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GROTTE
anno 41, n. 126 - gennaio-aprile 1998
gruppo speleologico piemontese - cai-uget
sommario
Supplemento a CAI-UGET NOTIZIE n. 10 di novembre 1998
SPEDIZIONE IN A.P., comma 20c, art. 2, Legge 549/95
Direttore responsabile: Emanuele Cassarà
(autorizz. Trib. Saluzzo n. 64/73, 13.10.1973)
Redazione: |
Giampiero Carrieri, Marziano Di Maio, Attilio Eusebio, |
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Valentina Marchionni, Laura Ochner, Massimo Taronna, Francesco Vacchiano. |
Foto di copertina: Pis del Pesio (B. Vigna)
Bozzetti di Simonetta Carlevaro e Giorgio Cartello
Stampa: La Grafica Nuova, Via Somalia 108/32, Torino
Fotografie di: A. Eusebio, A. Gaydou, B. Giovine, B. Vigna e Archivio GSP
GSP su Internet: HTTP://WWW.ARPNET.IT/~GSPELE
Email: GSPELE@ARPNET.IT
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La parola ad Alce Dotta
Francesco Vacchiano
"La diffidenza, che appare come un incontestabile
motivo dei tabù imposti ai re, d'altra parte sarebbe,
e più direttamente, una stessa manifestazione
della ostilità inconscia".
S. Freud, Totem e Tabù
Devo avere una particolare predisposizione per ciò che è alieno. Alieno nel senso di strano, di insolito, nel senso vero e proprio di marziano. In qualsiasi posto vada finisco alla fine per essere attratto dagli strani, dai devianti, per venire circondato in qualche modo dagli "alieni" della situazione, con tutti i problemi che questo comporta. Nel mio lavoro, ad esempio, non pago della già disarmante stranezza della follia nostrana, ecco che resto invischiato in quella degli "altri" (stranieri, immigrati, rifugiati) e in quella, ancor peggiore perché supponente, degli psichiatri. Poi scopro che un gruppo di gente obiettivamente strana, che passa il suo tempo a cercare nuovi modi per rovinarsi sotto terra, che litiga in continuazione, che ride delle peggio bestialità, che gioca col fango, che scava il sabato notte invece di andare in discoteca come tutte le persone serie, decide di farmi presidente. Dico, tutto questo è preoccupante.
Se poi penso che "presidenziare" il GSP significa mettere d'accordo quaranta persone su degli (improbabili) obiettivi comuni, che tra queste quaranta molte spiccano per il loro proverbiale caratteraccio, che i padri non sono mai soddisfatti dei figlioli (sempre troppo poco "come noi eravamo") e che i figli a loro volta, come sempre, non hanno nessuna voglia di fare come i padri, ecco che il compito rasenta l'impossibile. È ben per questo che un presidente non fa un gruppo speleo (non da solo), ma ha bisogno di un esecutivo disponibile, pensante e, soprattutto, attivo (attivo = che-fa-attività, leggi che va in grotta).
Sostituire Daniele senza farne sentire troppo la nostalgia non è certo facile e non penso proprio di riuscirci da solo. Non mi sfugge neppure quella legge fondamentale dei gruppi per cui le figure che hanno delle cariche spesso si trovano a canalizzare su di sé una buona dose di aggressività, quella stessa aggressività che, talvolta, è responsabile proprio della loro elezione (il capo in quanto capo è "visibile", e quindi si può meglio controllare), ed è (anche) per questo che mi piacerebbe immaginare una "leadership distribuita", all'interno di un esecutivo in grado di prendere in mano i problemi e di risolverli, con un lavoro coerente dalla ricerca alla documentazione (aspetto quest'ultimo ultimamente decisamente sacrificato).
Penso che la speleologia nazionale viva un momento di crisi, a cui neppure il ghesp può dire di sfuggire (e rimando ad un prossimo intervento quel che ne penso, per non farmi troppi nemici già dall'inizio). Molti dei problemi che scorgo a livello italiano mi sembra che affliggano anche noi, anche se il GSP è quantomeno ancora un gruppo. Ma questo non basta senz'altro.
Ogni gruppo può essere qualcosa di più della somma dei suoi individui, ma anche, troppo spesso, molto meno...
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Notiziario
Il bollettino ha 40 anni
Il numero 1 di Grotte e uscito nell'aprile 1958: 40 anni fa. Per chi volesse saperne di più sul nostro periodico, rimandiamo ai numeri 34 (dieci anni di bollettino), 52 (ventennale del GSP), 65 (20 anni), 83 (trentennale GSP), 96 (30 anni) e 100. Con questo numero siamo arrivati al 126.
Nell'ultimo decennio sono avvenuti importanti progressi, anzi si può parlare di una vera e propria svolta, di un allineamento con le migliori riviste del settore almeno per quanto riguarda gli aspetti tecnici e organizzativi. Finalmente si è stabilizzata una redazione forte, con un'equa ripartizione delle varie mansioni (anche se il peso maggiore e sulle spalle di Poppi e Super). Entrati nella fase industriale, già praticata dieci anni fa ma ancora da perfezionare (ci si appoggiava ancora alla piccola tipografia Litomaster), si è proseguito su questa via. Si lavora con il computer, e migliorata la grafica, si è accresciuto il numero medio di pagine, si curano con più attenzione i contenuti, e aumentato il corredo di foto, rilievi, cartine. Da qualche anno non si deve più portare il bollettino a Savigliano per la spedizione. Unico rimpianto: dopo i fasti delle 1600-1700 copie per numero, ai tempi in cui Grotte era spedito a tutti i soci SSI, dal n. 94 è avvenuto un ridimensionamento che ci ha riportati alla tiratura precedente o poco più.
Per la statistica, se i decenni precedenti hanno totalizzato rispettivamente oltre 1100, 1076 e 1348 pagine, gli ultimi 10 anni ne annoverano 1632. Con l'eccezione dell'annata 1983 che conta 208 pagine ma che ha avuto 4 bollettini, l'anno più prolifico era stato il trentesimo con 168 pagine; ebbene, quest'ultimo primato è stato superato da 4 annate delle ultime dieci: il 1993 con 202 pagine, il 1995 con 199, il 1996 e 1997 con 176 ciascuna. Nella media di pagine per numero era in testa il 1987 con 56, ora primeggia il 1993 con 67, mentre le ultime tre annate navigano tra 59 e 66. Il record di pagine per numero era di 64 (bollettini n. 80 e 93), ora è di 76 (il n. 113).
Per quanto riguarda i redattori, tra quelli della fine del decennio precedente ritroviamo oggi solo M. Di Maio e L. Ochner, anche se fino a ieri c'era anche G. Badino, che ha lasciato con il n. 124 dopo una militanza che datava dal n. 53 del 1974: settantadue bollettini e quasi un quarto di secolo. (Ci rattrista non poco questo distacco che speriamo sia temporaneo, dovuto alla necessità per Giovanni di sfrondare la mole di impegni sia in campo speleo che extra). Da dove eravamo rimasti dieci anni fa (n. 96 del 1988), dopo il n. 98 sono usciti R. Chiabodo e M. Scagliarini, dopo il 109/ 1992 L. Valente (fedelissima che ha modo di occuparsi tuttora attivamente del bollettino, sia pure senza mansioni redazionali), dopo il 119 R. Pavia e da quest'anno D. Grossato. Hanno fatto rapide comparse D. Bregolato (n. 103) e P. Terranova (dal 107 al 109). Sono entrati con il 101 G. Carrieri, con il 107 A. Eusebio che in buona parte fa andare la baracca, sempre con il 107 D. Grossato, con il 118 M. Taronna valida spalla di Poppi, con il 120 F. Vacchiano e infine con il 125 V. Marchionni.
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Il responsabile è sempre lo stesso di prima, questo non è bello. Persino nel governo dopo secoli c'è stato un cambiamento d'aria. Mah, speruma.
La prossima ricorrenza sarà il mezzo secolo, se le divinità saranno propizie e se soprattutto chi di dovere non ci farà mancare gli euro. Nel 2008 comunque la relazione la farà qualcun altro, questo è garantito.
MDM
Lavori in Capanna
Come ogni anno è arrivato giugno, accompagnato, affiancato o perseguitato dai famigerati "lavori in capanna". L'appuntamento annuale arriva, la gente scappa, viene precettata, viene estratto dal cuore il loro senso del dovere e il rispetto che la capanna, dea protettrice degli speleo, merita. Alla fine però tutto ritorna a posto e venti persone si caricano in spalle perline, generatore, trapani, chiodi e tutto ciò che potrebbe servire per effettuare i lavori previsti.
Gli obiettivi dei lavori di quest'anno erano due, concentrati nel magazzino; prima di tutto perlinare il tetto, quindi prendere le misure e montare la finestrella posteriore.
Nel primo fine settimana, la transumanza dei muli-speleo porta in capanna tutto il materiale necessario e si comincia.
Via il vecchio, dentro il nuovo, il tetto è quasi completo. Dopo due settimane si ritorna intenzionati a completare i lavori di perlinatura. Operazione conclusa.
Anche la finestra "blindata" viene montata e ora provate a sfondarla, se ci riuscite.
Insomma, tra sagge fughe (meglio le grotte) e precettazioni (più o meno volontarie) anche questi lavori sono stati completati, ma, ancora altri aspettano dietro il passo delle Mastrelle, ancora qualche giorno dovrà essere vissuto in capanna con la consapevolezza che l'ingresso di PB è lì solo per essere osservato.
Cosa manca per eliminare l'incubo dei lavori ?
Prima di tutto la stufa, che dovrebbe essere montata entro fine anno, quindi il tumore, il tetto e soprattutto il sottotetto sono ridotti in pessimo stato e una aggiustatina la meriterebbero pure loro.
Ma forse la cosa principale è abituarsi a fare un po' di manutenzione, cose piccole: una mano di catrame all'esterno, una verniciata al tetto, o una passata di cera sul pavimento.
Nicola Milanese
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Proiezioni
Lo scorso anno abbiamo appreso come, per organizzare un corso di speleologia, necessitino prevalentemente grotte, istruttori e allievi. Verificata la presenza dei due primi elementi nonché l'assenza dell'ultimo siamo corsi ai ripari, illuminati dalla constatazione che se vogliamo che qualcuno si iscriva al corso dobbiamo evitare di tenerlo segreto. Conseguenza di tali sagge deduzioni è stata una serie di proiezioni presso alcune sedi C.A.I. della cintura torinese: Chivasso a cura di Taronna, Valdellatorre a cura di Giovine e Chiabodo, Chieri organizzata da Terranova. Nel complesso tali iniziative hanno incontrato l'interesse dei presidenti delle sezioni e la curiosità delle circa 150 persone intervenute in totale a gustarsi il megaservizio di Meo (Salto nel buio) nonché quelli relativi alle ultime spedizioni (Patagonia e Vietnam).
I risultati hanno cominciato a vedersi in quanto due o tre allievi del 41° corso testé concluso provengono appunto da quelle serate. L'ultima proiezione della serie, coincisa con la serata di inaugurazione del corso, si è svolta nella sede dei Cappuccini, in collaborazione con il C.A.I. di Torino (quello di via Barbaroux, per intenderci). Lo storico evento, peraltro rallegrato da tutti gli inconvenienti tecnici possibili nel corso di una proiezione, ha indotto una rapida catena di avvenimenti:
1) crisi isterico-depressiva del povero Loco, organizzatore della serata;
2) acquisto di n. 4 proiettori Carousel in seguito a irripetibile botta di culo;
3) sollievo di Mecu, proprietario fino ad ora della sola coppia di proiettori affidabili e quindi fornitore unico, suo malgrado, della speleologia torinese;
4) ideazione e costruzione di n. 1 centralina, per ora, da parte di Z il geniale, che permetterà, senza rischio di intoppi, la gestione delle proiezioni anche all'ultimo aderente, psicologi compresi.
Grazie ai proiettori e alle serate che anche nel prossimo futuro contiamo di organizzare, potremo forse riuscire a tenere gli speleologi torinesi fuori dall'elenco delle specie in estinzione.
Ube Lovera
Varie
Il 1 gennaio G. Badino ha proiettato all'Uget i fotodocumentari su Patagonia, Islanda e Messico. il 30 gennaio una proiezione ha avuto luogo ai Cappuccini per la serata inaugurale del Corso (G. Carrieri e R. Pozzo).
Il 18 gennaio il GSP ha organizzato per l'Uget una gita sociale alla Grotta delle Vene, con 48 partecipanti.
Visto che i corsi non lasciano allievi abbiamo deciso per una nuova strategia: la riproduzione (rigorosamente sessuata). E poiché siamo cattolici osservanti aborriamo i rapporti prematrimoniali. Dunque preliminare è la sacra unione. Preliminare per tutti ma non per uno, che da buon "meridionale" la risolve con la fuiuta ed il matrimonio riparatore. Gli altri scelgono la via canonica ed impalmano le rispettive con la usuale procedura. I protagonisti di queste prolifiche unioni sono: Daniele, Massimo, due Simonetta, Spazzola, Rosanna e forse Beu. Accoppiateli voi come più vi aggrada.
