una prospezione al fine di trovare sotterranei o altro nel sottosuolo dell'abbazia (1048). Inutilmente. A. Cerovetti, R. Chiabo-do, A. Eusebio, R. Ferrein, E. Pesci, L. Valente, W. Zinzala.

31 gennaio, Finalese (SV). Giro fotografico in una bella e segreta grotta dell'entroterra di Calvisio. F. Adinolfi, C. Apostolo, A. Cerovetti, S. Faure, M. Galliano, S. Garnero, M. Scagliarini, R. Serra, F. Tesi e Silvia, P.G. Trova, B. Truffo.

1 febbraio, Fighiera (Apuane). Finis Africae. Paraturismo più una mini esplorazione. U. Lovera, P. Pavese, S. Sconfienza.

6 febbraio, Palazzo a Vela (TO). Palestra artificiale "G. Rossa". Esercitazione di soccorso per i nuovi volontari del CNSA-SS 1° Gruppo. Tecniche elementari: paranco, contrappeso, uso dell'argano Vanin. A. Bianco, A. Cerovetti, R. Chiabodo, M. Chiri, M. Dematteis, A. Eusebio, U. Lovera, A. Manzelli, G. Nobili, R. Pavia, E. Pesci, M. Scagliarini, S. Sconfienza, W. Segir, R. Serra, S. Serra, F. Tesi, M. Vigna.

7 febbraio, Caudano (Frabosa Sott.). Prima uscita del 31° Corso. F. Adinolfi, A. Bianco, G. Badino, A. Cerovetti, R. Chiabodo, F. Cuccu, M. Dematteis, A. Eusebio, S. Faure, M. Galliano, G. Giovine, U. Lovera, G. Nobili, M. Maina, A. Manzelli, C. Masoero, F. Mazzilli, S. Melotti, C. Oddoni, M. Oddoni, M. Pavese, R. Pavia, E. Pesci, L. Rattalino, C. Rolle , S. Rosso, M. Scagliarini, S. Sconfienza, R. Serra, S. Serra, P. Terranova, F. Tesi, P.G. Trova, B. Truffo, L. Valente.

14 febbraio, Antro del Corchia (Apuane). Esplorazione del ramo Pineröl. L'"a valle" torna sul fondo vecchio. Fatte alcune risalite. C'è ancora molto da vedere. Ci si torna di sicuro. G. Badino. A. Cerovetti, F. Cuccu, U. Lovera, E. Pesci, S. Sconfienza (v. articolo).

17 febbraio, Palazzo a Vela (TO). Esercitazione in palestra di roccia per il 31° Corso. Presente in pratica tutto il corpo-istruttori più vari "aiuto" (v. uscita Caudano).

20 febbraio, Palazzo a Vela (TO). Esercitazione di soccorso per i nuovi volontari del CNSA-SS 1° Gruppo. A. Bianco, A. Cerovetti, R. Chiabodo, M. Dematteis, U. Lovera, A. Manzelli, G. Nobili, R. Pavia, E. Pesci, M. Scagliarini, W. Segir, R. Serra, S. Serra, F. Tesi, B. Vigna.

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21 febbraio, Arma della Pollera (SV). Seconda uscita del 31° Corso. G. Badino. S. Carlevaro, A. Cerovetti, R. Chiabodo, F. Cuccu, C. Curti, M. Dematteis, A. Eusebio, U. Lovera, A. Manzelli, S. Melotti, G. Nobili, M. Scagliarini, S. Sconfienza, R. Serra, P. Terranova, F. Tesi, P.G. Trova.

24 febbraio, Palazzo a Vela (TO). Esercitazione in palestra di roccia per il 31° Corso. Partecipanti: v. uscita precedente.

28 febbraio, Grotta delle Vene (Viozene - Val Tanaro). Uscita del 31° Corso. R. Chiabodo, C. Curti, M. Dematteis, A. Eusebio, A. Manzelli, E. Pesci, M. Scagliarini, W. Segir, P. Terranova e G. Troncon del GSE. Ritrovati nei rami di John nuovi meandri con forte corrente d'aria.

28 Febbraio, Büs della Rana (Vicenza). Uscita del 31° Corso. Stendiamo un velo. A. Cerovetti, U. Lovera, R. Serra, F. Tesi.

13 marzo, Piaggia Bella. Circa 5 ore di scavi in zona Solai. In grotta: U. Lovera, E. Martiello, E. Pesci. In Capanna tanti altri.

13 marzo, Rio Martino (Valle Po). Uscita per accompagnare un gruppo di scouts. Tutti salvi. S. Antonelli, M. Bellisai, A. Manzelli, C. Martino, A. Masino, F. Mazzilli, A. Richeri, C. Rolle.

13 marzo, Val Corsaglia. Battuta sopra Serra di Pamparato. Disostruzione e superamento di alcune strettoie di un tipico "buco di Meo". Chiude, ovviamente. Divertente gara rompicollo, all'esterno, giù per pendii innevati distesi su dormiben e teli spaziali. Stranamente non si lamentano feriti. D. Bregolato, M. Campaiola, P. Cannonito, F. Cuccu, C. Curti, A. Eusebio, M. Maina, M. Scagliarini, P. Terranova, L. Valente, L. Vallardi, S. Vigna.

19-20 marzo, Artesinera (Prato Nevoso). In esplorazione nei rami nuovi in odore di Bacardi, senza grossi risultati. R. Ferrein, A. Manzelli, G. Nobili, R. Pavia, M. Scagliarini, S. Serra, B. Truffo.

23 marzo, Palazzo a Vela (TO). Ripresa del 31° Corso. La seconda parte quest'anno si chiama Approfondimento Tecnico. Esercitazione. V. articoli. Presente buona parte degli istruttori.

26-27 marzo, Abisso Bacardi (Zona Artesinera). Effettuata una risalita importante. Trovati nuovi rami da studiare attentamente. A. Bianco, G. Badino, V. Bertolelli, U. Lovera.

27 marzo, Borgo S. Dalmazzo (CN). Uscita in palestra di roccia del 31° Corso. Uso dei bloccanti e del discensore. Quasi tutti presenti.

2-3-4 aprile, Zona di Vaucluse (Francia). Mini-campo del 31° Corso e storica trasferta all'estero. Tempo brutto. Acqua e fango più fuori che dentro. Nulla da eccepire sul piano logistico. Si sono vissuti tre giorni sicuramente speleologici da parte di allievi alle prime armi. Grotte prese in considerazione: Aven d'Autran, Aven Jean Nouveau (P. 170), Aven des Romains. Vedi articoli. G. Badino, M. Campaiola, G. Carrieri, E. Castrovilli, A. Cerovetti, F. Cuccu, C. Curti, M. Dematteis, S. Faure, M. Maina, A. Manzelli, F. Mazzilli, S. Melotti, L. Ochner, M. Oddoni, M. Pavese, E. Pesci, C. Rolle, M. Scagliarini, R. Serra, P. Terranova, P.G. Trova, L. Vallardi.

10 aprile, Aven d'Autran (Zona di Vaucluse - Francia). Ritornano oltr'alpe i soliti impavidi. Tentativo di traversare sul P.103, ma una cascata li fa desistere. Peccato. G. Badino, U. Lovera, F. Tesi.

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10 aprile, Labassa (Zona Chiusetta - Marguareis). Con gli imperiesi a disostruire c'è anche G. Carrieri.

10 aprile, Rio Martino (Valle Po). Effettuata una risalita, ma si risbuca in Sala Rossa. C. Oddoni ed altri.

10 aprile, Novalesa (Val Cenischia). Discesa della prima parte della gola del Rio Marderello. E. Castrovilli, A. Cerovetti, R. Chiabodo, F. Cuccu, R. Ferrein, S. Melotti, M. Scagliarini, P. Terranova (GSP). A. Faure, S. Faure, S. Garnero, P.G. Trova (GGP).

16 aprile, Novalesa (Val Cenischia). Discesa integrale della gola del Rio Marderello. Vedi articolo. A. Cerovetti, R. Chiabodo, R. Ferrein, M. Scagliarini.

17 aprile, Caprie (Val di Susa). Prospezione nella parte finale della Gola di Caprie. R. Chiabodo, L. Ochner, M. Scagliarini.

17 aprile, Garb dell'Orno Inf. (Val d'Inferno). Si termina la risalita ma non con i risultati sperati. Prosegue lo scavo nel sifone di sabbia. Visto anche un interessante meandro. M. Dematteis, D. Grossato, U. Lovera, E. Martiello, M. Oddoni, M. Pavese, F. Tesi.

17 aprile, Val Corsaglia. Battuta e disostruzione di un buco con aria. F. Cuccu, A. Eusebio, S. Faure, P.G. Trova e ovviamente Meo Vigna.

23-24-25 aprile, Zona del M. Pisanino (Garfagnana). 2° mini-campo del nostro Corso, anche questa volta sotto il segno dell'acqua. Battute. Scesi alcuni buchi segnati e non. Esperienza interessante, da ripetere sperando in condizioni meteorologiche migliori. Ci si ritornerà comunque. F. Adinolfi, G. Carrieri, E. Castrovilli, A. Cerovetti, R. Chiabodo, F. Cuccu, M. Dematteis, S. Faure, M. Galliano, S. Garnero, U. Lovera, M. Maina, A. Manzelli, F. Mazzilli, L. Ochner, M. Oddoni, E. Pesci, C. Rolle, M. Scagliarini, S. Sconfienza, R. Serra, P. Terranova, F. Tesi, P.G. Trova, L. Vallardi.

25 aprile, Ghiacciaio del Gorner (Svizzera). In ricognizione per vedere lo stato "invernale" delle grotte. Vedi articolo. G. Badino.

30 aprile-1 maggio, Abisso Bacardi (Zona Artesinera). Ultima uscita di Corso nei nuovi rami. Esplorazione, scavi e rilievo. Attività di Corso e di Gruppo felicemente insieme. A. Bianco, R. Ferrein, M. Dematteis, A. Manzelli, G. Nobili, R. Pavia, S. Sconfienza, S. Serra, B. Vigna.

30 aprile-1 maggio, Garb della Donna Selvaggia (Val d'Inferno). Ultima uscita del Corso in una classica del GSP, solo fino al vecchio fondo. A. Cerovetti, R. Chiabodo, F. Mazzilli, E. Pesci, M. Scagliarini, R. Serra.

Dal 29 dicembre 1987 al 3 gennaio 1988 si è tenuto un breve campo speleologico sul massiccio degli Alburni, cui ha partecipato anche G. Carrieri insieme a R. Cabula, P. Cocche, D. Sisigmondi, D. e S. Frati, M. Marantonio con i soci del GS CAI Napoli F. Bellucci, T. Scento, I. Giulio. Visitata la Grava di Fra Gentile, discesa di alcune nuove cavità nella zona dell'Auro Fuso. Poi grande cena di fine anno con gli speleo di Napoli, Avellino, Foggia, Martina Franca, Lecce ecc. Tentativo di esplorazione alla sorgente dell'Auso (buco in parete toppo).

(a cura di Mauro Scagliarini)

 

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31° Corso - Note organizzative

P. Terranova


Una breve analisi dell'organizzazione e dello svolgimento del Corso, fatta per chiarire le idee allo stesso G.S.P. e rendere pubblica una impostazione esportabile in altre realtà.

Quelle che seguono, sono comunque le mie opinioni: potranno in ciò differire un po' da quelle degli altri co-Direttori. Sulla linea da seguire però, ci siamo trovati tutti d'accordo.

Per capire meglio le novità del 31° Corso, guardiano come erano stati concepiti gli ultimi corsi, frutto comunque di una tradizione lunghissima e remunerativa.

Durata

lunga (4 mesi, con uscite intervallate).

Costo

ridotto: economicità/attrattività della proposta.

Struttura

"doppio modulo": 1 ° parte "di iniziazione", 2° parte tecnico-verticale.

Didattica

supporti di documentazione scarsi.

Tecnica

1 o 2 palestre esterne: enfasi sulle tecniche di risalita in corda.

