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GROTTE

anno 28, n. 87 - genn.-aprile 1985

gruppo speleologico piemontese - cai-uget

 

sommario

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Finalmente a stampa ...

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Notiziario

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Attività di campagna

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28° Corso di speleologia

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Il corso visto da un'allieva

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Grotta delle Turbiglie: una nuova via

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Considerazioni sul sistema Turbiglie-Galliani

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La nuova Mottera

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Valinor e Finis Africae

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Soccorso. I fondamentali

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Scheda: il Garb dell'Omo inf.

 

 

Redazione:

Marziano Di Maio

(resp.)

 

Giovanni Badino

 

 

Alberto Gabutti

 

 

Laura Ochner

 

 

Elio Pulzoni

 

 

 

 

Foto di Copertina (Gallerie del Paradiso, Bossea): Meo Vigna

Bozzetti di Simonetta Carlevaro

 

Stampa: LITOMASTER,

Via Sant'Antonio da Padova 12

 

 

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Finalmente a stampa...

M. Di Maio


     Dopo 27 anni di bollettino edito prima girando a mano il ciclostile e poi facendo ricorso a più moderni (si fa per dire) sistemi litografici, ora fanno bella mostra i tanto sospirati caratteri da tipografia. Era da un po' di tempo che in Gruppo si aveva questo pallino. Prima, per anni e anni, questa preoccupazione non c'era stata: la stampa era troppo fuori dalle nostre possibilità finanziarie, solo qualche gruppo facoltoso (ma era l'eccezione) se lo poteva permettere. Poi sono cominciati a circolare sempre più i bollettini stampati, ed è successo da noi quello che accade agli indigeni della Nuova Guinea, che vivrebbero benissimo nudi, ma che da quando hanno visto qualcuno in braghe e maglietta non si danno pace finché non riescono a venire anche loro in possesso di quei favolosi pezzi di vestiario. La cosa rimaneva però un desiderio proibito, i costi tipografici erano enormi, i tagli ad altre spese improponibili, la pubblicità un palliativo. Sennonché è venuto in aiuto il progresso tecnologico, con quel sistema che si chiama fotocomposizione, innovazione che con spesa accettabile permette un buon risultato, beninteso con un nostro invariato impiego di lavoro per confezionare da mucchietti di fogli il prodotto finito.

     Senza questa soluzione relativamente economica, avremmo continuato a far uscire il bollettino con il solito sistema. Quelli che erano disposti anche a qualche grosso sacrificio, dovevano convenire che in fondo era poi solo un problema estetico. Ne l'immagine d'un Gruppo poteva dipendere solo dal fatto di avere un bollettino bello o meno bello Dicevo sempre che era come mettersi il vestito della festa con quello addosso si farà figura ma si rimarrà quelli di prima, anzi si dovrà magari rinunciare a un po' di libertà, si dovrà indossare anche la cravatta, non si potranno calzare scarpacce qualsiasi, si dovrà stare attenti a come si parla, tenere un contegno più da galateo. E mi veniva sempre in mente che, quando nel 1968-69 si stavano istituendo i primi istruttori nazionali di speleologia, tra i requisiti necessari per farne parte avevano messo anche quello di esibire "almeno tre articoli di argomento speleologico (anche tecnici o catastali) purché pubblicati su riviste a stampa"! La nostra contestazione di quell'iniziativa imposta dall'alto aveva riguardato anche questo particolare. Secondo loro, se non era stampato non valeva niente? e valeva invece qualunque cavolata purché fosse a stampa?

     Spero che nessuno ragioni più in quei termini. Oggi, siamo contenti di poter presentare un prodotto più bello (anche l'occhio vuole la sua parte), e basta.

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NOTIZIARIO

 

     La spedizione nazionale francese in Nuova Guinea ha trovato qualcosina: una risorgenza di 30 mc/sec, un -600 e 18 km di gallerie nuove (non lavate con Perlana).

     Riusciranno i nostri eroi ad aprire l'F5 e la Filologa sepolti sotto metri e metri di neve? Saranno cardini dell'attività futura, ma son cardini sepolti e difficili e lunghi da raggiungere.

     La figlia di uno dei padri della speleologia torinese, allieva del corso, è gnugnu, è stato dichiarato da un direttore del 28° corso. Chissà se costui se la sente di continuare a sostenere che è gnugnu. Noi sì.