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Grotta del pis del Pesio - rilievo
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Grotta del Pis del Pesio - rilievo dello CSARI
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"...e l'Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria, l'immensa millenaria sua cultura...." A furia di volare ad Est Arlo e Simo hanno deciso di farsela in casa l'Asia. A fine giugno è nata e da allora Arlo e Simo vorrebbero volare ad Est. Così va la vita. Auguri Asia e buone grotte.
Nuove esplorazioni
Sifonisti belgi (Delaby e soci) hanno compiuto nell'autunno del '97 immersioni per tentare di risolvere due tra i maggiori problemi del genere nelle Alpi Liguri: Bossea e le risorgenze del Pis del Pesio. Nella prima hanno toccato i -54 m nel sifone terminale, mentre nelle seconde hanno superato il primo sifone, oltrepassato un lago, compiuta una risalita di qualche metro e trovato un secondo sifone che costituisce il futuro limite da superare. Riportiamo in queste pagine i rilievi dei belgi a futura memoria.
Nuove esplorazioni alle Vene: nell'agosto del 98 Delaby e soci accompagnati dagli speleo del Bolzaneto hanno superato il settimo sifone percorrendo ancora 700 m di nuove gallerie. La progressione si è arrestata su un ennesimo sifone. L'interno-esterno evidenzia che la grotta ormai è già oltre l'abisso delle Frane, nel cuore dell'altopiano del Mongioie.
L'amico Beppe Minciotti ci informa che nell'agosto di quest'anno insieme ad altri sette speleo di Verona ha organizzato una interessantissima spedizione alla ricerca di cavità nei ghiacciai in Alaska. In particolare nel Nabesna glacier, a NE di Ancorage, sono stati discesi numerosi mulinelli glaciali e percorse grandi gallerie che sembra evidenzino numerose analogie con quelle che caratterizzano i ghiacciai patagonici: sostanzialmente anche qui esistono sistemi "carsici" complessi che sicuramente meritano ulteriori ricerche.
OMEGA 3. Nell'estate doppia giunzione da parte del GSI tra Omega 3 (posizionato sotto Cima delle Saline) e il Reseau B (nei rami raggiunti da sotto del GSP). Gli ingressi di PB diventano così 13 e lo sviluppo di conseguenza supera i 39 km.
Ultime dalla Conca, mentre andiamo in stampa la lieta notizia: il Cappa continua. Lo sforzo di molti anni aveva già portato a forzare a settembre il vecchio fondo vagando per reticoli di gallerie, una di queste ha ricondotto gli esploratori sul collettore, pare molto a valle del vecchio sifone.
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Sifone di Bossea - rilievo CSARI
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Attività di campagna
a cura di C.Banzato, U. Lovera e M. Taronna
2 gennaio - Oliena (Sardegna). Grazie al contributo degli elicotteri CNSAS, R. Richiardone, M. Taronna e futura consorte si candidano autorevolmente e con grande anticipo per la Volpe d'Argento 1998.
5 gennaio - Grotta Gualtiero (Trieste). G Villa, E. Villa, F. Maina, + amici della CGEB (Susy e C.). Giro turistico con la scusa di vedere gli amici (o viceversa).
6 gennaio - Grotta di Rio Martino (Crissolo). W. Zinzala, A. Rosso (GSAM), Maurilio G., (GSVP), M. Chiri. Zinzala e Rio Martino la coppia del secolo. Esplorato e rilevato il ramo del pozzo chiude su frana. Arrampicata sul pozzo dei Comanceros, segue finestra e meandro.
1 febbraio - Buca del Cinghiale (Passo dei Giovetti). M. Ingranata, D. Girodo, Alce Dotta.
Riarmo, traverso sull'ultimo pozzo: segue sala concrezionata e successivo condotto naturalmente chiuso.
1 febbraio - Capanna Saracco Volante (Marguareis). R. Pozzo, A. Cotti, F. Belmonte, E. Serra, U. Lovera, + Donda, Ettore, Marco (GSBi) + Atos (GSG).
Sulla strada del Solai (scavo) incontriamo la bufera tutti a casa.
7 febbraio - Buca del Cinghiale (Passo dei Giovetti). I. Cicconetti, S. Capello, C. Giovannozzi.
Risalita su strettoia finale: niente di nuovo.
15 febbraio - Arma della Pollera (Finale Ligure) - Grotta Scogli Neri (Giustenice).
1° uscita del 41° Corso.
22 febbraio - Buca del Cinghiale (Passo dei Giovetti). I. Cicconetti, A. Cotti, P. Fausone, M. Vigna. Risalita sala finale per 15 metri; risalita nelle gallerie più basse chiude tutto. Disarmo.
1 marzo - Grotta delle Vene (Viozene). Buranco di Bardineto (Bardineto).
2° uscita corso
8 marzo - Passo dei Giovetti. C. Giovannozzi, I. Cicconetti, A. Cotti, V. Marchionni, D. Salaspini, S. Capello. Battuta attorno al Cinghiale: un paio di buchi senz'aria. Profondità massima -3. Ragni molti.
8 marzo - Marguareis. Girodo D., Lovera U., Ricchiardone R. (GSG). Battuta con gli sci (poco utile data l'assenza di neve). Trovati alcuni buchi soffianti sul versante Sud del Marguareis.
15 marzo - Passo delle Scaglie (Viozene). C. Banzato, D. Girodo, U. Lovera, A. Ubertino, + Beppe (San remo) + R. Richiardone, 2 bimbe, Atos e una folla di giavenesi.
Battuta esterna tra Passo delle Scaglie e Passo del Cavallo: trovati tre buchi nella neve (due pozzi solo da scendere, uno è segnato GSP 94).
14/15 marzo - Buranco della Paglierina (Bardineto). Esercitazione CNSAS.
22 marzo - Courbassere (Val d'Ala di Lanzo).
3° uscita di corso: palestra di roccia.
22 marzo - Marguareis. D. Girodo, R. Richiardone, U. Lovera.
Battuta con gli sci ma senza la neve. Portati sci sulla schiena fin su Punta Margua. Trovati e segnati buchi soffianti in altissima zona A.
29 marzo - Orso di Pamparato (Pamparato), Arma del Grai (Eca - Val Tanaro).
4° uscita di corso.
5 aprile - Eca (Val Tanaro). F. Belmonte, D. Girodo, G. Mortara, Alce Dotta.
Allargate due strettoie in un buco sopra l'Arma del Grai, scesi due pozzi, fermo su un terzo: è l'Arma del Tao. Vedi articolo.
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11/12/13 aprile - Signe (Francia). Stage di corso. Mille persone; perso il controllo della situazione. L'anarchia regna sovrana.
12 aprile - Arma del Tao (Eca - Val Tanaro). Continuata l'esplorazione restano segreti i presenti e che cosa abbiano fatto.
13 aprile - Arma del Tao (Eca - Val Tanaro). Idem come sopra: gli esploratori restano timidissimi. Raggiunto il fondo a-120.
18 aprile - Arma del Tao (Eca - Val Tanaro). Alce Dotta, I. Cicconetti, F. Belmonte.
Rilievo; il fondo pare chiudere, speranze in risalita. Molta acqua in più: armi subacquei.
19 aprile - Grotta di Rio Martino (Crissolo - Valle Po).
Corso di speleologia. Lezione di rilievo (facoltativa).
18 aprile - Arma del Tao (Eca - Val Tanaro). B. Vigna, V. Marchionni, D. Salaspini.
Vista strettoia sopra il fondo: da elaborare.
26 aprile - Arma del Tao (Eca - Val Tanaro). C. Oddoni, E. Salvini.
Risalita sopra il sifone di metà grotta perso il piantaspit.
14 aprile - 10 maggio - Chiapas (Messico). A Gaydou, G Badino.
Spedizione Rio La Venta, Selva El Ocote, Lopes Mateos: esplorazione, rilievo, ricerche termiche, idrogeologiche e biospeleologiche. Documentazione cine-fotografica. Vedi articolo
Massiccio del Marguareis: il versante Sud di Cima Bozano e, al centro dell'immagine, la dolina del Piccolo Pas (foto B. Vigna)
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Il 41° corso di Speleologia
D. Grossato
Dopo il minimo storico di allievi al corso passato, quest'anno fin dall'inizio c'era la sensazione che le spalle dei direttori fossero più cariche di responsabilità.
I soliti conciliaboli estivi avevano localizzato dei nomi con il medesimo criterio degli ultimi tempi: scegliere persone affidabili tecnicamente ma soprattutto che non avessero già diretto un corso negli ultimi tre o quattro anni.
In un esecutivo di settembre abbiamo formulato una proposta con ben quattro persone: Igor, Loco, Simonetta Carlevaro e chi scrive. Igor ha specificato subito che avrebbe saltato la fase preparatoria, Simo invece per "problemi di lavoro" (che abbiamo poi scoperto trattarsi di una gravidanza) sarebbe mancata nella seconda parte; io e Loco a tempo pieno. Sancita in assemblea questa formula ci siamo subito attivati per la fase preparatoria: stendere un calendario di massima, pensare ad una filosofia di corso, capire come e a chi rivolgersi per la campagna pubblicitaria, dividersi i compiti di gestione.
La prima parte del lavoro ci ha fatto svuotare varie bottiglie durante una serie di serate in cui sovente gli animi si accendevano per poi placarsi, si riaccendevano per poi riplacarsi. Durante tutta questa prima parte organizzativa Igor (che fisicamente stava in Spagna ben afferrato agli ampi balconi della sua fidanzata) mentalmente era sempre con noi. Eravamo tutti d'accordo nel volere il ritorno ad un corso "classico", soprattutto la fase preparatoria e pubblicitaria andava effettuata verso bacini collaudati: il C.A.I. e le università.
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L'unica decisione "rivoluzionaria" è stata quella di non fare il manifesto, simbolo immancabile e perenne tormentone dei corsi GSP. Questo ci ha attirato una serie di critiche anche violente che hanno messo a dura prova la nostra pazienza. Abbiamo sostituito il manifesto con un bel pieghevole a colori di cui 3000 copie sono state spedite sul C.A.I. Uget Notizie e le altre duemila sparse nelle varie facoltà universitarie, in cinema, bar, e nei grossi iper mercati.
Risultati: il 41° corso di speleologia sarebbe iniziato il 6 febbraio per terminare il 10 maggio, tre mesi quindi durante i quali inserire dodici lezioni, due palestre al palavela e otto uscite fra le quali una in palestra all'esterno e due stages di tre giorni. Rigorosamente diviso in due parti abbiamo opportunamente tenuto conto delle uscite di soccorso e di altri importanti impegni per evitare accavallamenti. Basilari le decisioni sulla pubblicità: il C.A.I., con una gita sociale alle Vene il 18 gennaio, a cui hanno partecipato 26 iscritti; la presentazione del corso al Monte dei Cappuccini previo consenso del C.A.I. di via Barbaroux; una serie di proiezioni presso i C.A.I. limitrofi a Torino e nella nostra sede in Galleria Subalpina il cui filo conduttore è stato Ube (che con l'approssimarsi degli "anta" è diventato affidabilissimo); le università (attraverso il volantinaggio), i giornali (quotidiani di Torino e Piemonte più settimanali e bisettimanali). Simo si è occupata dei materiali, Igor dell'aspetto finanziario, io e Loco abbiamo curato le lezioni e le uscite.
Tutti questi sforzi hanno prodotto il rilevante numero di 38 persone che si sono iscritte alla prima parte del corso. Prima parte molto rapida e poco impegnativa (quattro lezioni e due uscite orizzontali) per permettere a quanti capiscano che la speleologia non fa per loro, di dedicarsi ad altro risparmiando tempo e soldi per la seconda parte.
Per gli amanti delle statistiche posso dire come i 38 allievi hanno saputo del corso:
15 dal CAI (dei quali ben 11 attraverso i canali dell'UGET)
10 da amici
4 dalle università (3 di agraria e 1 del politecnico)
3 dai quotidiani di Torino
3 dal CRAL della Telecom
2 avevano già fatto il corso
1 dal cinema King
Ben differente l'impegno e lo stress per la seconda parte che ha comportato ben otto lezioni e sei uscite più due palavela. Il primo ed unico grosso intoppo si è verificato con l'attrezzatura. La riunione fatta appositamente per gli istruttori ha visto la solita latitanza di persone e al momento di spiegare agli allievi come far la longe di staffa o la lunghezza delle due longe o la regolazione degli imbraghi (...) abbiamo fatto la solita figura da cioccolatai. Inoltre la fornitura di materiale Kong ha visto qualche imperfezione, prontamente segnalata al costruttore. Tutto il resto è filato via liscio e le 23 persone che hanno frequentato la seconda parte si sono dichiarate soddisfatte delle lezioni, delle uscite e degli istruttori. Un questionario di fine corso ha evidenziato l'ottima qualità globale del corso di speleologia del GSP, un generalizzato accoglimento dell'esperimento di affitto dell'attrezzatura da parte della premiata ditta Arlo&Ube, e una richiesta che quasi tutti hanno sottolineato: almeno una lezione in più al Palavela.
Tutto il materiale cartaceo del 41° corso di speleologia (compreso un floppy) è stato riunito in due dossier che i prossimi direttori di corso potranno agevolmente consultare (si trova in magazzino).