Uscite

aree carsiche regionali o limitrofe, collaudate/conosciute.

 

Uscite mono-giornaliere (domenica).

Clima risultante

rapporti semi-gerarchico: "urla & pisciate nei pozzi".

 

Contatti limitati alle occasioni istituzionali (lezioni, palestre).

Il 30° Corso, record per affluenza ed impegno richiesto al Gruppo, aveva chiaramente esaltato le debolezze di questa storica impostazione (seguita, ritengo, da un buon 90% dei Gruppi italiani).

I problemi risultanti erano:

Durata lunga

il Gruppo investe alla cieca 4 mesi.

 

Scarsa attività nel periodo.

 

Bisogno di fare qualcosa di diverso dopo il Corso.

Costo ridotto

massimizzazione dell'"Effetto Alp/Jonathan": tutti i Rambo ed i boy-scout di Torino all'assalto del GSP.

 

 

Disimpegno "psicologico" (tanto costa poco...).

Struttura

selezione preventiva "a tavolino" per la 2° parte: rischio di sbagliare.

doppia

Orientamento dei "sopravvissuti" a terminare comunque il Corso, almeno per ammortizzare il costo del materiale.

Didattica

difficoltà di approfondire le nozioni (supporti di documentazione carenti: verba volant...).

scientifica

Tecnica eroica

brusco passaggio tra grotte "troppo" facili ad altre impegnative: secondo ciclo di selezioni "a colpi di rasoio".

 

Tecniche importanti (meandro, arrampicate, ecc.) date per scontate. Equipaggiamento dei partecipanti essenziale: (io devo finire il Corso...).

Uscite

grotte super-conosciute: mancanza di entusiasmo.

 

Tempi di percorrenza brevi, "artificialmente" allungati, per ricreare la "tensione esplorativa" mancante.

 

Nessuna possibilità di illustrare prima l'uscita (aggancio con le lezioni) o di commentarla "a caldo".

Clima

GSP esaurito: non gestisce il dopo (chi vuole proprio, si aggrega, e fa pure fatica...).

 

Allievi sfiduciati: difficoltà ad inserirsi, impressione di non avere spazi utili se non si è dei "punteros".

I risultati del 30° Corso (record di affluenza, massimo impegno, ecc.) sono stati i seguenti:

 

n. 1 Sciita (e manco tanto...: Adriano)

 

n. 2/3 "medio impegno" (Fof, Stefano "Sub", Nevio)

 

n. 1/2 "speleo-supporters".

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Il tutto su 70 allievi partecipanti alla 1 a fase e 40 ammessi alla 2a fase.

Non si può neanche protestare: la causa di tutto, è noto, è il "teorema di Laura", quella classica legge di natura che recita "il modo con cui un Corso è organizzato e/o svolto, non ha alcuna incidenza sulle probabilità di trattenere altri speleologi, i quali arrivano solo grazie al caso fortuito".

In pratica un istruttore medio perde 4 mesi, in grotte conosciute fino alla nausea, facendosi venire laringite e/o cistite, il tutto assolutamente per nulla...

E allora, è tutto inutile? Conviene non fare più corsi o costituirsi in cooperativa, e farli pagare 500 mila?

Forse. O forse si possono fare in modo diverso, almeno divertendosi e recuperando la voglia genuina di trasferire ad altri le proprie conoscenze.

È nato così il 31° Corso di Speleologia.

 

Esaminiamone, secondo i parametri visti sopra, le principali innovazioni:

Durata

medio/breve (2 mesi circa, uscite ravvicinate).

Costo

medio, in linea con il "mercato di riferimento" dei Corsi di alpinismo, canoa, ecc.; un prezzo "psicologico" che comunque, comunque, denotasse il carattere "tecnico" dell'iniziativa, pur restando tutto sommato accessibile.

Struttura

mantenimento della 1ª fase "di iniziazione": massima apertura.

 

Abolizione della 2ª fase ufficiale.

 

Inserimento di tale fase in una "quasi" normale attività di Gruppo, con alcuni "services" aggiuntivi per i nuovi (basta, con gli "allievi"):

 

- organizzazione, nel periodo, di incontri e riunioni infrasettimanali liberi, su temi specifici, di interesse per tutto il GSP.

 

In cambio, agli ex-allievi veniva richiesta:

 

- notevole disponibilità di tempo (io voglio fare il Corso).

 

- perfetto equipaggiamento, per il tipo di grotte da affrontare.

Evitare la "precettazione" di Istruttori ed aiuto-istruttori: puntare sulla voglia dei singoli, invece che su un inesistente "dovere".

Didattica

nozioni utili per operare direttamente sul campo (le due lezioni di "geografia sotterranea", ecc.).

 

Abbondante materiale di documentazione (consegnato dopo le lezioni).

Tecnica

molte uscite infrasettimanali a Palazzo a Vela (istruzione "personalizzata").

 

Tanta arrampicata libera.

 

Tecnica di risalita in scala (1ª parte), per far prendere confidenza con il verticale fin dalle prime uscite.

 

Cura del particolare (luce, vestiario, trasporto materiali personali, ecc.).

Uscite

1ª parte (Corso "Ufficiale"):

 

- inizio super-soft (Caudano): massima percorribilità per tutti.

 

- Lieve "escalation" (Pollera/Vene): tempi di permanenza più lunghi, sufficienti ad una prima auto selezione.

 

- previste partenze dal sabato: (clima migliore, allievi riposati, possibilità di discussioni pre-/post-uscita).

 

2ª parte:

 

- incentrata su due "stages" medio-lunghi (3/4 gg.) in zone completamente nuove o poco conosciute dal G.S.P.:

 

- "tecnica verticale" Plateau de Vaucluse (F).

 

- "ricerca nuove grotte" M.te Pisanino.

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Vantaggi di tale impostazione:

- strutture logistiche comuni (campo)

- integrazione migliore

- composizione delle squadre in loco, gestita in accordo con i nuovi

- preparazione in comune del materiale

- riproduzione efficace di condizioni esplorative (maltempo, attese, ecc.)

- possibilità di aggiornamentil/discussioni su problemi operativi

- presa di contatto con altre realtà speleologiche (... i Francesi al J. Nouveau).

Una tale impostazione ci ha permesso di effettuare la prima uscita su corde di un Corso di speleologia in grotte molto impegnative (vedi articoli), con la massima tranquillità, con persone ben attrezzate ed affidabili, perché la testa era quella giusta (non i muscoli, la testa).

Anche qui il meccanismo dell'auto-selezione, che abbiamo cercato di attivare per tutto il Corso, ha funzionato a meraviglia: senza grossi interventi da parte nostra, la gente ha capito esattamente dove poteva e voleva permettersi di arrivare.

...Ed io ho inventato il "teorema di Piero": "è inutile pisciare addosso agli allievi, quando c'è la grotta che lo fa per te. O hai forse paura di bagnarti, eroico istruttore?".

 

 


2-3-4 aprile 1988, in Provenza:

1° stage del 31° Corso di speleologia

 

 

M. Dematteis


L'Orso di Pamparato è una grotta fangosa, l'ingresso si apre in un bosco dove nevica continuamente, la cascina in località Briaglia, poco distante, non c'è più, o meglio, c'è ancora ma noi non ne siamo più gli affittuari. E poi le grotte sono tante, perché sceglierne una brutta e ritornarci fino alla nausea?

Fatte queste considerazioni decidiamo di volgere altrove i nostri passi e, secondo lo spirito degli opposti estremi, cerchiamo delle grotte dove non siamo mai stati, in regioni sconosciute alla gran parte di noi. Decidiamo anzi di varcare i confini del nostro stato, per cercare di conoscere ciò di cui i libri parlano: esperienze e paesaggi.

Detto in breve: porteremo gli allievi del 31° Corso di speleologia in Francia, sull'altopiano di Vaucluse a cercare quello che troveremo. Cosa sia non si sa, ma portiamo con noi una buona bibliografia.

Ci spieghiamo la strada e facciamo anche ben presente ai più che non si tratta di una prova generale del raduno annuale degli alpini: quindi niente autobotti di vino ne progetti personali per tre giorni di bagordi: andare in grotta è una cosa seria.

"We know our pulasters" (Conosciamo bene i nostri pollastri).

Chi parte arriva, basta avere il giusto tempo a disposizione, entro sabato sera siamo tutti a destinazione. Per dimostrare che la speleologia è alternativa al vizio armiamo alcuni alberi, li uniamo con una teleferica, poi andiamo a cercare alcuni ingressi descritti nei nostri libri.

Siamo accampati in un campeggio comunale, a Saint Cristol. Con noi ci sono alcuni speleologi francesi che completano le informazioni dei libri: l'Aven d'Autran è già armato, in paese esiste una grotta chiamata de l'Alimentation o Aven de Codec (grotta dell'alimentario o Codec, dal nome di una popolare catena di supermercati). Si apre dietro il supermercato di St. Cristol. Dividiamo gli allievi in tre gruppi, più o meno secondo le loro capacità o naturali inclinazioni.

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Scegliamo tre grotte: l'Aven des Romains, grotta abbastanza facile con due o tre pozzetti; l'Aven d'Autran che consideriamo di media difficoltà, con una decina di pozzi tra i 5 ed i 20 metri, gallerie ed un meandro di 700 metri in un qualsiasi punto del quale fermeremo i nostri passi. Per ultimo l'Aven Jean Nouveau, dove gli allievi scenderanno nel primo pozzo (di 170 m) e in quello immediatamente seguente, un P40. Concludiamo la giornata così, senza bagordi. Il programma prevede una punta in grotta domenica, il ritorno al campo verso sera, una punta magari più corta lunedì, e quindi il rientro a Torino. Le grotte sono sempre le tre descritte, per la seconda punta ci sarà una rotazione.

Si parte domenica mattina dal campeggio, in auto; le grotte sono più o meno lontane dal campo ma vicine alla strada.

La squadra dell'Aven des Romains, forse un po' lentamente, adempie al suo dovere: va, scende, risale e ritorna per cena. La squadra del Jean Nouveau è molto veloce; con poco sforzo (e forse, per alcuni, con poca soddisfazione, scende e risale i 200 metri di corda che le competono e ritorna al campeggio la sera; la grotta rimane armata per il giorno seguente. La punta all'Aven d'Autran invece esce un po' dalle previsioni: i fiduciosi partecipanti si ritrovano all'ora di cena in fondo alla grotta e per il mattino seguente nelle loro auto, bloccate in un mare di fango a 50 metri dalla grotta e 2-3 km dal campeggio. La grotta non è elementare: questo è il motivo per cui si è viaggiato con alcune ore di ritardo sulla tabella di marcia. Per gli allievi, alla prima uscita di corso in grotta verticale, è stato un exploit di tutto rispetto. E fuori pioveva.

Lunedì mattina sfilano nel pantano a fianco del nostro camper alcuni volenterosi usciti da altre grotte la sera prima, pronti a entrare in questa. Con una spinta ci rimettono sulla buona strada.

Alcuni sono tornati al Jean Nouveau per togliere le corde. Altri a visitare la risorgenza di Vaucluse e a fare turismo. La sera, ricostruiti faticosamente gli equipaggi e smontato il campo ripartiamo per Torino. Convinta di fermarmi a dormire per strada mi ritrovo a Claviere, dove un interessato gendarme mi chiede da dove arrivo: "Da Vaucluse" rispondo educata, ma lui non sa dove sia. È in Francia, siamo stati in Francia, anche se assomiglia talmente all'Italia che sembra persino strano dover fare due ore di coda per passare il confine. Là c'è molta lavanda, argilla rossa e argilla gialla, le righe bianche sulle strade sono trappole. Parlano francese, ma con tanta naturalezza che non sembra neanche una lingua straniera.

 


Dal nostro inviato

A. Masino e M. Naretto


Salve!! Sono Gei.P. il vostro inviato del core che spettegola a tutte l'ore! Sono qui per parlare del 31° Corso di speleologia, e non solo di quello...

Anche quest'anno il gruppo di partecipanti, iscrittisi per i più svariati motivi, si è assottigliato. La struttura stessa del corso ha poi permesso agli allievi rimasti un maggiore inserimento nelle attività del GSP (proprio in tutte!) anche grazie all'organizzazione di due stages durante i quali le nuove leve hanno potuto partecipare in prima persona al lavoro del Gruppo.

Mi trovo ora davanti all'ingresso dell'Autran, una delle tre grotte scelte per il corso. Sta arrivando qualcuno! Mi avvicino. È una ragazza: è stremata, non riusciamo a parlarle. Ci sporgiamo sul pozzo: si vede la luce. Ecco che esce un allievo, ma scappa via infreddolito: c'è puzza di paraffina, però! Finalmente troviamo un allievo disposto a rilasciare dichiarazioni. Allora, si respira in grotta? Le è piaciuta? È stanco? "Come prima esperienza in una grotta verticale, è stata abbastanza soddisfacente, si è dimostrata molto varia, non essendo esclusivamente una successione continua di pozzi. L'impatto con una permanenza in grotta così prolungata (circa 15 ore) non è stato dei più riposanti, e poi... si sa che la prima volta fa sempre male!" (1).

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E ora un flash al Jean Nouveau: ecco i nostri baldanzosi eroi che escono dalla grotta con aria soddisfatta e per nulla impressionati dai 170 m di pozzo che hanno appena risalito. Ma sentiamo qualche commento dalla loro viva voce. "Beh, sì, è stato emozionante, però è finito subito. Avrei voluto fare qualcos'altro, girare un po' di più, insomma mi è sembrato un po' poco!".

Certo che il corso è stato vissuto in maniera diversa da questi ragazzi! Ma vediamo cosa è successo alle ragazze della squadra Coccodè: stanno uscendo felici di avere vinto le loro paure e le loro ansie. Gli allievi mi suggeriscono che un po' di disciplina in più e qualche gozzoviglia in meno forse sarebbe meglio.

Ma ora è tardi, e... "There's no time to wallow in the mire"... (2).

(1) CCCP: Socialismo e Barbarie.

(2) DOORS. Light my fire.

 

 


Dal trespolo di Nonna Papera:

vent'anni dopo

 

 

L. Ochner


Prima uscita:

- Vai avanti!

- Non riesco, sono incastrata, aiuto!

- Infatti. Vedete, ragazzi, per evitare questi inconvenienti in certi casi è meglio infilarsi di piedi, comunque lì chiude davvero, possiamo incominciare a tornare... -disse l'istruttore rivolto agli altri allievi.

- Ehi!

- Avrai mica paura, come sei entrata esci. Le donne dovrebbero starsene a casa e non fare i corsi di speleologia.

Seconda uscita:

Su un saltino si spense la luce. (A quei tempi sul casco non c'era il piezo). Nel buio un piede si infilò nella scala mentre il resto del corpo continuava ascendere ignaro...

- Guarda che la corda doppia non si fa a testa in giù.

- Sì... ma... ecco... io...

- Vedete gente perché, per evitare questo, è sempre meglio lasciare accesa la pila legata al collo? Bene, ora lo sapete. - Commentò l'istruttore.

-Va bene, ma mò io che faccio? - domandò l'infelice sentendosi un pipistrello mal riuscito.

- Cazzi tuoi, avevi solo da restare a casa, nessuno ti ha chiesto di fare il corso...

... Eppure il venerdì sera qualcosa veniva insegnato...

Terza uscita:

- Fammi vedere le tasche! Non hai preso le pietre!

- !?!

- Le tre pietre che ho messo sul terrazzino! Sei scesa e non le hai raccolte! È così che segui le lezioni? Vi abbiamo spiegato che i pozzi scaricano e bisogna sempre pulirli!

Il mio direttore di corso era un signore per cui evitò i commenti sulle donne oppure... Già, risalendo, le tre pietre continuai a non vederle e non ne trovai neppure altre tre.

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Dieci anni dopo gli istruttori, per temprare gli allievi, pisciavano loro in testa sui pozzi e li massacravano di botte sui pulmann. Oggi gli allievi, incoraggiati ed accuditi, vengono presi per mano ed accompagnati in grotta.

C'era un mio amico d'infanzia che, con strano dialetto, continuava a raccontarmi qualcosa a proposito di una certa "Virtus" che stava "in medio" (niente a che fare con l'Oriente, credo), ma sono ormai ricordi sbiaditi e non so neppure se questa "Virtus" esista ancora o dove abiti.

Di allievi, comunque, ne ho visti restare e ne ho visti sparire: quell'anno sì e quell'altro no, con quel corso sì e con quell'altro no. Quale il criterio? Mah!

Per fortuna non è il merito degli istruttori o la capacità degli allievi e non sono le patate e neppure le carote: le grotte, i loro compagni sanno sceglierseli da sole.

 

 


31° Corso

M. Scagliarini


Personaggi

ATTIBIO

GIODINUS

SCAURO

PIPO PIERRAPIPUS

Giodinus, Attibio, Scauro e Pipo Pierrapipus, vestiti con bianche ed ampie tuniche (LOCH) camminano a lunghi passi, avanti e indietro, sulla cima del Marguareis, le mani dietro la schiena.

Improvvisamente, a turno, raccolgono un sasso e lo scagliano nel vuoto, sotto di loro. Il mare di nuvole spesse che riempie le valli fa emergere solo la sommità del monte.

Ognuno di essi, dopo aver lanciato la pietra, interroga con lo sguardo i presenti, incrociando le braccia.

Scauro: "Centottanta!".

Attibio, scrollando il capo: "Centoventuno!".

Giodinus, raggiante: "Ho trovato!".

Pipo Pierrapipus: "Che?".

Giodinus: "Re Cioto aveva ragione!".

Scauro: "Non ti comprendiamo!".

Giodinus in ginocchio, le braccia al cielo: "Giove pietoso, e voi tutti, o Celesti, ah! Concedete che di me degno un dì, questo sistema sia splendor della patria, e de' Troiani...".

Attibio interrompendolo bruscamente: "Basta idiota! Facciamo riunione! Riunioneeee!!!!".

Dopo che tutti furono seduti, Pipo Pierrapipus gesticolando: Guagliò, vulimm parlà do 31° Corso?".

Scauro: "Magnifico, ottimo amico! Vorrei appunto dirvi che...".

Attibio, con un gesto eloquente: "Stringi, o Scauro!".

Scauro: "Sarò breve. 35 allievi alla prima parte. 17 alla seconda. Una decina di superstiti: penso abbastanza motivati a continuare. Credo siano stati importanti lo sperimentare i 2 minicampi e il cercare di fondere il Corso con l'attività di Gruppo. Sono soddisfatto".

Giodinus: "Non dobbiamo mollare. Ci sono allievi promettenti a cui dobbiamo continuare a dare opportunità tecniche".

Pipo Pierrapipus: "È stato un Corso un po' diverso. Poco militare, forse non proprio elvetico. Le somme potremo farle fra sei mesi".

Attibio: "E perché non fra nove? Vorrei dire che forse la presenza di molte allieve può aver distratto le energie del Gruppo".

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Giodinus: "Belin! Ma come dice Aristotele: ...v'è una facoltà cui si dà il nome di accortezza: essa consiste nel fatto d'esser capaci a conseguire quelle cose che conducono allo scopo che ci siamo proposti. Se poi lo scopo è buono, essa è lodevole, se invece è cattivo, essa diviene malizia; perciò noi chiamiamo accorti tanto i saggi quanto i maliziosi. La saggezza quindi non si identifica con questa facoltà, ma non può esistere senza di essa".

Dopo che ebbe detto ciò, il silenzio che circondava la vetta del Marguareis fu rotto da un tuono.

Cominciò a cadere una pioggia sottile.

Giunse la notte.

Seguì il giorno.

La nebbia scomparve.

Il sole asciugò l'erba rada che ricopriva il calcare.

Un gruppo di giovani speleologi di Torino, arrivati in battuta fin lassù, trovò dinanzi a sé una damigiana vuota e quattro tuniche bianche (beh, macchiate di vino...).

 

Allievi che hanno partecipato alla seconda parte del Corso (Approfondimento Tecnico):

ANTONELLI Sabrina

C. Borla 26 - Balangero (TO)

0123/346569

BAZZINI Claudio

C. Regina Margherita 205 bis - Torino

4730180

BREGOLATO Donatella

V. Molinatto 16 - Verolengo (TO)

914288

CACCIA Maria Elena

V. Reggio 6 bis - Torino

289207

ENRICI BAION Daniela

P. Risorgimento 26 - Torino

7497543

GIACCONE Paolo

V. Bologna 17 - Collegno (TO)

7803266

GROSSATO Daniele

V. Cialdini 41 - Torino

4474859

MARCHESIN Christiana

V. Amendola 2 - Nichelino (TO)

6273816

MARTIELLO Vincenzo

V. Veglia 20 - Torino

3299046

MARTINO Carla

V. Asti 12 - Torino

874077

MARTUCCI Nino

V. Toscanini 5 - Collegno (TO)

785674

MASINO Alessandra

V. Casalis 35 - Torino

747194

NARETTO Marco

V. Vicenza 27 - Torino

482160

OSELLO Paola

V. Coppiano 126 - Torino

299835

PRETTE Fulvio

V. Priocca 8 - Torino

270233

RICHERI Alessandro

V. del Carretto 74/A - Torino

883727

SCOFET Marco

Regione Vigne 23 - Villarbasse (TO)

952210

TORTA Paola

V. Venasca 7 - Torino

442725

 

 

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Dall'Artesinera al Bacardi?

U. Lovera


L 'Artesinera e il Bacardi sono i due frammenti noti di quello che probabilmente è il più grande

complesso carsico piemontese fuori del Marguareis, non lontano da questo.

La prima, ampiamente esplorata dal GSP negli ultimi 15 anni, è un abisso di -355; il Bacardi, poco lontano, è una cavità di -430, esplorata dal GSAM CAI-Cuneo dal 1982. A seguito dell'esplorazione del 1987 (v. art. Arte in resa su Grotte n. 93), le due grotte si sono praticamente sovrapposte. La loro eventuale giunzione porterebbe il sistema ad una profondità totale di -510 con grosse speranze di prosecuzioni verso le risorgenze, a circa -950 dall'ingresso dell'Artesinera.

Ancora tracce esplorative nell'inverno monregalese. Sabato sera, due legioni arrancano assate o disassate (con sci o senza) lungo un familiare pendio; l'una si dirigerà verso un angusto foro praticato dalla corrente d'aria nella neve; l'altra continuerà mantenendosi sulla sinistra fino alla cresta per svalicare in corrispondenza di un ripido canalone che se fosse giorno e se non ci fosse un nebbione della madonna lascerebbe gustare ampie fette di Val Corsaglia.

Contrattempo: bastano quindi un po' di foschia e un po' di notte per mandare a meretrici una ben congegnata manovra di aggiramento: la giunzione Artesinera/Bacardi mediante squadre armate di radio nei due abissi. Ottimo lavoro per i prodi dell'Artesinera che per tutta la notte hanno chiamato chi, non trovato il Bacardi, stava dormendo profondamente a Prato Nevoso.

Fallito l'aggiramento riproviamo con l'attacco frontale. Una punta a quattro colpisce cogliendo con fortuna 1) il canalone giusto al primo colpo, 2) la grotta armata (seppure in maniera curiosa), 3) una prima prosecuzione a colpi di martellatore in direzione Artesinera, 4) una seconda grande prosecuzione che in capo ad un paio d'ore ci permetterà di percorrere 4-500 metri di gallerie, sale, pozzi, meandri, condotte ecc.

Presenti alcuni tra i più attivi esploratori occidentali, pesa la mancanza di molti tra i più acclamati speleologi e scrittori nativi di Cuneo.

La futura giunzione è un bel pozzo, risalito per una quindicina di metri, assai simile ad una analoga giunzione verticale scorta la settimana precedente in Artesinera: concordi sono pure i rilievi e la corrente d'aria. Il tutto posto in fondo al meandro delle Azzorre alla sommità di un pozzo da cui iniziano, credo, i cuneesi "rami di Robertino".