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Di seguito, ad ultimare questo breve articolo, la lista degli allievi che hanno frequentato e portato a termine la seconda parte del corso:
Armini Massimo |
Vicolo Enrico 15, S. Giusto Canavese. Tel..0124-350209 |
Bedendi Ivano |
Via Monviso 4/b. Tel.: 011-8013088 |
Brosio Paolo |
Via Volturno 14/b Settimo Torinese. Tel.: 011-8970877 |
Calvetti Chiara |
Via Mercadante 74. Tel.: 011-2424324 |
Chiariglione Daniela |
Via Artigiani 10, Balangero. Tel.: 0123-346860, cell. 0347-4982200 |
Colombo Roberto |
Via Nino Costa 15. Tel.: 011-9969807 |
Dipasquale Giovanni |
Via Ormea 103, Cell.: 0338-2717650 |
Fontana Alice |
Corso Marconi 27, Tel.: 011-6689363 |
Gagliardi Fabio |
Via Serra 32/c, Masio (AL) - c/o Via Ormea 103. Cell.: 0347-2749354 |
Gancitano Alessandra |
Via Lanzo 155, Borgaro. Tel.: 011-4702401 |
Ghiotti Emanuele |
Strada S. Margherita 188. Tel.: 011-8196464 |
Macrì Roberto |
Via Nobel 10, Tel.: 011-8950881 |
Nasi Guido |
Via S. Francesco da Paola 18. Tel.: 011-884695 |
Ongaro Dario |
Via Ascoli 23. Tel.: 011-484353 |
Pelissero Cesare |
Corso Brunelleschi 7/14. Tel.. 011-712281 |
Pizzo Ivano |
Via S. Giuseppe 9. Tel.. 011-622580, cell.: 0338-5979907 |
Poggi Davide |
Via Osasco 73. Tel.. 011-378592 |
Quercia Francesco |
Via Benso 10, Corio. Tel.. 011-928479 |
Quercia Giuseppe |
Strada Colle Secchie 22, Corio. Tel.. 011-928465 |
Serravalle Emanuela |
Via Canavere 37, Borgaro. Tel.: 011-4704109 |
Tedesco Tiziana |
Via G. Marconi 2. Tel.: 011-9011868 |
Varaia Francesco |
Via Artigiani 10, Balangero. Tel.. 0123-346860, cell.:0360-6852325 |
Zampogna Carlo |
Via Pellico 16. Tel.: 011-6688542 |
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Siamo speleo?
Alice Fontana
È finita...
Nessuno si sentirà più obbligato a controllarci staffe e discensori, a tirarci fuori dalle infide strettoie in cui saremo rimasti irrimediabilmente incastrati, a salvarci da incrodamenti demenziali, a cercare di evitarci tuffi e bidet in laghetti polari o sotto cascate gelide, a calmare sdrammatizzando crisi isteriche di vario genere e intensità.
Gli istruttori che ci hanno seguiti con pazienza e premura materne (e qualche PORCO....!! - N.d.R..,) ci abbandonano a noi stessi ritornando ora a essere eroici esploratori di grotte, buchi, caverne, ma soprattutto di sbornie e di altre perversioni varie.
Così sfiniti alla base di un pozzo o disperatamente aggrappati ad un viscido appiglio sopra un torrente tumultuoso, tra esercizi yoga di respirazione e apparizioni della Madonna, rimpiangeremo le colorite bestemmie di Fof, le incazzature di Daniele, l'imperturbabile calma - scatti di nervi a parte - di Franz, le battutacce di Poppi, l'irrefrenabile loquacità di Loco - soprattutto nei confronti delle fanciulle - e così via.
Errori, terrori e tremori ci attendono in agguato dentro ogni ombra, mentre alla luce del sole o dell'acetilene saremo le vittime designate dei lavori più ingrati e degli zaini più pesanti, duratura vendetta per il tempo perso e il freddo preso da tutti i membri del GSP durante questo corso.
Cominciamo, però, tutto dal principio.
In principio, per l'appunto, c'era una sala stipata di allievi intimoriti e ammirati. Tutti là, in attesa di venire a contatto con la speleologia e con i suoi eroi.
Dopo il quarto d'ora di ritardo accademico (moltiplicato per n volte) in un crescendo di tensione mistica, da una porticina laterale cominciano a far capolino, spinti dalla curiosità, i mitici. Ad uno ad uno si affacciano scrutandoci imperturbabili.
Ma chi ha detto che "gli eroi son tutti giovani e belli"?!
Passato lo shock iniziale, la vita speleo-teorica per un po' ci ha riservato grandi emozioni: migliaia di interessantissime diapositive e di lucidi fantasmagorici accompagnati da strabilianti effetti speciali, grazie al costante aggiornamento tecnologico del gruppo, hanno allietato le nostre esistenze buie, ma soprattutto ci hanno ridato quel po' di sonno rubato durante le notti brave.
La speleo-pratica ha portato invece a scoperte sensazionali: 1) la ciccia è comprimibile; 2) per arrivare ad una grotta bisogna farsi un culo micidiale e ore di autostrada con relativa coda; 3) la claustrofobia esiste; 4) le grotte sono buie, umide, viscide, fangose e tendenzialmente rudi, e gli speleo, buio a parte, pure! 5) esistono molte più bestemmie di quelle che potrebbero essere contenute nella Treccani.
La vera rivelazione però sono stati gli stage che hanno visto in più riprese serali la violenta competizione di tutti contro tutti nel tentativo di raggiungere il più alto livello di autolesionismo possibile. Sebbene i membri del gruppo si siano rivelati depositari di una tradizione secolare in materia, ci siamo nel nostro piccolo ben difesi, non lasciandoci cogliere di sorpresa neanche davanti ai più atavici riti tribali. poiché rimane, nonostante gli sforzi, estremamente difficile collegare sensatamente i ricordi frammentari di quei giorni - e soprattutto di quelle sere - a causa credo della varietà, dei miscugli e non per ultimo delle quantità di sostanze nocive ingurgitate e inalate, lascio a voi l'arduo compito di identificare vittime e colpevoli, peccati e peccatori -
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d'altra parte ognuno ha i suoi scheletri dentro la tenda ed è meglio che restino tradizione orale (verba volant, scripta manent...).
Comunque posso dire con sicurezza che non vi sono state conseguenze permanenti, e che il mondo non potrà neanche per questa volta gioire per la perdita di qualche marcio anarchico sovversivo (in proposito qualcuno mi deve spiegare come mai, orientamento politico-ideologico a parte, il GSP raccoglie solo marci...).
Il tutto si è concluso con un gran baccanale secondo l'ormai nota tradizione GSP-sado-maso, a cui ha gioiosamente partecipato persino il Rotweiler del vicino di casa, cane assai più giudizioso dei molti speleo presenti. (n.b. tutti sono tornati a casa interi per quanto nessuno riesca a ricordarsi, mentre il suddetto cane è stato ricoverato in preda a convulsioni epilettico-depressive).
Così siamo entrati a far parte di questo club esclusivo passando, pressoché indenni, attraverso alle barbariche prove di iniziazione speleo e non... ma chi ce lo ha fatto fare?
Riassunto: le proiezioni ci hanno tolto la gioia di vivere, le attività extra-speleologia hanno fatto proseliti tra i profani e hanno visto la nostra totale adesione e partecipazione, mentre per quanto riguarda la speleologia, in senso stretto, beh... ci attrezzeremo!
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Storie di inizio estate
Introduzione
Luglio 1984. Una sparuta rappresentanza di speleologia torinese, tra cui un già antico Badino e un inesperto Lovera, trascorre una settimana di pura speleologia marguareisiana, comprendente, tra l'altro, una battuta esterna sul Ferà, senza trovare Labassa (rinvenuta di lì a poco dal GSI), e un paio di punte in PB che avrebbero, invece, presto regalato copiosi frutti. La positiva esperienza induce i due a ripromettersi di organizzare annualmente analoghe iniziative.
Luglio 1998. I nostri eroi si accorgono, essendo passati quattordici anni, di essersi distratti un attimo.
Giovanni, Franz, Nicola, Mecu, Max, Enos, Chiaretta, Cagnotto, Ube e il biellese Marco sono, per tempi diversi, transitati dalla Capanna con risultati, come vedrete, discreti. Solai era l'obiettivo principale, ma anche A 27, Fine di Mondo ecc.
Iniziamo dalle piccole cose, innanzitutto i lavori inutili. È stato inutile rivedere il Pozzo dei Gracchi, trenta metri di verticale sul versante meridionale della Palù: chiude ed inoltre era già stato perquisito da Meo e altri un paio di anni fa.
È stato inutile risalire i canalini del Dorso di Mucca, versante Piana Solai, dato che i pochi meandrini chiudono tutti. È stata inutile la centesima visita a Fine di Mondo, il più alto degli ingressi di Pian Ballaur, in quanto l'immensa frana che la chiude è molto al di là delle nostre attuali capacità di scavo nonché delle nostre abitudini.
Di A 27 e Buco del Secchio scriveranno altri; a me invece tocca, una storia di nome Solai.
Trovato nel 1972 da Fighera e soci, il Solai è dal 1975 parte di Piaggia Bella, grazie a un lungo scavo, presto abbandonato dagli uomini e presto nuovamente riempito dalle piene. Doveva essere, nelle intenzioni del grande Claude il "collettore parallelo" al fondo di Piaggia Bella, collettore che, come scoprimmo anni dopo, effettivamente esisteva, e che oggi noi chiamiamo Filologa. Abisso stretto e umido, dopo essersi guadagnato il titolo di quarto ingresso del sistema, il Solai rimase abbandonato a sé stesso. Periferico e otturato, ha ricevuto negli ultimi vent'anni non più di tre o quattro visite, limitandosi a portare al sommo rilievo di PB qualche centinaio di metri di gallerie e pozzi.
Lontano si accanivano gli sforzi per trovare un passaggio che da Piaggia Bella andasse verso Labassa e ancora più lontano, sotto il Ballaur, si svolgevano operazioni che ci avrebbero dato una visione più chiara del sistema.
Dagli scontri inutili sul fondo delle Mastrelle, dalla scoperta della continuità tra Reseaux e Filologa arrivò l'illuminazione: ci manca un fiume, precisamente il proseguimento del torrente dei Piedi Umidi (non emozionatevi, ne manca anche un altro, l'"a monte" del Canyon Torino). Ora il rilievo ci insegna che la continuazione dei PU passa per il Solai.
Giustamente tra queste considerazioni e la fase esecutiva sono passati quel paio di anni necessari per comprare i secchi. In mezzo un vigoroso tentativo giavenese di scavare nella roccia un passaggio sopra il sifone. Quindi in questo luglio 98 l'attacco dal fondo di PB, partendo dall'attacco al Solai.
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Due comode punte sono state sufficienti, in totale sei ore di scavo e trecentotrentatré secchiate, per riaprire il condotto; la terza, altrettanto rilassata, è servita per le rifiniture e l'inizio dei lavori in un secondo cunicolo, percorribile ma disagevole. Tra il primo e il secondo scavo, una grande freatico, una corrente d'aria forsennata e un pozzo, assai promettente, risalito per una ventina di metri.
A conclusione della vicenda, breve ma significativa, alcune note si rendono doverose. Abbiamo affrontato positivamente uno dei pochi scavi ipogei compiuti dal Gsp (attività tradizionalmente ostica e trascurata) in tempi brevissimi e con grande efficienza, tanto da far riflettere su altri lavori che qua è là attendono da tempo, considerati proibitivi.
Scavare, quando possibile, su grosse sezioni (circa un metro e mezzo di diametro), rende il lavoro più agevole e comunque assai più rapido.
A conferma del fatto che viviamo in un paese cattolico, il condotto, svuotato dalla sabbia che lo occupava, è stato prontamente, al primo temporale, occupato da una notevole quantità d'acqua, che renderà necessaria un'ulteriore opera di svuotamento.
Il resto della storia, la riesplorazione della Garçonniere du Visconte, riguarderà l'attività autunnale, non appena la neve, bloccando la strada, ci chiuderà l'accesso del nuovo parco giochi, il Cappa (leggete il prossimo numero di Grotte), di questa ottima estate marguareisiana.
Ube Lovera
A27: una grotta dimenticata
Uno degli obiettivi specifici di questa felice clausura marguareisiana consisteva nel rivedere una grottina data per chiusa a meno quaranta, siglata A27, e posta dietro la montagna di Caracas, nel canalino che dalla zona A scende alla valletta dei pensieri. L'avevo già vista durante il campo con Giaveno, nel '93, ma la giunzione PB - Filologa allora assorbiva il nostro interesse (e le nostre batterie in risalita). Ricordo che avevamo notato il buon posizionamento dell'ingresso, proprio sul contatto fra calcare grigio e calcare bianco e il nevaio vicino faceva pensare a discrete masse d'acqua in periodo di scioglimento. Poi ci erano andati Nicola e Giovanni (Milanese e Badino) qualche tempo fa e si erano fermati su una strettoia da disostruire togliendo pietroni.
Oggi siamo in tre: Nicola, Marcolino, il biellese più brutto del mondo, e l'adone che scrive.