Ampie regioni si sono rivelate invece attraverso una breve risalita che da una grande sala poco oltre il meandro delle Azzorre porta mediante una grossa ma stabile frana ad un'ampia sala e a un P.20 che disceso conduce ad un meandro con seguenti p. 15 ed altro salto successivo, non esplorato in quella sede per mancanza di corde. Il medesimo P.20, se invece è traversato, conduce ad un reticolo freatico di grosse dimensioni percorso da forte corrente d'aria e ad altre regioni più tettoniche, peraltro raggiungibili anche dall'altra via, che si estende in tutte le direzioni... Insomma un gran casino.

È quindi necessario il rilievo, cosa che facciamo la settimana successiva, complici alcuni arrivi da Trieste, Ancona e Pordenone. Durante la salita frizzi e lazzi su vari argomenti tra cui il modo di redarre quest'articolo, di cui garantisco essere codesta una versione purgata (ecco un passo che sicuramente non verrà copiato).

Il rilievo occupa quindi quasi tutto il tempo della punta, in cui troviamo il modo però di scoprire come una parte dei rami ricadano sul vecchio percorso nella zona del salone Titti. Troviamo altresì il modo di scoprire altri meandri e pozzi della cui sorte diremo sul prossimo bollettino essendo ormai attività di maggio.

 

 

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Mongioie 1987: le cavità minori

B. Vigna


Durante il campo estivo svoltosi lo scorso anno sul massiccio del Mongioie (Alpi Liguri), sono state esplorate e rilevate, oltre a due importanti cavità (il Sistema Gruppetti-A7-A9, profondo -230 e con 1750 m di sviluppo, e l'Abisso Baygon profondo 295) descritte su Grotte n. 94, anche una serie di grotticelle minori, ma ugualmente interessanti per la comprensione del carsismo di questo massiccio.

Nelle zone più alte della Cima delle Colme, esse sono caratterizzate da brevi pozzi e cavità assorbenti con forti correnti d'aria, aspirante nelle stagioni calde, terminanti su grosse frane ancora non superate.

Nell'E76, vicino all'abisso Baygon, ci si è arrestati a -20 tra ciclopici massi, mentre nel pozzo Speedball è stato raggiunto a profondità analoga uno stretto pozzetto con forte aria. Un vento gelido ha fatto sognare grandi profondità ad un folto gruppo di sciamannati che nell'E63 hanno disostruito per oltre 5 metri una cavità riempita da detrito grossolano ed ossa di erbivoro. Molti pozzi ancora, non siglati, presentano le stesse caratteristiche. Le correnti d'aria presenti in queste cavità, ma circoscritte solo ad alcune zone del massiccio, dimostrerebbero l'esistenza di sistemi carsici importanti, raggiungibili solo attraverso impegnative disostruzioni. Occorre inoltre ricordare che sia l'ingresso dell'abisso Baygon che quello dell'A29 hanno richiesto scavi più o meno lunghi.

Sempre durante il campo sono state rivisitate una serie di cavità scoperte durante le campagne estive precedenti (GSP 1970 e 1971, GSBi 1975 e 1976), esplorando una serie di nuove diramazioni in genere però di limitata estensione.

Nell'A23-A26 è stato raggiunto a -90 uno stretto passaggio ghiacciato ancora da superare, nel G8 si è arrivati a -60, mentre nel D2 e nell'A3 lo sviluppo è stato portato ad alcune centinaia di metri. In queste due ultime cavità le morfologie presenti sono caratterizzate da condotte a pieno carico che si estendono soltanto pochi metri sotto la superficie del karst.

Attraverso le osservazioni compiute nelle varie cavità è possibile fornire un quadro evolutivo della carsificazione del massiccio, in accordo con le idee dei precedenti autori che avevano già descritto queste zone (Dematteis 1971, Cossutta 1975). La copertura flyshoide, che ancora oggi ricopre in parte la struttura carbonatica, costituiva in epoca pre-würmiana una soglia impermeabile che confinava superiormente l'acquifero carsico, lasciando scoperte solo le aree più alte, permettendo così condizioni di carso profondo anche a quote elevate. Un rapido approfondimento della rete freatica è stato la conseguenza di una completa disattivazione di queste gallerie, che soltanto di recente (post-Würm) sono state intercettate da cavità assorbenti (situazione di A3), o da pozzi di crollo (situazione di D2). Altre cavità ancora, come il sistema dei Gruppetti, originatesi in condizione di carso profondo, sono state solo in parte modificate dagli scorrimenti in regime vadoso, essendo state liberate solo recentemente dalla copertura di flysch le superfici carsiche sovrastanti la cavità.

 

Breve descrizione delle cavità

G8: è un inghiottitoio che si apre a quota 2040 alla falde della Brignola, posto in prossimità del contatto tra i calcari giuresi ed il flysch. La cavità, che drena una parte delle acque ruscellanti sulle rocce impermeabili, è caratterizzata da una sequenza di brevi pozzi (massimo 8 m) e stretti meandri. Esplorata dal GSP nel 1971 , se ne è superata la strettoia finale raggiungendo i 60 attraverso una sequenza di brevi saltini. Espl. Vigna, Sconfienza, Gobetti.

A23-A26: è un'interessante cavità verticale localizzata in prossimità del cocuzzolo di zona A ad una quota approssimativa di 2080 m. Se ne conoscevano soltanto i due pozzi d'ingresso, parzialmente ostruiti da depositi nevosi. Dall'A23 è stato raggiunto, attraverso un pozzo di 25 m tra neve e roccia, un successivo pozzo di 40 m molto grosso e solo parzialmente chiuso al fondo da ghiaccio a -90. Alla sommità del P40 si è arrivati anche dall'A26 superando una serie di pozzetti e strettoie. Espl. Pavese, Vigna, Gaydou.

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A3: cavità localizzata in prossimità del campo di quest'anno, è stata utilizzata come frigo per le nostre parche vivande (diverse decine di kg di bistecche, prosciutti, salami, ecc.). Una volta liberato l'ingresso dagli insaccati, è stato possibile raggiungere e superare il vecchio limite GSP esplorando una serie di condottine sotto pressione, percorse da una lieve corrente d'aria e chiuse al fondo da depositi fini. Ulteriori disostruzioni non hanno portato nulla di nuovo. Espl. Nobili, Manzelli, Tosi, Bianco.

A25-A10: si tratta di due pozzi vicini localizzati in alta zona A ad una quota di 2045 m. Il primo raggiunge una profondità di -25, dove è localizzata una piccola strettoia non superabile. Il secondo è costituito da un pozzo a cielo aperto con neve al fondo, chiuso a -20. Espl. Pesci e Mazzilli.

Ed infine D2, che ora verrà descritta da Mauro Scagliarini.

La cavità D2 del Mongioie

M. Scagliarini

Questa grotta con caratteristiche suborizzontali, esplorata dal GSP nel 1971 , ha la specificità di essere fra le pochissime cavità della zona ad avere concrezioni (capelli d'angelo e festoni stalattitici). Si apre alla quota di circa 2110 m, non distante, in direzione OSO, dall'ometto che si trova sul confine della zona E.

Esplorazioni dell'estate 1987 da parte del GSP hanno accresciuto di circa 100 m lo sviluppo totale, che è ora di poco inferiore ai 200 m complessivi. Come dislivello la grotta ha ora una profondità di -37 m.

Fino all'87 la cavità si sviluppava su due rami pressoché paralleli, con un primo tratto in comune. Il più lungo dei due, che terminava in una saletta con un sifone di sabbia, prosegue ora nella stessa direzione ma inferiormente, grazie all'approfondimento verticale di una frana che si colloca sulla sinistra di detta saletta, in prossimità di un arrivo. Due sono le strettoie che si superano in questa frana ("opercoli"), e che danno acceso ad una bella condotta approfondita sotto forma di meandro sempre assai ampia. Dopo circa 50 m, sempre in direzione

La copertura di flysch ricopre ancora in parte; le rocce carsificabili (foto B. Vigna).

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A10 - A23 - A25 - A26 - D2 - G8 del Mongioie - rilievi

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NE, il tutto termina in un intaso di fango, scavato in buona misura, ma risultato impraticabile e senz'aria (Ramo degli Opercoli).

Altro ramo trovato nell'estate '87 dal GSP, è quello cosiddetto "della Pala", per le circostanze del tutto casuali che ne hanno portato alla scoperta. Nel pozzo d'ingresso (6 m arrampicabili), fra la neve, che riempie anche d'estate il fondo, e la roccia dinanzi a noi, si intravede in basso una piccola galleria. Con uno sviluppo di circa 40 m, dopo una frana, alcuni saltini ed un saloncino; anche qui tutto finisce, senza aria, in un intaso di fango che nasconde in realtà un'esile fessura fra roccia in posto.

L'unica corrente d'aria, adire il vero per nulla trascurabile, la si avverte sul ramo principale, in corrispondenza (sulla destra a circa 30 m dall'ingresso) di una spaccatura in grossa frana. Dopo qualche strettoia ed una saletta minuscola, l'aria gelata la si sente arrivare (anche qui!) da una fessura orizzontale assai minuta, che poco ottimismo concede circa un'umana prosecuzione.

 


Sentieri interrotti

Maurilio Pavese


Perché non si riesce a trovare una via che ci porti ad un abisso oltre i Gruppetti?

Il Mongioie è una groviera che sembra fatta apposta per far saltare i nervi agli speleologi, specialmente a quelli più curiosi. Sarà che essendo una delle montagne più carsificate d'Europa vuole darsi tante arie, ed allora spuntano piccoli soffi alternati da ogni buco senza lasciarci possibilità di capire se si è in un vero pozzo? A volte la neve si aggiunge alla frana per rendere le cose ancora più difficili, otturando quasi tutti i buchi a pochi metri di profondità.

Anche nella parte più alta del Mongioie è difficile riconoscere i pozzi reali da quelli a neve, eppure è proprio in questa zona che dovrebbe essere più facile scendere in profondità, dato che la copertura di sfasciumi è meno fitta.

Per scendere bisognerebbe togliere un sacco di pietre, ma le probabilità di successo non sono calcolabili e possono capitare sorprese come per A29, una via che raggiunta dall'alto avrebbe richiesto un gran lavoro di scavo, mentre ci si è giunti dal basso senza bisogno di rimuovere del tutto la frana (vedi Grotte 94). Anche A29 comunque si congiunge ai Gruppetti senza scendere più in profondità.

Qualche speranza la danno le vie A28 e A30 che però richiederebbero grossi scavi e il tutto potrebbe rivelarsi un lavoro inutile. Forse sarebbe meglio salire per trovare una frana meno ostica. Ma scendere in abissi come il B19 (abisso dell'Avvoltoio) è proprio un'impresa che richiede molta fortuna per le gran masse di neve che abitualmente lo chiudono: ci sono riusciti solo due volte aiutati dalla bella stagione, però entrambe le squadre avevano troppo poca corda per raggiungere il fondo.

In A23, la neve ha dimostrato di essere un ostacolo superabile; infatti, dopo un paio di giorni di gelo, si è passati per arrivare dopo pochi metri sopra la base di un ghiacciaio fossile. Al di sopra, un pozzo ascendente di una ventina di metri di diametro non vuole vedere nessuno arrampicare, al di sotto una fessura soffiante tra la parete e la neve è stata scesa per più di 30 metri arrivando a circa -90, poi il tutto si restringe nel ghiaccio vivo. Risalendo la corrente d'aria era sparita: forse buttando giù neve si era otturata una fessura sul fondo?

Sarebbe stato bello percorrere l'enorme pozzo fin dall'inizio nella speranza di trovare una finestra aperta. Da dove era entrata tutta quella neve? Si provarono alcune vie. Si scese A23/bis che con massi molto instabili chiude a pochi metri. Scavare? A27 e A26 formano un'unica fessura di tipo tettonico, al fondo di A26 si passò togliendo poche pietre, e smartellando un po' si scese in arrampicata assicurati ad uno spit fino ad un piano orizzontale, poi nuovamente giù per arrivare un po' spostati e a pochi metri sopra l'arrivo di A23 sul ghiacciaio; risalendo sono state saltate un paio di finestre.