Arriviamo dunque all'ingresso attrezzati esageratamente, con tanto di argano a mano (quell'oggetto che il volgo chiama inspiegabilmente "TIRFOR" e che sarebbe troppo bello fosse l'acronimo di "tira-forte"...), ma ancora non soddisfatti decidiamo che anche il trapano potrebbe essere utile. Gioco delle pagliuzze e Nicola vince un altro viaggio in Capanna...
Arriviamo alla strettoia dopo esserci infilati già da prima nello stretto, proprio in corrispondenza di un gradevole stillicidio. Riesco ovviamente a farmi centrare il collo e suscito perplessità nei miei compari urlando di piacere per il lungo brivido che scorre giù per la schiena. Vorrei essere altrove. ..
Mentre Nick è già lì che smuove pietre noto che, in basso e leggermente tornando indietro, la spaccatura in cui siamo entrati continua, e mi ci infilo scendendo per una decina di metri in un colatoio un po' più largo, fino a giungere ad una minuscola
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saletta. Oh guarda, un buchetto nel pavimento. ..Oh guarda, la pietra cade per una decina di metri... Oh guarda, cos'è questa improvvisa tachicardia?
Chiamo gli altri e scavo fino ad aprire un ragionevole passaggio, poi Marcolino mi da' sicurezza, non nel senso che diventa meno inquietante, ma perché mi ci attacco per scendere... Per poco comunque: spit e giù per una decina di metri in un ambiente di dimensioni dignitose (per Nicola è ovviamente un salone). Sul fondo sembra chiuso da frana, ma verso monte una strettoia manda un filo d'aria. Mi tolgo tutto, ma la mamma mi ha fatto cinghiale e dunque non passo. Nicola, notoriamente, invece sì...
Mentre vanamente smartello la strettoia l'infame affetto da microsomia saltella in un ambiente vasto (per lui, ma anche per me), fino all'orlo di un pozzo: le corde son finite e la pietra in quel momento dice quaranta (in capanna la sua eco ancora in testa dirà trenta). Non importa quanto sia, l'importante è che continui. La cosa più bella è che risalendo mi accorgo che dalla partenza del pozzetto, spostandosi leggermente dove era meno evidente, si giunge alla sommità dell'ambiente dove si agita il nano, ancora in preda a convulsioni. Dunque anche la strettoia si "baipassa" dall'alto.
Usciamo carichi di inutile gloria, ma soprattutto degli inutili ammennicoli che saggiamente ci siamo portati sin qui.
E le tenebre coprivano
La superficie dell'abisso.
Genesi.
Franz Vacchiano
Arrampicare lungo le vie dell'acqua (foto A. Eusebio)
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Il buco del secchio
In cinque giorni si riesce a girare parecchio e anche il buco del Secchio è stato visitato più volte.
L'ingresso di questa grotta, trovato nel 1994, si trova sul Ballaur, vicino alla dolina di C1, e quindi sul versante che guarda la zona omega. Dopo 3 metri in arrampicata si arriva in una saletta con la prima strettoia, che è stata passata grazie ad un lungo lavoro di disostruzione durato ben 3 anni. Dietro, un saltino di 4 metri, quindi un passaggio basso nel terriccio che porta ad un terrazzino.
Paolo, Mecu ed io, subito dopo aver superato la strettoia, ci ritroviamo su questo terrazzino guardando il salto che segue. Getto una pietra per sentire cosa dice il pozzo: "tump, tump, toc, splash" Dice. "splash, acqua in cima al Ballaur?". Siamo sorpresi, non ci aspettavamo proprio uno splash, quindi riproviamo. Paolo prende un'altra pietra, la lancia e "tump, tump, toc, splash". Di nuovo, di nuovo splash, " ma allora è vero, lì sotto c'è dell'acqua". Scendo il saltino di 5-6 metri, sotto un meandro, largo 2 metri, con il pavimento in frana che scende inclinato. Proseguo per 10 metri, qui il meandro si stringe e compie una brusca curva a sinistra, quindi una curva a destra e un passaggio largo 10 centimetri, intasato da detrito che conduce ad un pozzo. "Dov'è l'acqua?" mi chiedo. Mi giro e ammutolisco, vedo una corda e un secchio con dentro due sassi e un po' d'acqua.
Con questo è spiegato il nome della grotta e il lavoro da effettuare in questi giorni, mentre rimane insoluto il mistero della corda e del secchio. La prima strettoia era molto, ma molto, stretta, "forse" passabile ("Icaro" dice Andrea), altrimenti un secondo ingresso che si è chiuso, possibile anche questo.
Venerdì entro con Franz, intenzionati a passare, ma mentre Franz è sdraiato nella strettoia per allargare, la frana decide di muoversi. Avverto Franz del problema. Terriccio, pietre e pietroni si muovono e vanno a riempire la saletta che avevamo scavato per stare tranquillamente seduti. "Ok, si ricomincia". Piantiamo due fix su altrettanti massi, che nelle nostre intenzioni dovrebbero costruire una diga per impedire alla frana di muoversi ancora. Non ci fidiamo molto, quindi decidiamo di allargare ancora, per poter star più tranquilli. Quando ci stufiamo non si passa ancora.
La domenica è il turno di Mecu e Max arrivati sabato da Torino. Dopo aver verificato la resistenza della diga di sassi, iniziano e concludono il lavoro. Ora si passa, ma decidono che la strettoia merita lo stesso ancora un po' di sudore e non scendono il pozzo successivo.
N.B. Ci sono tornato, qualche domenica dopo con Alice. Abbiamo allargato ancora un po', e quindi sceso il pozzo, 18 metri circa. In fondo in
Nicola prima della cura
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alto una conoide di detrito porta verso un'arrampicatina di 2 metri. Da qui parte una frattura, passabile spostando sassi, che aspira tutta l'aria della grotta. Ci ritorneremo, o no.
Nicola Milanese
PB - Kh. P.
Ecco la pass-word, il terzo millennio è dietro l'ultima strettoia. Digitare PB-Kh.P., scriverlo sulla sabbia o inciderlo con il piantaspit; Piaggia Bella - Khiber Pass, il fotoforo si espande in una sfera di luce, e di là "cose che voi speleo potete soltanto immaginare".
Il 28 maggio Gigi, Igor, Cesco ed io entriamo a PB per tornare nei rami di Khiber Pass che mai sono stati rilevati, zone di cui addirittura nessuno conosce la storia; quindi con Igor gli ho dato un nome, il Delirio, un lungo tubo ventoso, inclinato, a cui abbiamo forzato le strettoie oltre il vecchio fondo, che aspetta solo il rilievo per capire da quali zone prende quell'aria violenta.
Poi, diametralmente opposta, una risalita di 2 m ed una galleriotta che spigolosa sale, oltre un piccolo diaframma da far saltare; la risalita del punzone di Loco, piantato da Cesco e lì rimasto, quasi ad indicare la strada, solitario nel buio di color arancione.
La pass-word e data, l'accesso al sistema e consentito?
Alberto Cotti
P.b. - Khyber Pass - Delirio - schizzo esplorativo
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Matajur (Z15)
Pierclaudio Oddoni (Cagnotto)
Raggiunto Limone Piemonte (Cuneo 1080 m) si prosegue verso la seggiovia del Cros, si continua per Casali Braia fino a incontrare uno sterrato (dove si lasciano le auto). Sulla sinistra scorre il torrente Almellina, alimentato in parte dalle acque della Barmassa (1470 m) che è una delle risorgenze di questa zona, situata nel vallone della Gorgiassa.
Risalendo l'Almellina incontriamo i Casali Braia, li superiamo continuando a salire fino a raggiungere un grande anfiteatro sul quale torreggiano maestosi (da sinistra): la cima dello Jurin (2192 m), il vallone del Cros (dove c'è una risorgenza a 1590 m) e cima della Fascia (2495 m) alla quale si può accedere risalendo il vallone del Cros.
Entrando nella conca si prosegue sulla sinistra, seguendo il tracciato di uno skilift, al termine del quale inizia un ripido sentiero. Lo percorriamo fino a incontrare e costeggiare la parte alta del canyon della Gorgiassa. Al termine del canalone (nel quale sono conosciute alcune grotte) si apre davanti a noi una conca con evidenti segni di carsismo superficiale.
Si nota un rudere in pietra a secco di vecchio gias (1800 m) attraversato dal sentiero che sale sulla sinistra verso la dorsale che divide la Valle Vermenagna dalla Valle Pesio; sempre seguendo sul sentiero per un tratto (200 m di dislivello circa) raggiungiamo l'ingresso di Matajur (Z15) a circa 2000 m, che si apre ai piedi di un grosso affioramento roccioso ben visibile, entrando nella conca, in alto a sinistra.
La scoperta di questa cavità risale a metà degli anni '80. Le esplorazioni si erano fermate davanti a una fessura con aria forte.
Nel giugno '96 viene forzata la strettoia, ci troviamo quindi a esplorare una grotta con andamento verticale; un pozzo da 7 m ci separa dalla
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"buca delle lettere". Dopo averla superata si apre davanti a noi una saletta dalla quale partono due pozzi (8 e 5 m) che ci conducono al baratro: un pozzo da 80 m dove si possono notare alcune "finestre", seguito da un altro da 6 m e infine da un pozzo da 30 chiuso da detrito.
La prosecuzione più ovvia è prendere la finestra più vicina risalendo per 15 m dal fondo dell'80, siamo su un pozzo parallelo di 8 m dal quale si diramano altri due salti verticali: un pozzo da 6 m, chiuso da una fessura e uno da 40 m che accede a una sala (sala Sbo).
Un nuovo pozzo attende al di là di una strettoia: è un 15 m intervallato da una cengia, che prosegue su una verticale di 30 m terminante su terrazzino. Da questo parte l'ennesimo pozzo (30 m); il fondo è una sala dalla quale parte un salto di 10 m, chiuso da detrito. Vi sono dei grossi pozzi ascendenti, uno è stato risalito per una decina di metri, sarebbe interessante continuare la risalita.
Vi sono comunque numerose cose ancora da vedere in tutto lo sviluppo della grotta; probabilmente questo abisso potrebbe darci ancora grandi sorprese.
"Ricordi Matajur"
La storia di Matajur comincia nel 1986 quando Cagnotto & co trovarono sullo Jurin, sopra Limone Piemonte, un ingresso a 2000m con forte aria soffiante e si fermarono prima di una strettoia. Dieci anni dopo Cagnotto decise di provare a forzare quella strettoia. Con Claudio, Paolo e Cristina, ci andai anch'io. Passammo la strettoia, e venne trovato un gran pozzo. Ero uscito dal corso da un paio di settimane, e quindi Matajur divenne la mia meta preferita, praticamente quell'anno vidi "quasi" solo questa grotta.
Tutto questo due anni fa, quindi ricostruire un rilievo, non è facile. I dati che abbiamo arrivano solo in Sala Sbo (-145metri). Il resto della grotta è stato esplorato da Valentina, Marilia, Igor e me nell'ultima settimana del settembre 1996. Poi, per vari motivi, il resto del rilievo non è stato mai fatto. Perciò, da quel punto in poi ho ricostruito la topografia della grotta con la memoria e gli occhi di un ex-allievo, quindi le misure e le direzioni sono sicuramente errate, ma posso assicurare che i pozzi ci sono e che la grotta non è ancora chiusa.
Nicola Milanese
Carta topografica con la posizione di Matajur
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Abisso Matajur (Z15) - rilievo in parte schematico
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Qualcosa di nuovo dalla Val d'Inferno
Attilio Eusebio
L'esplorazione della grotta del Tao riapre una porta su quello che è nell'ambiente speleo viene chiamato il "Sistema della Valdinferno", intendendo con questo termine il vasto complesso di grotte che si sviluppa dall'omonima valle fino alla destra orografica della Val Tanaro.
La storia delle esplorazioni in zona si perde nella notte dei tempi e recentemente, sebbene le potenzialità fossero ancora elevate, l'area era stata dimenticata.
Storia delle esplorazioni
Le prime osservazioni sui fenomeni carsici della zona furono effettuate all'inizio del secolo da vari autori ma solo l'onnipresente Capello nel 1950-52 descrisse in modo organico alcune delle più importanti e vistose cavità della dorsale Rocca d'Orse - M. Antoroto.
Alcuni anni dopo (1956-60) Re e Odasso, compirono in varie estati, molte prospezioni che per quei tempi furono notevoli, Re così contattò il GSP che incominciò ad interessarsi dell'area e raggiunse nel Garbo dell'Omo inferiore quella che è stata la massima profondità della zona.
Da allora pochi e per poco tempo si sono interessati all'area, le scarse battute hanno dato scarsi risultati e solo l'Omo inferiore vedeva ripetitori che periodicamente lo percorrevano senza aggiungere nulla o molto poco, alla conoscenza speleologica dell'area. Nell'altalena degli alti e bassi nel 1982 il GSP intraprese la risalita di un fangoso ramo laterale (Ramo degli sciacalli) che condusse in una serie di condotte forzate chiuse, senza speranza, da sifone.
Nella primavera dell'84 la zona venne rivista in toto, ben presto venne trovata la prosecuzione al Garbo della Donna Selvaggia che condusse attraverso antiche condotte freatiche al fondo di -195. Negli anni successivi il GSP compie ancora una serie di risalite all'Omo trovando una serie di nuovi rami ascendenti portando la grotta ad oltre 1500 metri di sviluppo per 171 metri di dislivello; ancora il GSP prima e il GSG poi forzano la strettoia finale della Donna Selvaggia raggiungendo l'attuale fondo a -259 nel 1993. Da allora, nonostante alcune uscite nulla di rilevante fino al Tao...
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Ubicazione dell'Arma del Tao, i numeri con i pallini riportano l'ubicazione ed il n° di catasto delle altre grotte della zona
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Morfologia e geografia
La Valdinferno, in provincia di Cuneo, è una piccola valle laterale all'alta Val Tanaro, situata nel comune di Garessio. La vallata è orientata con asse circa W-E ed occupa un'area approssimativa di 10 km². Essa è limitata a Sud dalla dorsale Rocca d'Orse - M. Antoroto, a Est dalla Val Tanaro, a Nord e ad Ovest dalla dorsale M. Antoroto - M. Berlino - Costa di Maggio.
Il versante idrografico destro, dove affiora la serie carbonatica, ha morfologia a balze con accentuate pendenze, mentre il versante sinistro, per lo più quarziti, presenta morfologie più dolci. Una profonda impronta glaciale è riconoscibile dalle caratteristiche delle zone più in quota e lungo la vallata sono presenti terrazzi glaciali fortemente incisi dall'attuale torrente di fondovalle.
Carsismo
Il fenomeno carsico è localizzato ad una quota compresa tra i 1000 ed i 1900 metri e presenta le caratteristiche del carso di media quota tipico delle Alpi Liguri. Le rocce calcaree affioranti presentano infatti fenomeni carsici superficiali poco evidenti, e il carso è quasi sempre coperto da coltre erbosa e da detriti derivanti dagli effetti della gelifrazione.
La morfologia attuale della Cresta di Rocca d'Orse - M. Antoroto è caratterizzata da un versante Sud a franapoggio (quello dove si apre il Tao) mentre i versanti Nord sono costituiti da balze e ripidi pendii con accentuati fenomeni di arretramento del
Arma del Tao - pianta
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versante (Garbo dell'Omo inf. e Donna Selvaggia). Questi mettono in evidenza la presenza di un importante sistema carsico ormai smantellato. Testimonianza di questo, sono le imponenti condotte freatiche visibili nelle falesie calcaree, alcune delle quali percorribili per lunghi tratti, altre chiuse dopo pochi metri da concrezioni e detrito.
La presenza di queste numerose cavità, ultima in ordine di tempo la grotta del Tao, localizzate circa alla stessa quota, con evidenti morfologie a pieno carico, consente di ipotizzare l'esistenza, in questa zona, di un carsismo profondo ormai fossile posto circa 300 m più in alto degli attuali livelli di base.
Caratteristici dell'antico sistema sono i condotti freatici semicircolari di grandi dimensioni (diametro 5-6 m) ad andamento subverticale, con forme di corrosione tipiche, lungo i quali l'acqua scorreva probabilmente da Nord verso Sud. La presenza di una importante dislocazione fragile lungo l'asse della valle attuale ha certamente favorito il drenaggio delle acque dalle zone impermeabili site più a Nord verso il massiccio calcareo. L'esistenza in quest'area di relitti di complessi sistemi carsici profondi, posti a quote elevate rispetto agli attuali fondovalle, è collegabile alle osservazioni svolte in altri massicci delle Alpi Liguri.
Nelle cavità della Valdinferno gli approfondimenti recenti sono di scarsa importanza speleogenetica e per lo più costituiti da pozzi impostati su evidenti diaclasi in corrispondenza di arrivi secondari che intersecano l'antica rete freatica.
I limiti dell'antico sistema carsico della Valdinferno sono maldefiniti, le cavità presenti costituiscono infatti solo alcuni relitti dell'intero complesso, ormai in parte smantellato o occluso da concrezioni e depositi clastici. L'attuale circolazione delle acque sotterranee è limitata a poche cavità e solo nell'Omo inferiore si ritrovano due piccoli corsi d'acqua. Le risorgenze conosciute sono localizzate lungo l'alveo del rio Garella dove affiorano le acque della cavità prima descritta e lungo la Val Tanaro dove, nei pressi dell'abitato di Trappa, sembrano esistere alcune sorgenti in subalveo. Queste ultime rappresentano, con ogni probabilità, le risorgenze del Tao circa 600 metri più in basso dell'ingresso.
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Il Tao
Valentina Marchionni & Davide Salaspini
Vediamo un po'! Di solito in questo posto ci vado quando c'è il corso, Donna Selvaggia, Arma del Grai mete ormai da depliant turistico. Ma lei, l'umile e dolce valle, non se la prende, sa che prima o poi, per una visita esplorativa, qualcuno la viene a trovare. Quando la neve e il freddo impediscono a noi, masochisti esploratori del sottosuolo, di raggiungere le cavità più care, quelle a otto ore di marcia, l'impavido Meo rivolge il suo sguardo verso il basso e dice: "Là, sotto la Val d'Inferno, c'è qualcosa di grosso!". Noi lo ascoltiamo come si ascoltano gli anziani, senza attenzione, pur sapendo
che o lo accompagniamo o ci va da solo e se poi va da solo torna con storie talmente fantastiche da obbligarci ad andare. Quindi, all'inizio di Aprile, evitando a priori gli onirici racconti dell'ormai Prof. Vigna, lo seguiamo alla ricerca di buchi intravisti in Marzo da Meo, Tierra Family, Franz e Alby. La nostra attenzione viene attirata da un buco con molta aria ma da disostruire, situato in mezzo a 2 incisioni vallive a Nord-Ovest dell'Arma dei Grai a quota 1250 m s.l.m.
La prima punta permette di disostruire due strettoie iniziali, di trovarsi su un P20 senza corde e di battezzare la grotta "Arma del Tao". Le punte successive, concluse a metà Maggio, permettono di approfondirsi fino a -114 m, di lasciare in sospeso qualche lavoretto di disostruzione al fondo e di ritenersi comunque abbastanza soddisfatti della primaverile esplorazione (se son rose fioriranno).
Descrizione della cavità
Partendo da Eca, dopo mezzora di camminata (e mi sembra un sogno) si raggiunge l'ingresso della grotta, questo si presenta ampio (2 m di diametro); un saltino di un paio di metri permette di scendere in una saletta, di 1.5 m di altezza e 4 m di lunghezza, che finisce in una strettoia verticale con forte aria prevalentemente aspirante. Trattenendo il fiato ci si lascia scivolare in un ambiente di ridotte dimensioni che collega ad una seconda strettoia orizzontale e sinuosa; oltrepassata questa si fa capolino su di uno scivolo di 5 m di lunghezza, da qui gli ambienti cominciano a presentarsi particolarmente concrezionati. Al fondo dello scivolo si monta il discensore e si scende un P4 ritrovandosi sul Pol-Poz. Questo pozzo, pur essendo un miserabile P20, diventa un'arma letale se chi scende osa solo starnutire; un armo complicato ma necessario permette di posizionarsi nel vuoto proprio sulla sommità, trattenendo il fiato si comin-
Davide e Valentina in una loro performance
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Arma del Tao - sezione
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cia a scendere, guardandosi attorno si vede un'unica frana che, per un diabolico mistero strutturale, rimane, usando un eufemismo, stabile.
Al fondo ci si mette in salvo passando al di là di un passaggio un po' stretto e si urla: "Libera! ma con calma per favore!!", qui gli ambienti diventano sempre più ampi e testimoniano un carsismo molto antico, grandi concrezioni e colate di calcite bloccano passaggi ed eventuali finestre.
Si rimonta il discensore, si scende un P6 e ci si ritrova, a -50 m dall'ingresso, davanti a un lago di ridotte dimensioni da attraversare; qui il livello dell'acqua può alzarsi anche di 1 m in pochi giorni infatti, l'armo alto (altezza Mecu) è stato ritrovato completamente a mollo dopo una settimana.
Al di là dello specchio acquatico la grotta prosegue con una saletta addobbata da canne d'organo che finisce su un terrazzino, un paio di metri prima, sulla destra, si nota una condotta a 2 m di altezza che, proseguendo nello stretto, riconduce al P30. Il terrazzo si affaccia su un P15 a metà del quale si trova un bivio che porta, attraversando una breve strettoia, su di uno scivolo di calcite che finisce sul P30 già citato. Questo pozzo, di notevoli dimensioni (5-6 m di diametro) e caratterizzato da forte stillicidio, presenta dopo 15 m di discesa una finestra, questa porta ad una condotta orizzontale di 80 cm di diametro, percorribile per una decina di metri prima che il passaggio venga ostruito da concrezioni oltre le quali si intravede una possibile continuazione.
Il fondo del pozzo è caratterizzato da materiale franoso di grandi dimensioni; infilandosi nella frana si giunge ad un ambiente particolarmente complicato caratterizzato da un reticolo di saltini (da scendere in arrampicata) e passaggi orizzontali; dopo 20 m di discesa si arriva al sifone finale; 7 m al di sopra del sifone si trova una saletta che finisce in una stretta frattura, da disostruire, entro la quale sembra confluire la poca aria rimasta. Questa sembra essere l'unica speranza di by passare superiormente il sifone e di trovare una possibile continuazione della grotta.
Proseguendo invece il P15 si giunge, lungo un fangoso scivolo, al fondo di un vasto ambiente. Qui si hanno due possibilità, risalendo un mammellone di calcite si prosegue per 4-5 m in una stretta galleria che chiude inesorabilmente; scendendo invece un P5 ci si trova in un'ampia sala (5-6 m di altezza e 12 m di lunghezza) da fondo melmoso, testimonianza di una recente presenza di acqua. Tale ambiente si affaccia su un ulteriore sifone che lascia intravedere, nel caso di una diminuzione del regime idrico, una possibile prosecuzione effettuabile però solo da amanti dell'acqua.
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Spedizione Mexico '98 de "La Venta"
Adriano Gaydou
La spedizione Mexico '98, organizzata dall'Associazione "La Venta", si è svolta in Chiapas in due fasi distinte. Nella prima era previsto il raggiungimento e l'esplorazione del famoso Ombligo do mundo, pozzo enorme e misterioso, e della Cueva de Tepesquinte.
Queste due cavità, una totalmente inesplorata e l'altra vista in modo sommario l'anno scorso, sono posizionate lungo una linea idrogeologica molto importante, grosso modo orientata NE -SW, che avrebbe potuto dare accesso ad un collettore ipogeo probabilmente di una ventina di chilometri di sviluppo. Alcune colorazioni, eseguite durante le spedizioni precedenti, hanno confermato questa ipotesi. L'area operativa è collocata al centro della selva "El Ocote", una foresta tropicale che, secondo fonti ufficiali, è ancora in parte inesplorata e di non facile accesso.
Nella seconda fase della spedizione era previsto l'appoggio degli speleologi al gruppo archeologico operante nella zona della Lopez Mateos, per lavori di rilievo topografico e per la visita di alcune cuevas (grotte) parzialmente conosciute e da rivedere, oltre che da documentare fotograficamente, in funzione di un libro che illustrerà il "Progetto Rio la Venta". L'area di lavoro della seconda fase era situata nelle vicinanze del villaggio indio di Lopez Mateos, nella selva a sinistra del canyon del rio la Venta.
La prima preoccupazione sulla fattibilità del programma era dovuta alle decine di grossi incendi (rigorosamente dolosi) che hanno devastato l'intera foresta. Questo fatto avrebbe potuto pregiudicare l'accesso alle zone operative e soprattutto la sicurezza delle squadre speleologiche. Fortunatamente l'unico danno subito da parte del fuoco è stata la distruzione del ponte radio al Cerro la Colmena, che ha determinato l'isolamento radio di tutte le squadre per molti giorni.
Nella selva El Ocote eravamo divisi in due gruppi: uno al campo dei frijoles (fagioli), raggiunto da uomini e materiali con l'ausilio (comodo) dell'elicottero. Da questo campo è partita la squadra di punta, composta da Tono de Vivo, Paco Mendez, "el diablo" e due picadores, che si sono aperti la strada nella foresta con dieci giorni di marce forzate, a suon di machete e risalite su karren affilatissimi, alti 20 m con difficoltà di IV grado, per superare quei sette chilometri che li separavano dall'Ombligo du Mundo.
Data l'assenza del contatto radio, l'unica forma di collegamento con la squadra al campo dei frijoles era data dall'indio chiamato el diablo, che faceva continuamente la spola con messaggi ed acqua. Finalmente, raggiunto l'Ombligo, lo hanno disceso, ma l'amara sorpresa, secondo quanto riferito, è
Bestia su bestia (foto A. Gaydou)
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Spedizione "La Venta" Messico 98 - schema operativo
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stata una grossa frana sul fondo che preclude l'accesso al collettore.