Lì vicino c'è solo più A40. L'ultima spedizione fallì perché all'esploratore accampato per la notte prese fuoco il casco e la pila era quasi andata. Appena andrà via la neve, tornerà!.

 

 

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Riomo

U. Lovera


Due righe per dire che sono riprese le risalite al Garb dell'Omo inferiore, amena cavità posta in quella paradisiaca località che è la Valdinferno. La grotta ha storicamente il pregio di farsi perdonare dal Iato estetico le bastonate che tira al morale di chi dall'immane corrente d'aria presente all'ingresso ritiene di dedurre immense prosecuzioni. E neppure questa volta si è smentita.

Già nell'82 iniziammo una serie di risalite che portarono al "Ramo degli sciacalli" culminante in un fetido sifone preceduto da una promettentissima condotta. Passano alcuni anni ed ecco la seconda tornata, anzi la terza perché anche Ribaldone aveva tentato cose simili verso la metà degli anni 60 risalendo una grossa condotta e scoprendo così i rami che portano il suo nome.

Prossime al sifone che chiude "a monte" la galleria del fondo, queste risalite sono tornate interessanti per la possibilità di intercettare gallerie che consentano il superamento del sifone. Di qui la decisione di rivederle e se possibile continuarle: il perforatore farà il resto.

Le tre punte di risalita saranno sempre abbinate ad altre di scavo sul secondo punto interessante della grotta: un condotto di piccole dimensioni percorso da forte corrente d'aria e posto a qualche decina di metri dal solito sifone; e proprio da qui, contrariamente alle premesse, dovrebbero venire le prossime note liete.

Dicembre '87: iniziano le risalite. 30 metri semplici ma scivolosi e un po' esposti portano ad un tratto orizzontale in cui la grande condotta sovrastante decide di spararsi in un intaso di fango e concrezione. La salita continua con altri 5 m su concrezione alla cui sommità daremo inizio a una serie di traversi trovando solo relitti di condotte e sifoni pensili. Boh!

Garb dell'Omo inferiore, risalite dell'87 (rilievo)

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Molti allo scavo, tolta un po' di sabbia resta molta perplessità; lavoro lungo e ingrato.

10 gennaio '88: ancora Stefano col sottoscritto più Carrieri. Un primo p .10 ci mette di fronte ad un pozzo di una cinquantina di metri, terrazzato, che risaliamo per circa 40 m. Tocca questa volta a Meo guidare le talpe; il molto lavoro si infrange contro un blocco di concrezione che ferma l'avanzata.

17.4.1988: ancora su, questa volta con Flavio e Cagnotto; ultimi 10 m e finalmente galleria, concrezionatissima (e anche questa ha corso il rischio di chiamarsi Galleria Pinerolo) e dopo una quindicina di metri chiusissima.

Due allievi attuali guidati da due ex allievi trasformano quello che in precedenza era un cunicolo in una discreta galleria, con dodici ore di lavoro forzato. Sono possibili buone nuove già dalla prossima uscita.

 

 


Grotte della Valle di Susa

C. Balbiano


Una grotta dello Jafferau

Posizione. Carta IGM 54 II SO (Beaulard). Coordinate UTM: 2172 9459. Quota 1940 m.

Itinerario. Da Bardonecchia prendere la carrozzabile per lo Jafferau. Poco prima della stazione della seggiovia si trova un bivio; lasciare la diramazione a sinistra che porta ai bacini e prendere a destra. Dopo 200 metri altro bivio e si prende ancora a destra, percorrendo per 50 metri una strada poco adatta per autoveicoli. Volgendosi a sinistra, 7-8 metri sopra il piano stradale, si scorge l'apertura della grotta, sotto forma di una fessura verticale.

Dimensioni. Sviluppo 20 m; dislivello -10 m.

Descrizione. Si tratta di una galleria discendente, quasi rettilinea, intasata al fondo da massi di frana. La larghezza è compresa fra mezzo metro e un metro. Qualche modesto fenomeno di concrezionamento. Vedi schizzo non strumentale.

Ipotesi genetica. La grotta si apre nei calcescisti. È noto che queste rocce, dato l'alto tenore di carbonato di calcio, possono talvolta essere sede di fenomeni carsici (Pugnetto, Giaset e altre grotte insegnano), ma in questo caso il fenomeno carsico non c'entra. La grotta è di pura origine tettonica, come potrebbe avvenire in qualsiasi roccia. Infatti il tutto è originato da un blocco che si è separato ed è leggermente scivolato a causa della vicinanza di un versante molto ripido, quasi verticale.

Grotta del M. Giornalet

Posizione. Carta IGM 66 I SE (colle di Thuras). Coordinate UTM: 3760 3675. Quota 2670 m (posizione approssimativa). Si trova sul versante SO del M. Giornalet.

Itinerario. Da Sauze di Cesana ci si porta in auto nella valle Argentera fino a Brusà del Plan; di qui si risale il vallone di Colombières. Quando si è nei pressi del M. Giornalet, anziché prendere a sinistra per la via normale al monte, si prende a destra, si sale e si superano tre laghetti morenici molto piccoli. Poco prima del valico presso la punta Fauri nord (2937 m), volgendosi verso il M. Giornalet (di cui però non si vede la cima) si vede la grotta dove la falda detritica termina sulla parete, a circa 90 metri di dislivello dal talweg.

Dimensioni. Sviluppo 8 m. Dislivello + 2 m.

Descrizione. Più che di una grotta, si tratta di un riparo sotto roccia creato per stacco di rocce scistose dal soffitto. Il distacco e l'evacuazione dei detriti è favorito dalla forte pendenza del versante sottostante.

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Grotta dello Jafferau - Grotta del M. Giornalet - Caverna della Guglia Rossa - rilievi

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Una zona carsica presso Bardonecchia

A sud e a ovest della Guglia Rossa vi è un piccolo territorio (poco più di un Kmq) con un'alta densità di doline. Tutte si trovano nella dolomia grigia, hanno forme variabili ma tutte hanno il fondo chiuso da detriti grossolani o argillosi; il drenaggio è lento e durante le piogge si formano dei laghetti temporanei.

Nel versante sud della guglia Rossa, non lontano dal sentiero che collega la cima con il colle della Scala, alla base della paretina di dolomie rosse si trovano alcune cavernette; sono dovute al disfacimento di questa tenera roccia a causa degli agenti atmosferici. Una sola di queste ha dimensioni tali da poter essere catastata e si potrebbe chiamarla "Caverna della Guglia Rossa".

Posizione: 1512 9109; quota 2150 m.

Caratteristiche forme erosive dovute a carsismo si trovano anche più a ovest, nelle carniole, ma non esistono grotte.

L'acqua assorbita nella zona a doline di cui sopra viene probabilmente a giorno alle Sette Fontane, una risorgenza presso la diga omonima, poco sopra il Pian del Colle. Si tratta di una risorgenza abbastanza copiosa ma è difficile calcolarne la portata perché la maggior parte dell'acqua esce sotto al livello del lago. L'acqua carsica, relativamente calda in inverno, fa sì che di rado il lago geli, anche negli inverni più freddi quando gela invece il suo immissario.

L'ipotesi di questo collegamento è però difficilmente verificabile perché non esistono perdite superficiali se non durante le piogge; l'unica dolina dove forse può essere tentato un esperimento con traccianti si trova presso gli Chalets des Thures, a quota 2060 (posizione. 1396 9030). È una dolina con diametro di una cinquantina di metri e profonda 10, col fondo di ciottoli; in caso di pioggia è probabile un drenaggio abbastanza rapido (da verificare).

Questo eventuale sistema carsico avrebbe una lunghezza di 2200 metri e un dislivello di 560; l'area carsica si estende però fino alla cima della Guglia Rossa, quindi per altri 500 metri di dislivello. È probabile che anche il vallone comprendente il colle della Scala appartenga allo stesso sistema carsico, non esistendo acqua superficiale. Così pure i calcari a NO della Guglia Rossa, cioè quelli che sovrastano la parete dei Militi, potrebbero appartenere allo stesso sistema; qui, presso la punta La Sia è nota una piccola caverna.

Se le possibilità di studio con traccianti sono difficili l'esplorazione dell'eventuale sistema si presenta difficilissimo. Infatti non dobbiamo dimenticare che le dolomie di Valle Stretta si comportano solitamente da rocce impermeabili (nessuna grotta con acqua è conosciuta nella zona, a parte il grosso emissario del lago Verde, ma qui si tratta di gesso) e i condotti carsici eventualmente presenti saranno probabilmente di dimensioni molto ridotte e soprattutto con molti detriti ostruenti.

 

 

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Al Corchia nei rami Pineröl

F. Tesi e E. Pesci


I rami Pineröl sono stati scoperti da una squadra congiunta torinese e bolognese lo scorso dicembre.

L'imbocco d'accesso è un piccolo camino concrezionato nella parte meridionale del soffitto del salone che sovrasta il fondo della Grande Cascata, quasi sul fondo del sistema. Alla breve risalita segue una regione di condotti freatici sulla direttrice principale dell'ultima parte del complesso, NW-SE.

Si tratta in sostanza della sezione fossile che mancava fra il fondo dei Saloni Fossili e la sala dei Tolonesi. A monte infatti le gallerie si concludono in un ramo favolosamente concrezionato (Lo Scrigno) che sfonda con passaggi impraticabili a monte della Grande Cascata, mentre a valle su una direttrice arriva nella sala sovrastante l'ultimo pozzo della grotta e nell'altra al Salone dei Tolonesi.

La caratteristica di questo ramo è l'incredibile concrezionamento, uno dei massimi del complesso (e forse più): del resto quello stesso concrezionamento e la fossilizzazione delle gallerie lo rende di non grandi promesse (almeno, sembra...) nonostante il fatto che sia favolosamente ben piazzato.

I tentativi di uscire dalla direttrice NW-SE non hanno dato risultati.

Antro del Corchia - rilievo

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Tempo fa, a Giovanni, è venuta la brillante idea di fare un campo interno al Corchia, con lo scopo di vedere alcune cose sul fondo; naturalmente, lanciato l'amo i pesci abboccano e, fra gli stupidi, Ube "from Torino" ed io, oltre ad una numerosa squadra di bolognesi.

Dopo la consueta focaccia a Recco e l'inevitabile abbuffata da Adua, ci troviamo in auto sotto l'ingresso del Serpente e, visto che era tutta la settimana che pioveva e che sembrava non dover smettere, inizio la mia solita e salutare opera di convincimento nel tentativo di far desistere tutti ed entrare il giorno dopo. Il tutto dura circa un'ora e mezza, un'ora e mezza di fuoco in macchina, fino al punto in cui loro decidono che tutto, l'acquazzone e pure il diluvio universale, sono meglio delle mie lamentele. Quindi si cambiano decisi ad entrare, e a me non rimane altro da fare che seguirli brontolando per altre tre ore buone.

Grazie ad un nylon di quindici metri quadri da me fornito in previsione della stupidità dei miei compagni, riusciamo a raggiungere l'ingresso camminandoci sotto in fila indiana senza bagnarci tanto.

L'ingresso è invaso da un torrente che percorre il canalino; il tratto di meandro iniziale è subito un divertimento dovuto al fatto che abbiamo un mucchio di roba per accamparci, ma naturalmente portiamo lo zaino. Sotto l'Empoli, dove la galleria fa un paio di piccoli salti, proprio sul saltino dove di solito non c'è neanche uno stillicidio, dal soffitto viene giù una cascata che riusciamo a superare grazie ad un impermeabile di Giovanni.

Poco più avanti incontriamo, sulla via del ritorno, alcuni bolognesi entrati prima di noi che ci dicono che, a causa della troppa acqua, gli altri si sono decisi a non proseguire e a bivaccare alle stalattiti. Raggiunti gli altri ci prepariamo per dormire, ma non prima di aver fatto festa.