Per l'altro gruppo, dove ero io, l'accesso al campo e alla grotta è stato un po' meno comodo, iniziando con una traversata su piroga a motore del lago Malpaso, inalando il fumo degli incendi, poi una deliziosa cavalcata sulle colline, di quattro ore, con poca acqua e mucho calor (38°) e soprattutto con morbide selle messicane in legno spaccaschiena, quindi, per terminare, un'amena discesa nella valle cieca ove si apre la Cueva del Tepesquinte. Doppio carico a testa ed antenna radio per me, e via lungo una discesa verticale, nella selva in mezzo a tronchi enormi abbattuti, liane di tutte le dimensioni, ramaglia varia condita in abbondanza da tzitzum (chichones), palme spinose pericolosissime, il tutto nell'habitat preferito dalle nauyacas e dal corallo (cascavel tropical), serpenti velenosissimi molto temuti dagli indios.
Disidratati e sconvolti, abbiamo raggiunto l'ingresso della Tepesquinte, sede del campo (avamposto degli uomini perduti).
Abbiamo subito iniziato le esplorazioni e i rilievi. La grotta si sviluppa lungo una faglia, grosso modo orientata NE -SW, iniziando con un enorme salone lungo 200 m per 30 d'altezza, quindi si entra in un'ampia galleria lunga circa 800 m che porta ad un pozzo ascendente (2° ingresso) al fondo di una dolina raggiunta successivamente dall'esterno. Proseguendo in galleria si scende un saltino arrampicabile sulla destra, che porta al ramo attivo, con relativamente poca acqua, anche se i segni sulle pareti ci parlano di ciò che avviene durante le piene eccezionali. La struttura è quella tipica di una forra di medie dimensioni (2-3 m di larghezza). Un altro salto arrampicabile, ancora a destra, fa scendere in una seconda forra, con molta acqua, che porta ad un bivio a sinistra, dove si risale un meandro fangosissimo. Una risalita di 5 m porta ad un altro meandro, diretto ad un pozzo da 85 m. L'armo di questo pozzo è stato complicato dalla struttura fittamente stratificata del calcare, che presenta innumerevoli lame di roccia infida. Dopo il P85 un altro saltino di 15 m porta finalmente al collettore, ampio e con una buona portata, ma purtroppo sbarrato dopo pochi metri, sia a monte che a valle, da due grossi sifoni intransitabili senza bombole. Durante la discesa del P85 si è verificato un incidente, per fortuna non grave, che ha evidenziato la precarietà della nostra situazione.
Tornati al bivio di partenza abbiamo continuato lungo il ramo dell'acqua, fino a raggiungere un terzo salto arrampicabile, disceso il quale, dopo pochi metri abbiamo raggiunto un'immensa sala (sala del granchio) di 230 m di lunghezza per circa 60 di altezza e 50 di larghezza. Le pareti di questa sala sono perfettamente verticali e fittamente stratificate lungo tutta l'altezza della parete. Gli strati sedimentari, rigorosamente orizzontali, hanno una potenza variabile tra i 2 e i 6 cm; inoltre a circa tre quarti dal fondo vi è una grossa soglia, alta circa 20 m, anch'essa verticale, che spiega la genesi del salone. L'erosione provocata dal sottostante sistema freatico, ha portato all'ampliamento delle gallerie e quindi il peso della roccia sovrastante ha determinato lo sprofondamento del salone stesso.
Durante tutta la permanenza in questa grotta, abbiamo esplorato e rilevato quanto possibile; ho inoltre eseguito una serie completa di rilevamenti termici (aria e acqua), richiesti dal programma di studio idrogeologico della regione.
Per i biospeleologi da segnalare la presenza di pesci gatto nel collettore, di grossi granchi in varie pozze e nel salone del granchio, di grosse colonie di pipistrelli (murcielagos) con 30 cm di apertura alare, di enormi amblipigi, innocui ma dall'aspetto terrificante, larghi una buona spanna, quindi ragni e cavallette a volontà.
L'attività esterna implicava la solita passeggiata mattutina con radio ed antenna
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lunga, per cercare disperatamente notizie degli altri. Per cinque giorni il silenzio radio è stato totale, fino a che un amico dall'altro campo, con guida e un giorno di marcia nella selva, ci ha raggiunti portandoci nuovi codici di chiamata radio e la notizia che Tono con un'epica impresa era riuscito a raggiungere l'Ombligo.
Per terminare, abbiamo anche pensato di effettuare una battuta nella dolina che ci ospitava. In una giornata di lavoro abbiamo esplorato circa un chilometro di fronte, nonostante che la foresta, specie sui lati della dolina, si presentasse intricatissima e complicata da lapiaz affilatissimi, alti una decina di metri, e da una buona concentrazione dei soliti chichones micidiali. Siamo comunque riusciti a trovare due grossi pozzi, valutati sui 40 m di profondità, assolutamente inesplorati. Dopo averli posizionati con il GPS, per la mancanza di materiali e tempo siamo tornati indietro.
Ritornati a Tuxla per un breve riposo, via per la seconda fase della spedizione, fortunatamente più morbida della precedente, nell'area del villaggio di Lopez Mateos.
Per iniziare abbiamo dedicato un paio di giorni al nostro archeologo Davide Domenici che, accompagnato dalla guida Efraim, ci ha portato su di una collinetta a poca distanza dal villaggio, ove dovevamo completare il lavoro di rilievo, iniziato dalle precedenti squadre. Si è trattato di ripulire il fianco della collina, a suon di machete, dove si trovavano un tempietto e numerose strutture zoque, vecchie di circa 1000 anni, e quindi di rilevarle topograficamente. Durante questo lavoro Efraim è stato aggredito da un vespaio, nascosto in un tronco cavo; se l'è cavata con un bel po' di punture, prontamente curate con ammoniaca, e con un bello spavento.
Secondo Davide, ciò che abbiamo visto è quello che rimane della più grossa città zoque di quel tempo e sicuramente la più importante, dato che nel raggio di pochi chilometri esistono altre sette città, più piccole ma comunque coeve della Lopez.
Finito il lavoro arkeo siamo tornati in grotta per rilievi, documentazione fotografica e ricerche biospeleologiche. Sono riuscito così a visitare la cueva Vasco Torres, la cueva del Sauze, le due cuevas del rio Osman, bellissime ma un po' umide, dato che si camminava con l'acqua sino al mento, le cuevas di Ejdal e la cueva di Naranca (ricerche biospeleologiche). Da notare che, in alcune di queste cuevas, abbiamo visto resti di antico vasellame, anche a notevole profondità e distanza dall'ingresso,
Al riparo in un grottone (foto A. Gaydou)
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segno evidente che gli antichi zoque sono stati i primi esploratori di queste grotte, che forse frequentavano per riti religiosi o per reperirvi acqua potabile.
L'unico vero problema, in questa zona, oltre ai soliti serpenti velenosi, alle lucertole velenose in grotta (nauyachitas) e alle piante urticanti (chaya), era rappresentato dalle decine di grossi incendi dolosi, che rendevano l'aria irrespirabile fin dentro le grotte (nella cueva di Ejdal abbiamo rischiato l'asfissia, dato che un incendio era a circa 50 metri dall'entrata della grotta).
Per terminare, devo dire che dobbiamo molto all'abilità professionale e alla disponibilità delle nostre guide zoque (popolo indio ciapaneco), el señor Osman e señor Efraim, che ci hanno permesso di raggiungere, nella selva, dei posti per noi altrimenti irraggiungibili, e che quindi ritengo doveroso ringraziare in questa sede.
Le impressioni di un partecipante occasionale
Non entrerò nei dettagli commerciali, socio-politici e culturali dell'associazione La Venta, perché non li conosco e non mi interessano ma, vedendo dall'esterno il lavoro svolto da questo gruppo interregionale di speleologi, devo dire che mi sono trovato davanti ad una notevole efficienza ed una grande preparazione, da parte di tutti, compatibilmente con la propria specializzazione professionale all'interno del gruppo; non solo, ma anche nelle situazioni della vita comune, di tutti i giorni, vi è sempre stata la massima disponibilità di ogni partecipante, anche per i lavori più umili o antipatici, tipo lavare i piatti o fare la corvée con l'antenna radio.
Naturalmente non tutto è perfetto e qualche critica bisogna pur farla, specialmente a chi ha scelto la dieta alimentare della spedizione. D'accordo che non si possono pretendere manicaretti e vino doc, ma i liofilizzati scaduti da molti anni, con sapore di polistirolo, sono decisamente peggio di ciò che si trova nelle mense aziendali. Proporrei a La Venta di buttare quella robaccia e sostituirla con prodotti più moderni e soprattutto variati.
Ad un altro "supertecnico" suggerirei di buttare il GPS, che ha trovato nel fustino del Dixan, e acquistarne uno vero, imparando soprattutto ad usarlo, dato che un punto UTM errato di una ventina di chilometri non credo che vada molto bene, e poi i laghi in salita non esistono.
Tornando alle cose serie, non devo dimenticare gli amici speleologi di Tuxla Gutierrez, che si sono fatti in quattro per noi. È vero che in Chiapas vi sono pochissimi speleologi, riuniti nel gruppo Vaxakmen (dalla lingua tzotzil "señor de las cuevas"), ma quei pochi ci sanno veramente fare, soprattutto Jorge Paz Tenorio, geografo dell'UNICACH (Università di Tuxla) e presidente del gruppo, sempre prodigo di utilissime informazioni e sempre pronto all'azione. Un altro elemento di punta è Paco Mendez, che a detta dei suoi amici (e c'è da crederci) è il migliore speleologo del Messico. Da un punto di vista umano, Paco è un personaggio simpaticissimo e casinista, molto ricercato dalle señoritas e señoras (e dai mariti). Non ne perde una!
Non dimentichiamo Maria Carmen Ruiz, gran bella donna, simpaticissima e con un cuore grande così. Queste in sintesi le mie impressioni, ma volendo potrei riempire pagine intere su quanto ho visto. Non mi pare il caso di annoiarvi più di tanto.
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Attivita' biospeleologica 1997
Achille Casale, PierMauro Giachino, Enrico Lana
Siamo ancora in tre a presentare l'attività biospeleologica svolta nel 1997: segno che gli anni, le grane, e qualche acciacco, non hanno incrinato l'interesse di qualcuno per la vita che si svolge nel mondo sotterraneo, ben lontana, come abbiamo sottolineato tante volte, dall'averci rivelato tutti i suoi segreti.
Alpi Occidentali
La parte del leone spetta a E.L.: nel mese di marzo si è calato nell'abisso Bacardi dove, dopo tre anni di ricerche a vuoto, è riuscito a ritrovare un Artropode molto strano di cui aveva già catturato un esemplare, andato poi disperso. Si tratta molto probabilmente di un acaro idrofilo specializzatissimo, completamente diafanizzato e con appendici e setole molto lunghe, adatte a pattinare sull'acqua; il secondo paio di zampe ha un aspetto reptante e questo, unito al fatto che l'apparato boccale è proiettato in avanti in forma di stiletto, fa supporre che si nutra dei Collemboli che planano sull'acqua, arpionandoli e suggendone l'emolinfa.
Per poter trovare questi rari animali, della dimensione di 2-3 mm, bisogna scendere il Pozzo del Bagatto ed il Will Coyote, onde poter esaminare i laghetti posti lungo il Meandro delle Azzorre da -160 -200 circa, prima che il passaggio di altri speleologi meno attenti li disturbi facendoli rifugiare sui margini di queste pozze dove sono praticamente impossibili da vedere.
Abbiamo contatti per poter spedire i 2 esemplari catturati in primavera (insieme ai 4 catturati in settembre, durante una calata solitaria) in Polonia, dove c'è uno specialista del gruppo.
A fine marzo Enrico e tornato a far visita alla Grotta "La Custreta" in Val Locana con un paio di amici e qui, con sorpresa, ha catturato 2 esemplari vivi di Canavesiella lanai che, nonostante la stagione molto precoce, stavano già zampettando su una fatta di volpe.
Durante la primavera E.L. è stato impegnato nella ricerca di cavità nella bassa Valle Maira, sul versante orografico destro; ha trovato solo piccole diaclasi allargate di poco superiori al metro, ma l'ambiente è troppo interessante sia geomorfologicamente, sia per la locazione geografica, per cui ha
Archeoboldoria lanai - nuova specie di Coleotteri Colevidi recentemente scoperta
nella grotta di Maletto (Carema - Piemonte)
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deciso di concentrare le ricerche in faggeta nel comune di Cartignano. E le fatiche non sono state inutili: nel primo autunno sono saltati fuori due esemplari femmina chiaramente appartenenti al genere Parabathyscia che potrebbero, a detta di PierMauro, appartenere a una nuova specie.
In agosto è venuto in Piemonte Fabio Stoch da Trieste ed ha trascorso tre giorni con Enrico, durante i quali si sono visitate alcune fra le più interessanti cavità del Piemonte dal punto di vista della fauna acquatica e stigobia. Si è cominciato da Rio Martino, dove Fabio ha rilevato che con molta probabilità il Proasellus che qui vive non appartiene alla specie cavaticus, come precedentemente citato, ma ad una nuova entità attualmente in studio; inoltre è stato raccolto anche un Niphargus. Un esemplare di Niphargus è stato pure raccolto nella Borna del Pugnetto.
A Bossea, rivelatasi poverissima di microfauna, sono stati raccolti numerosi esemplari di Proasellus franciscoloi all'inizio del tratto non attrezzato turisticamente e poi, nei laghetti lungo la salita ai laghi pensili, alcuni esemplari della specie più piccola di Niphargus presente a Bossea, che sembra tutta da verificare.
Alla Grotta dei Dossi, abbondante fauna di Copepodi, ma tutti banali; Enrico ha approfittato per catturare alcuni esemplari della Parabathyscia già trovata l'anno scorso, e che PierMauro ha confermato trattarsi della dematteisi sfuggita ai maldestri tentativi di allevamento di un paio di decenni ora sono nel rudimentale laboratorio che quivi era stato allestito.
Nella zona dell'Acquese, Enrico e Fabio si sono recati alla Tana di Morbello dove, oltre ai soliti Niphargus gr. stygius e alle Planarie già raccolte negli anni scorsi, è stata trovata anche microfauna, a quanto pare piuttosto banale.
Infine sono andati alla Grotta dell'Orso di Ponte di Nava, dove hanno trovato i Niphargus ed i Proasellus già citati per la cavità, ma anche una gradita sorpresa per la microfauna: un copepode stigobio quasi sicuramente appartenente al genere Moraria.
E.L. ha poi dedicato l'ultima parte dell'anno al laboratorio di Bossea, dove sta preparandosi allo studio del ciclo vitale di Leptodirini del Piemonte ed alla redazione del Catasto del Piemonte su CD ROM su incarico dell'A.G.S.P. nella persona di Renato Sella.
A.C. e P.M.G. hanno fatto poco nelle Alpi Occidentali. Achille ha visitato qualche cavità tettonica nella zona di Crissolo, e ha fatto la consueta escursione, in agosto, in pozzi a neve presso la Capanna Morgantini, con Angelo Morisi.
PierMauro in primavera, in compagnia di Tiziano Pascutto, ha svolto un sopralluogo ad una cavità artificiale nei dintorni di Biella, volto al reperimento di ulteriori esemplari di una specie, probabilmente inedita, di Archeoboldoria.
Australia
In gennaio, durante una campagna di ricerche per lo più alla luce del sole (molto forte, da quelle parti!), PierMauro ha visitato senza molto successo la Grotta di Cutta Cutta, che si apre nei calcari cambriani presso Katherine, nei territori del Nord, famosa per la presenza di due specie endemiche di Crostacei troglobi.
Marocco
A fine aprile si e svolto a Marrakech il Symposium International de Biospéologie, organizzato dal Laboratoire Souterrain di Moulis, dalla Facoltà di Scienze di Tolosa e dalla locale Università. Buon livello e buona partecipazione. E poiché gran parte della biospeleologia è oggi fatta da idrobiologi, l'assolato Marocco ci ha accolti con
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un acquazzone lunghissimo e torrenziale, che si è tradotto in neve sulle cime circostanti dell'Alto Atlante. Tornato il sole, A. e P.M. hanno approfittato per una fuga alle grotte presso Ait m'Hammed, ricchissime di fauna endemica e già ampiamente descritte da A. in relazioni precedenti (1986 e 1996). Lo spettacolo valeva la fuga: la "spugna" carsica della zona, che A. aveva sempre visto in secca, calcinata dal sole, sprizzava acqua da ... tutti i pori, e i piccoli ruscelli, da superare con un balzo, apparivano come fiumi in piena, il cui guado ha richiesto lunghe e perigliose peregrinazioni. Un'altra sorpresa: la grotta Ifri n'Touya, sempre attiva anche in periodi di secca, aveva aumentato di poco la sua portata, ed è stata percorribile, nel primo tratto, solo con un bagno fino alla pancia. Al contrario l'Ifri el Kaid, che A. considerava una grotta semi-fossile, offriva uno spettacolo impressionante: un'enorme cascata usciva dal pur grandioso ingresso, impedendo l'accesso nonostante tutti gli sforzi fatti. Viene da chiedersi come un così gran numero di specie presenti nella grotta e nelle fessure, con popolazioni talora numerose, e una ricchissima colonia di Chirotteri osservata nelle visite precedenti, possano sopravvivere a simili cataclismi. E poiché la guida locale ci ha assicurato che occorreva almeno una settimana per smaltire la piena, ce ne siamo tornati a Marrakech con le pive nel sacco.
Spagna
Brevissima puntata di A. in settembre alle Baleari. Qualche contatto con i pochi, ma attivi biospeleologi locali e di Barcellona, e visita ad una piccola cavità, molto ricca di fauna malgrado le prolungate siccità (da citare Duvalius balearicus, endemico di Mallorca). Il carsismo nell'isola maggiore è comunque impressionante e selvaggio, e ricorda per molti tratti quello della Sardegna orientale, che tutti (o quasi) ben conosciamo.
Non c'e stata invece la consueta missione in Grecia del Museo Regionale di Torino, dalla quale erano attesi tanti risultati biospeleologici, ampiamente descritti negli anni precedenti. Speriamo per quest'anno!
Attività editoriale
Abbastanza intensa, come al solito. Sono fra l'altro in stampa la descrizione di Archeoboldoria lanai della Grotta del Maletto, sita all'ingresso della Valle d'Aosta (Dora Baltea canavesana), da parte di PierMauro, e le descrizioni di nuovi Sphodrina di Grecia e del vicino Oriente, di grotta e di ambiente sotterraneo superficiale, da parte di Achille.
Entrambi i suddetti hanno poi faticato non poco con alcuni capitoli dell'"Encyclopedia Biospeleologica", il cui secondo volume dovrebbe vedere la luce a giorni.
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"Torrentisti, strana gente!"
Corrado Conca
Parafrasando il titolo di un libro edito dalla SSI si potrebbe dire "Torrentisti, strana gente!".
Strani lo sono davvero: negli anni passati il torrentista tipo era perlopiù uno speleologo in cerca di ambienti carsici con... il sole. Qualcuno ha anche definito il proprio passaggio dalla speleo di punta al torrentismo come una "meritata pensione". Poi, quasi sulla scia del grande boom turistico del torrentismo d'oltralpe, ecco che nelle forre nostrane inizia a circolare un popolo sempre più eterogeneo di praticanti: escursionisti, alpinisti, famigliole, venditori ambulanti e quant'altro... Quando a Casola '97 si parlò ufficialmente di torrentismo l'atmosfera era un tantino inconcludente, circa la stessa che aveva caratterizzato un primo tentativo di costituzione di una Federazione Italiana Torrentismo (FITor), promossa nel 96 dalle guide fluviali (kayak, rafting) di alcune società del centro e nord Italia che aveva però come scopo principale il riconoscimento del loro operato professionale in contrapposizione con quello delle Guide Alpine.
Una mossa determinante è stata quella di promuovere la realizzazione di una lista di discussione torrentistica (parliamo di posta elettronica) alla quale hanno presto aderito diverse decine di torrentisti di varia estrazione sia per precedenti esperienze sia per diffusione territoriale.
Stiamo parlando della fine del 1997 e già si discuteva sulla opportunità di costituire una Federazione o, meglio, una Associazione che riunisse tutti i torrentisti e che si facesse carico di una serie di necessità che non potevano - o non volevano - essere fatte proprie dai vari Club o Società già esistenti. A seguito di una vera valanga di discussioni sugli argomenti più disparati si è optato per un primo incontro programmatico ed è stata diffusa la convocazione per i giorni 16 e 17 di maggio 1998 a Piobbico.
16/17 maggio 1998 - La due giorni di Piobbico.
La mattinata di sabato, dopo le presentazioni e qualche formalità, ci ha visti impegnati in una discussione fiume su tutto e su niente. Ovvero sono stati espressi pareri talvolta unanimi e talvolta opposti sull'opportunità di costituire una nuova associazione che radunasse tutti i torrentisti in una unica famiglia piuttosto che, per esempio, rivalutare ciò che già esiste. Alla presenza di un rappresentante per la Commissione Centrale per la Speleologia del CAI, del responsabile per la Formazione della Lega Montagna della Uisp, di Marco Bani in veste di rappresentante ufficioso per la SSI e di Martino Frova presidente della FITor è emersa la necessità di costituire un qualcosa che fosse trasversale e non alternativo alle altre organizzazioni che già si interessavano del torrentismo. Dopo la pausa per il pranzo i lavori hanno avuto un nuovo avvio nel pomeriggio ma con un OdG ben preciso. Al primo punto la realizzazione di un Atto Costitutivo e, quindi, l'individuazione di alcuni "paletti" che costituissero gli Obiettivi e quindi i punti guida intorno ai quali costruire la Associazione nazionale.
Si è deciso poi che tali punti fermi verranno "affidati" ad un Gruppo di Lavoro che nei prossimi mesi avrà il compito di redigere l'Atto Costitutivo e la regolamentazione di alcune Commissioni.
La discussione è stata corposissima ed ha stupito tutti per civiltà e concretezza
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delle argomentazioni; i punti salienti sono stati:
1) la realizzazione di un catasto. L'assemblea ha trovato accordo nella realizzazione di un catasto accentrato, riservato ai soci (ma totalmente pubblico solo in forma di un elenco catastale) e redatto in forma sintetica. Per questo nelle schede catastali non verranno inclusi dati e caratteristiche utili solo a fini sportivi rendendole poco appetibili a chi volesse accedervi per il solo scopo di pubblicare guide ed articoli senza avere visitato i luoghi. Si auspica inoltre di mettere insieme anche informazioni di tipo naturalistico e che contengano dati sullo stato del sito e su eventuali necessità di protezione; questo avrebbe la duplice valenza di impedire chiusure selvagge ingiustificate e di proteggere realmente aree a rischio.
3) la standardizzazione delle tecniche ci ha visti impegnati a risolvere problemi organizzativi piuttosto che, giustamente, piccolezze tecniche. Si è lungamente parlato dell'opportunità di lasciare in piedi tutto ciò che già esiste ma piuttosto di porsi come relatori competenti per "omologare" corsi base e corsi istruttori che rispondessero agli standard tecnici che una nostra commissione avrà l'onere di individuare. L'argomento era piuttosto scottante ed ha posto il non semplice problema del relazionarsi con entità come il Cai o il Soccorso Alpino (ma anche altre grosse realtà) con competenza ed umiltà.
4) guide a pagamento. È stato un grosso problema nella prima fase delle discussioni ma poi si è trovata una soluzione provvisoria e di compromesso. Martino Frova ha parlato a lungo dei problemi connessi all'attività professionale in forra, facendo emergere ancor più chiaramente le differenze di posizione tra i promotori della Associazione e la precedente FITor: non sono mancati i punti di incontro per portare avanti un lavoro comune.
Dal punto di vista tecnico si è convento che gli stessi standard richiesti agli istruttori di torrentismo saranno richiesti a chi si autodefinirà guida (che dovrà comunque sottoporsi ad una verifica) con esclusione dell'aspetto didattico (la guida accompagna, non insegna!) e l'aggiunta di materie legali e di etica deontologica.
5) nelle altre discussioni si è parlato di organizzazioni di campi, manifestazioni (raduno nazionale), e formule associative, ma questo è ancora in discussione....
6) dopo cena si è finalmente votato per il nome de LA COSA, Vincendo, per una sola lunghezza, il nome AIC (Associazione Italiana Canyoning).
Per il futuro
In questo momento il Gruppo di Lavoro stà scrivendo la bozza di un Atto Costitutivo che verrà presentato ad una nuova assemblea prevista per metà settembre a Genova (tutti i torrentisti interessati sono caldamente invitati a partecipare). In quella fase verrà messo ai voti l'Atto e, prontamente registrato. Votato l'atto costitutivo ed il logo, proposte le quote associative, prenderà il via la costituzione di alcune commissioni (Catasto, Tecnica, Divulgazione ecc.) che avranno da svolgere il grosso del lavoro per il primo anno. L'A.I.C. si presenterà ufficialmente per la prima volta a Chiusa Pesio durante la giornata dedicata al torrentismo.
Chi desiderasse prendere parte alle discussioni telematiche o, comunque, prendere contatto con il comitato che promuove la costituzione dell'A.I.C. può iscriversi alla mailing-list torrentismo inviando una mail a majordomo@itaweb.it contenente nel corpo testo "subscribe torrentismo". L'indirizzo di discussione è torrentismo@itaweb.it.
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Un quasi-soccorso in forra:
descrizione e note di percorso...
Franz Vacchiano
Un uomo sulla quarantina, un escursionista esperto, non rientrato quasi tre settimane fa. È stato cercato ovunque senza risultato, ed ora ci proviamo noi seguendo le vie dell'acqua. La sua auto è stata rinvenuta qui, in Val Grande, parco naturale e area selvaggia più grande d'Italia, nei pressi del tornante da cui parte il sentiero per l'attacco della forra, sentiero che nella prima parte è aggettante e scivoloso proprio sull'orrido sottostante, tanto che è stato attrezzato con dei cavi d'acciaio. Logico pensare dunque a quello che potrebbe essere accaduto.