Il mattino seguente, decidiamo di andare verso il fondo, sicuri di non arrivarci grazie all'acqua, ma ci sbagliamo (come al solito!) e raggiungiamo il Vidal. I bolognesi decidono di proseguire nei loro rami e noi, dopo aver attraversato il lago, attrezzandolo a fix in alto grazie alla troppa acqua, ci dirigiamo sul fondo.

Arrivati al salone finale guardiamo i buchi da raggiungere in arrampicata, senza sapere se erano già stati visti e se valesse veramente la pena di vederli; decidiamo così di tornare un po' indietro cercando di prendere un livello di condotte sovrastante al fondo.

Sotto la grande cascata, Giovanni e Ube arrampicano e finiscono in una sala sopra il fiume, attrezzando una risalita su una colata di concrezione che sembra lo sfocio di una condotta.

Nel frattempo arrivo io e mentre aspetto preparo il consueto "Twinings tea" delle quattro e mezzo (purtroppo abbiamo dimenticato i biscottini, ma un pezzo di pane duro li sostituisce ampiamente).

Giovanni finisce la risalita non ottenendo grandi risultati poiché dopo pochi metri di galleria riesce a sbucare sopra la grande cascata, dalla parte opposta da dove si passa per andare sul fondo! Mentre sono in pennichella e tranquillamente mi aggiro nella sala, vedo un buco a dieci metri con una colata di concrezione ed una condotta che va verso l'alto: lo dico agli altri e Ube comincia la risalita.

Dopo alcuni fix, decide che la batteria del trapano è troppo pesante e che fa? la butta! noi restiamo lì allibiti a guardare la batteria attraversare la sala (che è leggermente in discesa) ed infilarsi nell'unico buco comunicante col fiume sotto...: sparita! Non ci resta che pensare che i bolognesi saranno molto contenti dal momento che il trapano e rispettiva batteria erano loro e, guarda caso, erano appena stati battezzati.

Messa la seconda batteria, e spiegato cautamente a Ube che era l'ultima, il novello "lanciatore" si accinge a finire l'arrampicata, piazzando una corda e dandomi così la possibilità di fare una risalita di pochi metri assicurato; la condotta stringe ed io mi ci infilo e sbuco in una sala con una grossa galleria che l'attraversa.

Incomincio a gridare, ma gli altri per non smentirsi non capiscono niente, così attacco la corda ad un naturale e loro salgono; arrivati nella saletta io e Ube decidiamo di andare a valle. La galleria sembra seguire il fiume sottostante con alcuni punti dove lo si vede finire in una sala di frana; torniamo indietro e troviamo Giovanni più fortunato di noi: ha trovato due sale con delle concrezioni eccentriche bellissime.

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Corchia, ramo Pinerolo - rilievo

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Nel frattempo ci raggiungono i bolognesi che grazie alla solita troppa acqua, non concludono niente. Nelle due sale ci sono molti buchi in alto, ma decidiamo di guardare una condotta freatica verso il basso e la percorriamo per un po', finche le concrezioni ci fermano; c'è molta aria e per non romperle passa solamente Ube che prosegue per un po' e poi torna indietro dicendo che continua.

Visto che sono già passate una quindicina di ore dalla partenza dalle stalattiti, e che noi, convinti che non avremmo proseguito e di conseguenza che non ci saremmo attardati così a lungo..., non ci siamo portati niente da mangiare, decidiamo così di tornare un'altra volta e cominciamo a risalire.

Il lago del Vidal nel frattempo si era abbassato di molto; arrivati alle stalattiti ci abbuffiamo, poi raccattiamo la roba da bivacco e usciamo mentre i bolognesi decidono di restare lì a dormire.

Usciamo nella mattinata di lunedì; eravamo entrati sabato pomeriggio.

(F. T.)

 

Mai chiedere ad un fioraio cosa farà la prima domenica di marzo: potrebbe cominciare a parlare di feste, di donne, di mimose, guardandovi molto male. Capito l'errore commesso, bisogna allontanarsi velocemente prima di subire ritorsioni. Decidiamo dunque in sei di tornare al ramo Pineröl in Corchia: siamo Badino, Cerovetti, Cuccu (Fof), Lovera, Sconfienza ed io.

La giornata è molto bella, Levigliani ancora un paese tranquillo, i muri delle case ospitano, ancora per poco, solo la scritta dell'ennesimo "Trofeo del Corchia" (una gara podistica). Un po' di preoccupazione la provocano i nevai visibili sulla cima, ma fortunatamente all'interno l'acqua nel Ramo del Fiume è minore del previsto e diminuirà ancora durante la nostra permanenza di ben "mezzo scarponcino" (traversino al Lago Vidal).

Giungiamo in "breve" tempo nella Sala delle Batterie Volanti (arrampicata di Ube), e dopo il solito the ci dividiamo i compiti. Adriano ed io a rilevare partendo dalla base della sottostante cascata. Giovanni e Fof a risalire col perforatore una delle nuove sale, Ube e Stefano a discendere uno scivolo con rumore d'acqua sul fondo alla fine delle gallerie esplorate nella punta precedente.

L'arrampicata di Giovanni conduce nella Sala dello Scrigno e per continuare occorre passare tra bellissime concrezioni. Il ramo Pineröl non delude le nostre aspettative e ci ripaga abbondantemente con le sue eccentriche e le concrezioni a forma di fette di cipolla. Adriano ed io intanto, rilevando, dopo aver percorso una condottina sotto pressione raggiungiamo Stefano e Ube alla sommità del pozzo. Questo purtroppo ricade nella sala finale della grotta, dove il fiume si perde nella frana: non è di qui che si supererà il fondo.

Infine dopo una breve dormita su sabbia asciutta (altra amenità di questo posto), lentamente usciamo. Occorrerà comunque tornare per arrampicare nella Sala delle Cipolle, per completare il rilievo dei rami laterali visti a dicembre, e per recuperare corde personali incautamente dimenticate appese su risalite. Cavatori permettendo...

(E.P.).

 

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Majella: speleologicamente parlando

E. Pesci


Dov'è

Il massiccio calcareo della Majella è situato in Abruzzo, ad una ventina di km dal mare. Esso è delimitato a sud dal Passo della Forchetta (più lontano c'è il parco nazionale); a ovest dalla piana di Sulmona e del Morrone; a nord dalla piana del Pescara e dalle Gole di Popoli (per i profani: dove passa l'autostrada A25 Pescara-Roma)

Cosa c'è

I pastori che abitano la Majella durante l'estate conoscono un'infinità di grotte e grottine utilizzate come ricovero per le pecore. Si tratta per lo più di cavernoni in cui le eventuali prosecuzioni vengono chiuse da muretti per impedire agli animali di perdersi.

È questo il caso delle grotte di Pennapiedimonte, situate nella vallata vicino a questo paese. A Natale siamo scesi in alcune di esse con materiale per un -200, riuscendo a raggiungere il fondo a -5 m. Tutte le grottine rilevate presentano tracce di freatico, ovvero volte ad arco e condotte che però chiudono su frane impraticabili o su colate di calcite. L'aria, debole, sparisce anch'essa in frana. I soliti pastori dicono anche che d'inverno, sulla cresta sovrastante, la neve si scioglie in alcuni punti: bisognerà controllare. Dall'altra parte della vallata, sulla destra orografica, c'è un enorme portale vicino al torrente, mentre poco sotto la cresta si apre la Grotta Nera, così detta per i depositi bituminosi presenti in essa.

Un'altra zona da noi visitata è quella compresa fra Pescofalcone e Monte Amaro. Seguendo il sentiero che porta alla cima di quest'ultimo, si attraversa una vasta zona di assorbimen-

Una voragine tra Pescofalcone e Monte Amaro (foto E. Pesci).

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Cavità della Majella - rilievo

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to completamente ricoperta da detrito, in cui si contano decine di doline e una voragine con un diametro di circa 10 me neve sul fondo; è possibile scendere solo per alcuni metri fra ghiaccio e parete.

Un pozzo vero e proprio si apre un centinaio di metri al di sotto del bivacco Fusco, nel Vallone delle Murelle, ed è profondo una ventina di metri con neve al fondo.

Nella Valle di Taranta troviamo la nota Grotta del Cavallone, l'unica di una certa lunghezza e ormai da tempo turisticizzata. Per ora, dunque, non esiste nulla di ovvio, di chiaramente visibile, tuttavia ci sono più di 2000 m di dislivello a 10 km di distanza fra queste zone di assorbimento e la sorgente del Verde: l'acqua passerà pure da qualche parte. La soluzione, se esiste, sarà forse in qualche vecchia condotta che esce in parete, o in una battuta con gli sci nelle zone alte: vedremo prossimamente!

Descrizione delle cavità

Tutte le cavità qui descritte si aprono dopo la galleria sulla statale dell'acquedotto, sulla destra della falesia (sin. orografica).

A) La prima grotta visitata si trova a pochi metri dalla strada, chiusa da una porta. Dopo la saletta iniziale, occupata da pecore non molto entusiaste della nostra visita, uno stretto cunicolo porta a una strettoia. La puzza è insopportabile e preferiamo concludere l'esplorazione.

B) Poche decine di metri più in alto si trova un'altra grotta usata come stazzo e chiusa da un muretto e una grata. Resti di condotte freatiche chiudono su concrezioni.

C) La grotta più grande fra quelle da noi visitate ha un ingresso di notevoli dimensioni ed è usata come ricovero per gli animali nella prima parte, che è stata liberata anche dai massi che ne ingombravano il pavimento. Più avanti la volta chiude sul detrito e si nota una debole corrente d'aria. Riusciamo a filtrare al piano inferiore, ma i risultati non sono migliori.

D) Infine un buco in parete visibile dalla strada e raggiungibile con una doppia, si rivela essere una condotta molto grande, con massi e concrezioni sul pavimento che chiude dopo una quindicina di metri. Nella parte iniziale si dirama una condottina che chiude dopo pochi metri in corrispondenza di un altro buco in parete situato più in basso.

 

 

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Ghiaccio d'inverno

G. Badino


Uno dei problemi fondamentali della speleologia glaciale è cosa in inverno facciano le grotte.

Molti i motivi per i quali questa questione è interessante; il primo è che se fossero aperte lo sarebbero senza gran cascate dentro e dunque le si potrebbe scendere, anche di giorno: e questo aumenterebbe di molto il periodo in cui inghiacciarsi.

Poi il fatto di stare aperte d'inverno dimostrerebbe che là sotto vi sono sistemi di gallerie con circolazione a camino (quella solita delle grotte) che soffiano via e sciolgono la neve.

Infine ci chiarirebbe le idee sulla durata nel tempo di queste strutture. Le impressioni sulla loro età sono infatti, per ora, contraddittorie; sul Gorner, nell'86, non abbiamo ritrovato il Mostro Tonante, la più grande struttura scesa l'anno prima, ma questo può essere dovuto a mutamenti della sola parte iniziale. La durata delle strutture ipoglaciali sarebbe allora quella del viaggio nelle parti "calme" del ghiacciaio, ove esso scorre orizzontale, cioè dell'ordine delle decine o centinaia di anni a seconda del ghiacciaio.

A questa lunga durata c'è almeno una eccezione importante, la grotta si chiude se cessa di essere attiva. Mi spiego: è possibile (vedi Biafo) che il canale di alimentazione della grotta sfondi aprendone un'altra: in queste condizioni la prima rimane esclusa, e fossilizza, diventando il tipo di cavità che, in Biafo, visitavamo più volentieri, le uniche ove, di giorno, ci si bagnava poco. Ma esse erano 1) più rare e 2) sistematicamente chiuse dopo poche decine di metri. La loro rarità del resto è un indizio che durano poco: se durassero parecchio ce ne sarebbero un mucchio.

Il Gornergletscher in aspetto invernale (foto G. Badino).

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In sequenza: in alto l'inghiottitoio del lago nel 1986 e nel 1988. In basso un pozzo aperto, e frammento di condotta nelle parti terminali del ghiacciaio (foto G. Badino).