Siamo in quattro da Torino, Daniele, Arlo, Giampiero e il sottoscritto, ad interagire con le squadre del soccorso alpino e della finanza di Domodossola, che ci accompagnano all'attacco della forra (il rio Pogallo) e ci seguono dall'alto pronti ad assisterci in caso di ritrovamento. L'acqua è molto fredda, sono i primi giorni di aprile, e il regime non è proprio di magra, tanto che in corrispondenza di un restringimento della gola un violentissimo toboga impedisce la prosecuzione. Riusciamo a superarlo con un traverso sulla parete di sinistra, anche se in salita abbiamo notato un altro punto critico più avanti.
Camminiamo e nuotiamo infatti ancora per circa mezz'ora (la progressione è complessivamente molto acquatica) finché ci ritroviamo in una zona molto simile alla precedente, con la differenza che questa volta sarebbe troppo lungo traversare (il passaggio è da affrontare completamente in artificiale). Avvisiamo dunque via radio i nostri "angeli custodi" esterni che calano delle corde e ci recuperano di lato. In questa occasione abbiamo modo di osservare il diverso approccio tecnico al problema (la filosofia d'armo radicalmente differente fra una squadra alpina ed una speleologica): l'armo d'uscita viene infatti predisposto in un canalino perché la manovra possa essere più comoda e rapida. Noi, da buoni speleo, avremmo sicuramente armato molto esposti su una evidente parete lì vicino... Stili diversi per problemi diversi.
Superato il restringimento ci ricaliamo nella gola, per una seconda parte in cui si attraversano grandi laghi, con una corrente più tranquilla. La temperatura dell'acqua non supera comunque i cinque gradi. Ancora un restringimento, ma questa volta l'acqua è putrida e stagnante. Rimestiamo con un ramo con uno stato d'animo decisamente strano: da un lato il desiderio di ritrovare questo poveraccio, dall'altro la paura di trovarlo davvero. Noto in me e nei miei compagni la voglia di ridere, di scherzare per non pensare troppo. Solo ora capisco lo humor nero che ho spesso osservato fra quelli abituati a questo tipo di lavoro "sporco". È qualcosa che ti aiuta, che ti difende, qualcosa che ti fa sentire vivo ed allontana da te l'idea della morte, che la relega in un angolo lontano del cervello. Non la elimina completamente, ma la tiene a distanza di sicurezza, giusto quel che basta a non schiantare dalla paura. Non la pensi più, ne percepisci solo ogni tanto l'inquietante presenza, e ti sforzi di riderci sopra. Mi sorprendo a pensare che vorrei che i miei amici ridessero, se dall'altra parte ci fossi io...
Arriviamo in vista della fine della gola, ma riteniamo opportuno proseguire fino alla confluenza con il fiume principale, dove sono già state fatte delle ricerche per via dell'accesso più facile. Intravediamo una possibile uscita proprio a lato di questo fiume (quello dove si getta il Pogallo), ma si trova a monte rispetto alla confluenza.
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Dovremo percorrere una cinquantina di metri contro corrente e la stanchezza si fa sentire. Ultimamente le mie esperienze in forra sono piuttosto inquietanti (vedi Grotte, qualche numero fa)...
Epilogo
Non abbiamo trovato chi cercavamo, ma abbiamo aperto una nuova forra. Per quel che ci riguarda la storia finisce nella piola del paese...
Il corpo dell'uomo verrà ritrovato solo a fine aprile, in un luogo completamente diverso, in un torrente, pur non essendo annegato...
Nota tecnica
Fondamentale per un intervento di soccorso in totale sicurezza l'appoggio esterno (soprattutto in condizioni di apertura, cioè in totale esplorazione) da parte di una squadra a lato del fiume che segua, dove possibile, costantemente quella interna. Ancora più importante un adeguamento delle attrezzature dei volontari alle condizioni, spesso estreme, delle forre nostrane (leggasi: temperature basse; traducasi: mute stagne o, almeno, semistagne).
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Turisticizzazione si o no?
Il caso Pugnetto
Riccardo Pavia
Premessa
Molti speleologi avranno visitato una grotta turistica almeno una volta nella vita e alcuni di loro si saranno chiesti che lavoro c'è dietro alla sua turisticizzazione.
Una riposta potrei darla, dal momento che ho partecipato al progetto di fruizione turistica della Grotta di Pugnetto, di fatto posso darla solo parziale, perché almeno per ora tale opera non è ancora stata realizzata.
Posso dire però che sono state fatte un mare di riunioni tra progettisti, ambientalisti, esponenti della regione, amministratori comunali, biologi, zoologi, speleologi dell'Associazione Gruppi Speleologi Piemontesi e dell'S.S.I. e molti altri, con l'intento di arrivare ad una soluzione che mettesse insieme tanti punti di vista.
Quindi almeno in questo caso particolare, la fatica più grande non è stata la progettazione in senso stretto, ma mettere insieme idee diverse, spesso molto divergenti.
Ci si trova quindi ad accordare i bisogni economici (le grotte turistiche sono uno strumento per produrre soldi) con i problemi ecologici e faunistici (troppi visitatori disturbano la fauna trogofila ed alterano il microclima ipogeo).
Da queste premesse, è nata la necessità di effettuare un monitoraggio ambientale e di non installare un'illuminazione fissa.
Non vorrei dare spiegazioni troppo tecniche di come sono state affrontate le soluzioni progettuali, perché ritengo che un articolo non sarebbe esauriente, è comunque importante fare capire alla gente che anche per i progetti di fruizione turistica si possono proporre criteri alternativi.
Gli accessi
Da Torino si arriva a Lanzo e poi Traves e di qui si prosegue per circa un km verso il paese di Pugnetto. Si attraversa il ponte sul Rio Cenere e dopo circa 300 metri, sulla sinistra s'incontra alla metà di un tornante un cartello indicante la "Madonnina delle Grotte". Da qui un sentiero che sale per circa 50 metri di dislivello conduce all'ingresso della grotta. L'ingresso di proprietà privata è protetto da un cancello che attualmente è aperto.
La geologia della grotta
Dal punto di vista geologico, la cavità si sviluppa nei Calcescisti piemontesi di età giurassica, metasedimenti composti principalmente da calcite (circa il 50%) e derivanti dal metamorfismo di rocce marnoso arenacee. I calcescisti sono rocce poco carsificabili (aggredibili chimicamente) ed il residuo insolubile si deposita nelle fratture diminuendo drasticamente la permeabilità per fratturazione impedendo quindi all'acqua di circolare velocemente.
La grotta è impostata su due principali linee di frattura orientate grosso modo
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lungo gli assi aventi come direzione 20° Ne 110° N. Particolari condizioni idrogeologiche hanno favorito il convogliare delle acque che hanno contribuito alla formazione della grotta. L'intensa fratturazione della roccia è stata determinante, infatti, quasi tutti i rami della grotta sono caratterizzati da saloni di crollo, formatisi quando l'acqua ha abbandonato il sistema di gallerie di interstrato sicuramente presente in precedenza.
La porzione terminale della grotta detta "Ramo della Fontana" possiede un piccolo corso d'acqua con portata di 0,2 l/sec (stimati) che dopo un brevissimo percorso si perde in mezzo a blocchi di frana.
Si presume che l'area di alimentazione sia localizzata a sud ovest della cima (901 m) che sovrasta la grotta dove le acque di alcune modeste sorgenti s'infiltrano nel terreno.
Note di carattere faunistico
La grotta di Pugnetto è stata segnalata alla Comunità Europea nel progetto "Bioitaly" come Biotopo particolare e continua ad essere oggetto di studi specializzati da parte di entomologi e naturalisti.
Fenomeno di grande interesse è la fauna cavernicola ospitata in questa grotta; all'interno di essa sono presenti alcune specie endemiche, tra le quali il coleottero Dellabeffaella roccai conosciuto attualmente solo in questa cavità e il Trichoniscus caprae appartenente all'ordine degli isopodi.
Altra fauna di particolare interesse è rappresentata da diverse famiglie di chirotteri tra le quali il Rhinolophus ferrum-equinum. I chirotteri (volgarmente pipistrelli) sono soliti a svernare in questa grotta ed in alcuni anni, a detta degli osservatori, in gran numero.
I criteri progettuali
Sulla base della conformazione della grotta e dei problemi di carattere ambientalistico è stata pensata una fruizione del tipo "speleologico" che si basa sui seguenti punti:
1) Il turista visiterà la grotta dotato di attrezzature speleologiche (casco, pila e stivali) eseguirà un itinerario con infrastrutture a basso impatto che garantiranno in ogni caso un percorso non pericoloso tale da essere accessibile a chiunque. Tale criterio è stato adottato per interferire negativamente il meno possibile con l'ambiente ipogeo; la grotta non sarà illuminata e l'unica illuminazione prevista è quella di emergenza.
2) Sarà effettuato un monitoraggio ambientale per definire quantitativamente e qualitativamente i livelli di afflusso e di attrezzamento possibili al fine di conservare le caratteristiche peculiari dell'ambiente ipogeo; saranno collocate strumentazioni di monito raggio in continuo dei principali parametri ambientali dell'aria (CO2, temperatura e umidità) e fisico-chimici dell'acqua (temperatura, portata, conducibilità). Inoltre, per ottenere un quadro definitivo dei problemi di tipo faunistico, saranno effettuati controlli della fauna cavernicola e delle chirotterofauna in modo da verificare la loro compatibilità con la fruizione della grotta.
3) All'esterno è in progetto di ripristinare alcuni sentieri e di attrezzarli in modo da permettere al turista di raggiungere la grotta percorrendo un itinerario di tipo naturalistico dove alcuni cartelli forniranno informazioni sulla fauna, flora, architettura e sull'economia della zona e sul carsismo.
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Recensioni
Marguareis per viaggiatori: istruzioni per l'uso
, in stampa- Scusi, dove è la croce?
- Quale croce?
- Quella della vetta.
- Sulla vetta.
Agosto 1998. Marguareis.
Dialogo con un escursionista
Fare recensire un libro a uno degli autori mi pare una grande idea che offre, tra l'altro, notevoli garanzie riguardo al tono della critica; il fatto che non sia ancora uscito riduce ulteriormente le possibilità di giudizi negativi. Il libro in questione è una guida; nasce da un'antica idea di Gianni, albergatore del Mongioie di Viozene, ben noto in queste pagine, prontamente colta da Giovanni e a lui rubata da un'AGSP in cerca di iniziative valide. Per un paio di anni è esistita solo nel titolo, finché l'interesse del Parco non ci ha costretto a trasformarla in pagine, concetti e fotografie.
Ne è uscita un'opera anomala, fortemente influenzata dalla particolarità degli autori, quasi tutti speleologi; sono quasi ignorate le vette, che spesso entrano negli itinerari come varianti a percorsi che privilegiano invece i traversi in quota in quegli stessi pendii, continuamente attraversati dalle battute speleologiche.
In quest'ottica è una guida per viaggiatori, gente interessata a vedere ciò che ha di fronte e a conoscere ciò che vede, in alternativa al turista, interessato esclusivamente alla vetta. È un opera in controtendenza, anche rispetto alle nostre abitudini esclusiviste, non destinata strettamente agli speleo; vorrebbe dare ai miliardi di escursionisti che vagano per il Marguareis e il Mongioie informazioni relative a ciò che incontrano sul loro cammino. Ecco quindi una grandinata di notizie relative agli ingressi che punteggiano i quindici itinerari selezionati: cosa sono quei buchi neri accanto al sentiero, come e se ci si può entrare, dove vanno le gallerie e i pozzi che si incontrano qua e là, così che, tra l'altro anche il nostro vagare sotterraneo sembri meno astruso. Insieme alle note speleologiche, è venuto naturale aggiungere qualche cenno geologico, almeno relativamente ai fenomeni più appariscenti, poi, in un diabolico vortice, è stato inevitabile fornire anche notizie storiche sui luoghi in cui ora giochiamo, qualche nota sulle tradizioni e sulle leggende di quei posti, pochi accenni a flora e fauna, fino a fare divenire la guida un malloppo assai più impegnativo del previsto.
All'interesse iniziale di un paio di persone, impostato sull'asse Torino-Cuneo, è seguita una sorprendente proliferazione di manodopera volontaria, più o meno specializzata (27 autori), che se da un lato ha reso complessa l'omogeneizzazione, caotiche le riunioni e disperata l'organizzazione, dall'altro ha reso assai più divertente il lavoro. E per una volta, chi non sa scrivere ha scritto, gli analfabeti hanno corretto e tutti hanno scoperto qualcosa.
Si voleva uscire per Chiusa '98 ma sarà difficile.
Ube Lovera
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Ente Parchi Riserve |
Associazione Gruppi |
Regione Piemonte |
Comune di |
Naturali Cuneesi |
Speleologici Piemontesi |
|
Chiusa Pesio |
CHIUSA '98
... Esplorare le vie dell'acqua
Incontro Internazionale di Speleologia Torrentismo e Speleoglaciologia 30/10 - 1/11
18° Congresso Nazionale di Speleologia 29/10 - 31/10
5° International Workshop of Glacier Caver and Karst in Polar Areas 01/11 - 04/11
Con il patrocinio di Regione Piemonte, Provincia di Cuneo, Comunità montana Gesso Vermenagna Pesio. Società Speleologica Italiana, Commissione Centrale per la Speleologia del CAI, Ass. Alpi del Sole CNSAS, Stazione Scientifica di Bossea.
Itinerario stradale per Chiusa Pesio