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Del resto tutto questo è ragionevole: quando una cavità non ha più apporto d'acqua che scava, pian piano vuoi per i movimenti del ghiacciaio, vuoi perché non c'è più circolazione d'aria (se pur c'era), vuoi perché fa da trappola per l'aria notturna, più fredda e più pesante, gela gli stillicidi e pian piano si riempie di ghiaccio, ad iniziare dal basso.

Va bé, ma le grotte attive? come vanno in letargo durante l'inverno? Possibile che ad ogni stagione si riscavino quegli enormi sistemi?

Per chiarire questo punto ho fatto un solitario viaggio sul Gorner, a metà Aprile; solitario ma difficile per via di treni bruciati sulla linea ferroviaria di Domodossola (dieci ore per andare da Torino a Zermatt), viaggio carissimo perché i prezzi dei treni in Svizzera sono indecorosi.

Sono arrivato sul ghiacciaio ormai verso sera, su una neve più adatta alla canoa che allo sci, ed ho pernottato in una bellissima valletta di ghiaccio. Tutte le foto e le osservazioni sono dunque o della calda serata o della gelida mattina.

La circolazione d'acqua è piuttosto limitata nonostante la neve fradicia ed è forse responsabile in parte dei laghetti di ghiaccio di cui parlerò più avanti. Questo indicherebbe che aprile è già stagione troppo avanzata per certe osservazioni, che andrebbero ripetute dopo le prime nevicate.

La morfologia esterna sembra immutata rispetto a due anni fa. Ho ritrovato canali e zone di pozzi che ricordavo, ed in particolare l'imponente e bellissima dolina che aveva formato il gran lago presente sul ghiacciaio sino all'85 è rimasta invariata. Presente pure la diaclasi ove è sparito il lago, salvo che la "frana di ghiacci" descritta sul Grotte 93 si è sciolta. Le foto che lo mostrano (nell'86 ed ora) sono da angolazioni un po' diverse, la seconda è scattata dalla posizione dei personaggi della prima.

In realtà però sono sparite praticamente tutte le grotte; dove prima vi erano le tenebre dei pozzi ora vi sono laghetti di ghiaccio in cui finisce il canale di alimentazione. Ma il pozzo sotto c'è ancora ed in almeno un paio di casi è ancora aperto (o già riaperto?).

Quello mostrato in foto è aperto dalla parte opposta al canale di alimentazione, al di là di un lago di ghiaccio di una decina di metri quadrati. La diaclasi profonda e stretta è piena di echi di cascatelle lontane che il povero scrivente, legato a spaghi mal fissati a poveri sci, ha potuto solo intravedere. Come ha fatto quel buco a rimanere aperto nonostante i metri di neve? debole aria calda dalla profondità, sospetto, che forse è responsabile anche della sostituzione dei pozzi con laghi di ghiaccio. Già, perché si formano? Forse è il torrentello che all'inizio dell'inverno da scavatore diviene costruttore, ed il fronte dal quale si getta nel pozzo rigela al bordo, avanzando nel pozzo sino a chiuderlo.

O forse (e a me sembra più plausibile) l'interno del pozzo è più caldo, e pieno di aria umidissima che quando fa freddo sale e condensa e gela sul bordo del salto, sino a chiuderlo, aiutata dalle sgelate diurne che pian piano formano un laghetto. Chissà. Concludo con un'ultima osservazione: come al Biafo, nelle parti terminali di questo piccolissimo ghiacciaio emergono quelli che sembrano indubbiamente tratti di condotte forzate, forse formatesi in profondità più a monte e scoperte dallo scioglimento al fondo della lingua. Certo che ora queste, sia qui che sul Biafo, sono strutture altrimenti inspiegabili e soprattutto con solchi di ringiovanimento. Riusciranno i nostri eroi a raggiungerle più a monte? Mah, continuate a leggere gli scritti di speleologia glaciale e lo saprete.

 

 

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Gole, canyons e orridi

M. Scagliarini e R. Chiabodo


Non sarà certo questa l'occasione per disquisire sulle similitudini fra l'andar per grotte e l'andar per gole, personalmente le troviamo due esperienze distinte che regalano sensazioni diverse.

Si tratta invece di informare voi cari lettori sull'attività, per qualcuno del GSP ritenuta blasfema, che alcuni cosiddetti "orripilantes" praticano ormai da qualche anno.

Incoraggiati dall'incredibile audience del venerdì sera riguardo alle nostre "orride" diapositive (dati AUDITEL ci confermano di avere ormai ampiamente superato come gradimento le proiezioni della popolare serie "Le Grotte nel Ghiaccio") ci accingiamo quindi ad erudirvi sulla nostra più recente impresa: la discesa del Rio Marderello (400 m di dislivello), "importante" corso d'acqua della Val Cenischia, bella ed ampia valle laterale della più nota ed inquinata Val Susa.

Diciamo subito che la nostra è stata la ripetizione di un itinerario aperto ed attrezzato da Mauro Pettigiani e Roberta Masinari e da loro ampiamente descritto sulla Rivista della Montagna n. 92 (dic. 1987). Proprio la lettura del loro "Una fune sull'acqua" ci ha spinto a tornare con piacere nella valle di Novalesa, da noi conosciuta più che altro per le belle e numerose cascate di ghiaccio nel periodo invernale. L'acqua infatti non manca sotto i 3551 m del Rocciamelone e nonostante la discesa sia raccomandata da maggio ad ottobre, abbiamo pensato che degli speleologi non avrebbero patito per un po' d'acqua in più.

Aprile, una bella domenica. Un solo "errore": complice la birra rivelavamo il nostro progetto ai soliti "amici intimi", con il risultato di trovarci in 12 (per fortuna altri 5 decidevano di andare a sciare) pieni di curiosità su per il sentiero che dall'abitato di Novalesa (bolli gialli) porta in un'oretta alle baite della frazione Tourdupì.

L'allegra gita della parrocchia di Sant'Accadueò vedeva Don Mauro nell'ingrato compito di evitare un poco salutare bivacco ad una intera squadra di calcio. Davanti a tutti a sfidare l'ignoto a causa anche di una malaugurata tuta impermeabile, l'eroico parroco si dimenava

Carta della Val Cenischia

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fra corde intrecciate, affiancava incredibili cascate, penetrava magici ed eterei arcobaleni, regalava smorfie ai numerosi fotografi accreditati. Il gruppo, compatto, seguiva a ruota fra grida, lazzi, numeri da circo sulle corde bagnate, facce terrorizzate su "pozzi" di 50 o 75 metri, per la prima volta visti nella loro interezza con gli omini piccoli piccoli sul fondo. Prevedibile nel copione una corda da 100 che non voleva farsi recuperare e che obbligava l'allegra brigata ad ore di sole e alla ritirata a metà della gola attraverso l'unica via di uscita possibile, vista l'ora ormai serale.

Da sottolineare gesti eroici quali quelli di Arlo - pendolo di 15 m in direzione di una mega cascata di 60 m (corda doppia su di un pinetto di 10 cm - a sua insaputa - manovra non obbligatoria denominata "The Joshua Tree"); di Riccardo F. - 3 ore di saliscendi su un salto di 75 m fra corde frigide e pendoli bagnati; di Fof - riusciva a dichiarare di aver visto la Madonna parlare in sardo; di Adriano - nonostante "non" avesse fonti di luce con sé "non" riusciva a trovare un compagno che alle 7 di sera lo accompagnasse a percorrere praticamente in esplorazione i successivi 250 m di dislivello.

Aneddoti a parte, in quell'occasione ci rendiamo conto che:

- la discesa non si addice a famiglie numerose

- disgelo, recenti o improvvise piogge non sono elementi da sottovalutare

- 400 metri di dislivello su corda con una sola via d'uscita a metà richiedono un minimo di esperienza e di precauzioni.

La ritirata ci bruciava non poco (curiosità repressa) e ad una settimana di distanza rieccoci in quattro a lanciarci nella gola con 100 + 80 m di corde dinamiche, discensori appositi, Walkman e suite rock, folk e punk.

Giornata grigia, forte stillicidio ovunque, grande determinazione in una situazione abbastanza speleologica. Ci concediamo un ricco spuntino alla base del P. 75, dove giriamo anche un filmetto in super8, beviamo un'ottima bottiglia di vino che forse un po' ci scalda ma non ci asciuga. Riccardo F. ed Adriano scattano, appesi alle corde marcie d'acqua che ti obbligano a discese lentissime, le diapositive che perseguiteranno per mesi il GSP.

I posti sono bellissimi, stretti e lisci, lavorati a marmitte e sceso un salto non vediamo l'ora di arrivare al prossimo. La gran quantità d'acqua spesso cattura le corde e ti attrae dentro le enormi cascate obbligandoti a pendoli e a piccole risalite (con meno acqua e andando a cercare i pochi ancoraggi non subito visibili non troppo vicino alla corrente, non dovrebbero esserci problemi). Troviamo, in un breve tratto in piano del torrente, un grosso cinghiale finito lì e mai più riuscito ad uscire. Improvvisamente ci passa la sete che abbiamo nonostante l'inzuppamento ed ancora di più ci viene voglia di vedere la fine della gola.

Appare lontano, nel verde, il grigio colore delle case di Novalesa, ci siamo, ancora un 25 e uno stupendo 50 finale ed eccoci al fondo, in un ampio anfiteatro alla base di una cascata verticale di 70 metri. Ormai piove, ma non ci disturba più di tanto, usciamo dalla gola e per prati verdissimi ci avviamo alla macchina o meglio corriamo verso i caldi ed asciutti ricambi. Gran belle sensazioni: si canta, si ride, scontati autoscatti di gruppo, si riavvolgono le ormai pesantissime corde, si fantastica di tornarci d'estate in pantaloncini.

Passiamo sotto la cascata finale, ben visibile dal paese, di una gola parallela: forse 120 metri ed un sogno.

Al di là di questo racconto sicuramente entusiasta, un sicuro elogio va fatto a coloro che hanno aperto ed attrezzato questo percorso. Gli ancoraggi sono tutti ottimi e ben rinforzati: si sprecano gli spits, i cavi d'acciaio, i grossi grilli. Il tutto dà una impressione di sicurezza generalmente non comune anche se è consigliabile avere con sé una chiave a brugola per verificare gli inevitabili "svitamenti".

La Val di Susa già in passato ci ha dato interessanti possibilità per quanto riguarda orridi e gole, e stiamo lavorando (nei ritagli dell'attività speleologica s'intende!) a nuovi e vecchi percorsi, sicuri che fra di voi, cari lettori, non manchino gli appassionati del "genere". Se siete interessati scrivete alla Redazione di "Grotte" per scambi di informazioni e di esperienze.

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La decima doppia, P40 (foto R. Ferrein)

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One tree hill, P45 (foto M. Scagliarini)

 

 

Alcune note

Per entrare nella gola:

attraversata Novalesa in direzione ovest, si imbocca Via S. Antonio e si segue il sentiero contrassegnato da bolli gialli. Arrivati (circa 1 ora) a delle baite con fontana evidente (loc. Tourdupì) ci si porta al limite del prato (destra idrografica) sino a raggiungere un albero segnato a strisce gialle con relativo ancoraggio per la prima doppia.

Attrezzatura:

indispensabili due corde da 50 m, meglio se dinamiche, al limite meglio avere una corda di riserva.

Ovviamente, imbrago e discensore, qualche moschettone, longes, una staffa e un paio di bloccanti (utilissimi per recuperare corde testarde). In periodi piovosi è consigliabile la tuta impermeabile.

Avvertenze: è sempre buona cosa, prima di entrare in una gola, avvisare amici o parenti circa la località e il tempo di rientro previsto.

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SCHEDA TECNICA

Doppie

Metri

Ancoraggi

Note

1

50

cavo su albero (dx idr.)

Scendere tenendosi a sx.

2

20

3 spit con cavo

Corrimano di corda per raggiungere l'attacco. Dopo circa 15 m verticali, corda di traverso a sx, per raggiungere il 3° attacco.

3

55

3 spit con cavo (dx idr.)

In parete. Molto spettacolare (contate al fondo sull’elasticità del 3° attacco).

4

10

2 spit con cavo (sx. idr .)

 

2

20

3 spit con cavo (dx idr.)

Sceso il 5° tiro ci si sposta sulla sx. idr. e si risale un breve tratto di bosco; un larice con cavo di acciaio e redancia sono l'attacco per il 6° tiro. Proseguendo per il sentiero si raggiunge il fondovalle (bolli gialli). Attenzione: è l'unica uscita!

6

45

Cavo su albero (sx. idr.)

"One Tree Hill" - Cascate e marmitte molto belle.

7

10

2 spit con cavo (sx. idr.)

 

8

40

3 spit con cavo (dx. idr.)

 

9

25

3 spit con cavo (dx. idr.)

Per arrivare alla partenza del tiro corrimano in cavetto d'acciaio.

10

40

3 spit con cavo (dx. idr.)

Per arrivare all'attacco bisogna risalire di 6 m. (cavo d'acciaio - utile una staffa). Scendere tenendosi sulla sx.

11

25

3 spit con cavo (dx. idr.)

Al termine della discesa spostarsi a sx.

12

50

2 spit con cavo (dx. idr.)

"Exit" - Si può scendere tenendosi a dx. vicinissimi alla cascata oppure sulla sx. (bella "condotta" verticale), più sicuro il recupero delle corde.

Siete fuori!

Tempo totale: 1 h (avvicinamento) + 3-6 h (dipende da quanti siete, se fate foto o no, se amate i pic-nic, dal meteo, ecc.).

 

 

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30 anni di "Grotte"

M. Di Maio


Nel mese di aprile 1958 usciva il n. 1 del nostro bollettino, che dunque ha compiuto or ora 30 anni di vita. Con cadenza che dopo i primi tempi si è fatta quadrimestrale, sono stati pubblicati sinora 96 numeri, e tra non molto (inizio autunno dell'anno prossimo) uscirà il n. 100, che per una rivista speleologica è certamente un bel risultato.

Chi volesse conoscere una storia di questo periodico che ormai si sta facendo lunga, può consultare i numeri 34 (I 10 anni di Grotte), 52 (numero speciale per il ventennio del GSP), 65 (I 20 anni di Grotte), e infine l'83 dedicato ai 30 anni del GSP.

Nell'ultimo decennio di vita il bollettino è progredito enormemente sotto vari aspetti, pur mantenendo il suo carattere di pubblicazione informativa interna, la periodicità quadrimestrale e il formato. La veste è migliorata, il numero delle pagine si è accresciuto e così pure il numero di caratteri per pagina; non parliamo poi della tiratura, che da 350 copie è passata a 500 e poi a 1600, con una punta di 1700 per il n. 93.

Se si guarda il numero bruto delle pagine (lasciamo ai lettori un giudizio sui contenuti), la progressione è stata di tutto rilievo. Se le pagine totali di bollettino del secondo decennio ammontano a 1076, queste nel terzo decennio sono salite a 1348. Inoltre, se già all'inizio dell'ultimo decennio una pagina conteneva tanti caratteri quanti ce n'erano in 1,8 pagine dei vecchi bollettini, questa capacità è ancora aumentata da quando abbiamo adottato il sistema di battitura a fotocomposizione, sistema che dal n. 88 permette di condensare in una pagina la materia di 1,44 pagine precedenti: in definitiva, una pagina attuale corrisponde a oltre 2,5 pagine dei bollettini dei lustri passati con analogo formato di quello odierno.

Sempre per le statistiche, si può notare come il numero annuo di pagine, che nel primo anno del decennio in questione è stato di 92, sia poi salito a 128 nel 4° e 5° anno, per fare poi un'escalation sino alle 168 pagine dell'ultima annata. Fa eccezione, con ben 208 pagine, l'annata 1983 che però annovera 4 bollettini anziché 3, perché oltre ai numeri normali se ne è pubblicato uno speciale (il n. 83) per il trentennio di vita del Gruppo. Il numero record di pagine, 64, è di pertinenza dei bollettini 80 e 93; in tre occasioni si sono avute 60 pagine, in due 56 pagine, ecc.

Nella media di pagine per bollettino è nettamente in testa l'annata 1987, con 56 pagine che costituiscono una bella media: azzarderei l'ipotesi che si possa trattare di un tetto massimo destinato a resistere nel tempo, perché non si può ragionevolmente pensare che il Gruppo possa continuare a sostenere livelli di spesa come quelli attuali, e sarà giocoforza darsi una controllata proprio per ineludibili motivi finanziari.

Altre grosse innovazioni del decennio riguardano la copertina (con foto a colori dal n. 80, cambiando ogni anno fotogramma), l'adozione del sistema di battitura in fotocomposizione (dal n. 88), l'illustrazione del testo con foto in bianco e nero (sempre dal n. 88), e il decollo della tiratura (da 500 a 1700 copie con il n. 93). Quest'ultimo è avvenuto per effetto della convenzione-capestro stipulata con la SSI, che comporta l'invio del nostro periodico a tutti i membri di questa Società. Ovviamente ciò ha comportato il passaggio da una fase "artigianale" (in cui nostra manodopera volontaria fascicolava, pinzava, rifilava, imbustava, scriveva a mano gli indirizzi e attaccava finalmente i francobolli), a una fase "industriale", in cui c'è una tipografia che stampa, una legatoria che confeziona le copie, una ditta specializzata che implastica ogni copia inserendo un'etichetta con indirizzo prestampato. Il numero elevato di copie da spedire ha permesso di accedere ai benefici dell'abbonamento postale. Tutta questa rivoluzione è stata troppo rapida per permettere una perfetta messa a punto di ogni congegno, ma gradatamente stiamo avviandoci verso un funzionamento più razionale e soprattutto meno ricco di patemi. Questioni non trascurabili vanno ancora risolte, come l'aggiornamento dell'indirizzario su computer, come gli importanti aspetti pubblicitari, come la registrazione in tribunale per risolvere gli intoppi legati al fatto che il bollettino esce ora come supplemento al notiziario "UGET Notizie" (tra l'altro, la spedizione postale va effettuata a Savigliano), e altri problemi minori.

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Riguardo al testo del periodico, va aggiunto che è stato moltiplicato notevolmente il corredo di rilievi (anche fuori testo e di una certa dimensione), di schizzi, di schemi illustrativi, di disegni di vario genere, con tutti i problemi che ciò comporta e che solo chi è pratico di cose redazionali può comprendere.

Nell'ultimo decennio (e più in particolare negli ultimi anni) la redazione è stata adeguatamente potenziata, e gira bene; recentemente è stata stabilita una divisione di compiti per meglio gestire una macchina divenuta più complicata. Riprendendo la storia dal punto in cui l'avevamo lasciata (vedi n. 83), e quando la redazione era formata da Badino, Di Maio, Gabutti, Ochner e Pulzoni, si può aggiungere che dal n. 88 si è dovuto fare ameno di Pulzoni (trasferito a Salbertrand dopo aver felicemente vinto il concorso da direttore del Parco del Gran Bosco), e così sino al n. 90. Dal n. 91 sono entrati in redazione Roberto Chiabodo e Loredana Valente, e con il n. 95 anche Riccardo Pavia e Mauro Scagliarini.

Tra le cose che in questo decennio non sono cambiate, due ve ne sono che dovrebbero preoccupare quanti hanno a cuore le sorti del nostro bollettino. Una è la pigrizia nello scrivere, che costringe la redazione a continue sollecitazioni e a star sulla corda trovandosi sovente alla scadenza delle consegne con niente in mano, e che contribuisce a far ritardare l'uscita della pubblicazione. L'altra è che il responsabile purtroppo è ancora il medesimo.

 


Recensioni

P. Terranova


D. Rose, R. Gregson - "Beneath the Mountains", Hodder & Stoughton, 1987, 192 pagg., £12,9.

"Exploring the deep caves of Asturias", è il sottotitolo di questo classico libro di azione, emozionante come un romanzo: un genere purtroppo quasi sconosciuto in Italia, dove il mercato è forse troppo ristretto: racconta la "favola bella" di alcuni ragazzotti di Oxford che, stanchi delle brevi e poco "aizzanti" escursioni sotterranee sui Dales ("... nello Yorkshire, un giro di 12 ore diventa una grande punta...") decidono, con ostinazione tipicamente inglese, di cercare il record. Incredibilmente lo trovano sull'altipiano di Ario, nei Picos de Europa, in un buco che non vuole smettere di andare giù: diventerà, in sette anni di durissime esplorazioni, il Pozu del Xitu, -1100 m, la grotta più profonda mai esplorata "by a British party".

C'è nel libro la soddisfazione di "essere primi", i mille aneddoti di un campo in terre lontane, le paure - anno dopo anno - di "pirataggi" ("... the Poles, Catalans, maybe the French...").

C'è anche, ed è interessante, la progressiva adozione delle aborrite tecniche ed attrezzature "francesi", di fronte all'inadeguatezza di neoprene, lampade da minatore, racks e scalette. A molti ricorderà le proprie, personalissime epopee: qui a Torino, qualcuno verserà una lacrimuccia sul Penthotal e su "come eravamo"...

 

A. Padget, B. Smith - "On Rope", NSS Vertical Section, 1987, 330 pagg., $ 17,95.

...basta piangere, venghino Signori, venghino, che il Circo comincia! la lingua è la stessa, ma il contenuto è tutto da ridere: la Bibbia delle tecniche verticali si indirizza ad un vasto pubblico composto non solo di speleo ed alpinisti, ma anche di rangers armati e lava-vetri newyorkesi, di cui riporta diligentemente l'associazione di appartenenza.

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Le tecniche, meticolosamente Illustrate (il libro è comunque ben scritto, con una veste grafica chiara e moderna), sembrano fatte apposta per avere i peggiori problemi sopra e sottoterra:

- Cosa succede se il vostro bloccante ventrale cede ed il secondo è all'altezza dei piedi? Semplice, vi trovate "a capa sotto" e vi ristabilite prontamente con un hang-hoop: attenti a farlo entro 3 minuti, però, altrimenti perdete conoscenza...

Eppoi, tutti questi frazionamenti! I vecchi Europei ed il loro "intricato " (testuale) sistema di armo...

Interessanti sono solo alcune strane pagine, sulla preparazione di un rack pre-discesa, sui tipi di cuciture, ed altre amenità; insomma un "Vertical pout-pourri" che lascia la soddisfazione, agli Yankees, di essere stati i primi a salire sulle corde.

Intanto il campione di risalita (120 m in 4 minuti e 40) scritto in chiare lettere a pag. 301 non lascia dubbi: Rossano Boscarino si affianca a Paolo Rossi e Giorgio Armani nel paradiso degli emigranti...

 

C. Lazcano "Las Cavernas de la Sierra Gorda", Univ. di Queretaro, 1986, 2 Voli., pagg. 170 + 190, $ 18,50.

In questo paese gli Americani vengono chiamati Gringos, ed eventualmente fucilati, come quel bastardo di Davy Crockett. In questo paese, vasto e povero, ci sono anche tantissime grotte, che i Messicani e - penso - solo quelli con la pancia sufficientemente piena solo ora stanno iniziando ad esplorare sistematicamente. Il tutto mi ricorda aree carsiche più vicine ma afflitte dagli stessi problemi di cintola, che, come si sa, non favoriscono certo l'associazionismo speleologico...

Il lavoro di Lazcano, amico di Tullio Bernabei e della CGEB, è perciò tutto improntato a dare le basi conoscitive di un'area enorme e delle frammentatissime esplorazioni che vi sono state condotte. C'è una voglia, quasi un'urgenza di riguadagnare il tempo perduto descrivendo con minuzia, nomi, Gruppi, date delle esplorazioni - piccole e grandi - condotte per il 90% dagli Americani della mitica Association for Mexican Cave Studies.

Tanto mi ricorda, l'amico Carlos, certe lunghe, invidiose ed ammirate letture di esplorazioni sugli Alburni o sul Cervati, fatte ai nostri danni dai barbari del Nord... che sbaglio, non averli fucilati tutti.