     È quasi completo il lavoro di sintesi delle conoscenze del territorio ipogeo piemontese che l'AGSP sta preparando per la Regione Piemonte. Uscirà fra breve, speriamo.

     Volete attaccare Piaggiabella? Usate la Colla dei Signori.

     Nuovi responsabili per la Capanna: Chiabodo, Curti e Buscatti. Gestiranno l'ampliamento il cui progetto è ormai completo e i soldi stanziati.

     È finito il lavoro di riordino dell'archivio. È stato uno strano, febbrile sforzo collettivo: ora tutto l'archivio è ben schedato e preso passerà su un Personal! Far bene I' archivio fa bene all'archivio.

     Nuovi magazzinieri: Scambelluri e Pilotti. Si affiancano a Nino: chissà se qualcuno avrà dei pettegolezzi da intesserci sopra.

     Il 18 gennaio Mellano, Pastorini e Vigna hanno fatto una luminosa proiezione di diapositive al CAI di Mondovì.

     Con tutti i buoni speleofotografi che ci sono in Gruppo (Eusebio, Badino...) stranamente ai concorsi internazionali si ostinano a premiare Villa. Ha vinto un concorso in Cecoslovacchia: eh già, era un concorso fatto da "Cechi".

     Pierangelo Terranova è dei nostri. Uno dei più valenti speleo del Meridione, incurante delle barzellette antimeridionali, è venuto a vivere qui (via Rovereto 12, Pino Torinese, tel. 84.06.21).

Contiamo sul fatto che diventi una delle strutture portanti del Gruppo. Siamo felici di averlo fra noi.

     Elio Pulzoni si sposa. È anche diventato direttore del Parco naturale regionale del Gran Bosco di Saibertrand. Finalmente uno dei nostri che si sistema?

Ci aspettiamo una megafesta, naturalmente.

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     Nuovo indirizzo di Giovanni Badino: via San Francesco da Paola 17 (Palazzo Ghisleri), tel.011-83.97.605.

     Nuovo indirizzo di Meo Vigna e Margherita Pastorini: via Bianzé 6, tel. 011-76.68.46.

     GSI e GSP stanno organizzando una megaspedizione in Austria. Il massiccio dell'Hagengebirge ospiterà in agosto 40 abilissimi speleologi. Lo diciamo perché stiamo disperatamente cercando contributi e sponsor.

 

ATTIVITÀ DI CAMPAGNA

 

     5-6 gennaio 1985, Grotta delle Turbiglie: Giraudo, Pastorini, Pavia, Vigna. Disostruita la

fessura ed esplorati 200 metri nuovi.

     Carlevaro, Chiabodo, Eusebio, Gabutti, Giraudo, Lovera, Pavia, Pastorini, Valente, Vigna: allargata la strettoia, continuata l'esplorazione e fatta la poligonale esterna.

     6 gennaio, Artesinera: Alternino, M. e C. Oddoni. Giro nelle zone dopo la Lambda.

     13 gennaio, Grotta delle Turbiglie: Eusebio, Gabutti, Giovine, Nobili, Pavese, Pavia, Scambelluri, Sconfienza, Valente, Vigna, Villa, Mellano, Rosalba, Alberto. Continuata l'esplorazione ed eseguito rilievo.

     20 gennaio, Grotta delle Turbiglie: Buscatti, Chiabodo, Eusebio, Lovera, Masciandaro, Rambaldi. Ultimato il rilievo e completati esplorazione e rilievo del ramo di Beppe.

     Battute a Case Nasi: Pastorini, Vigna. Visitata la grotta superiore di Case Nasi. Esplorazione di due piccole cavità in zona.

     27 gennaio, Artesinera: Bianco, Nobili, Pavia, Vigna. Continuata l'esplorazione del ramo del traverso, superata una strettoia ed esplorata una galleria di 40 metri chiusa in frana, e disarmato.

     Rio Martino: Alternino, Buscatti, Pia, Rambaldi, Ruggeri, Villa. Esplorato il ramo nei pressi dell'ingresso.

     3 febbraio: Arma del Lupo: Nobili, Pastorini, Pavia, Segir, Vigna, Zinzala. Armo preliminare per l'uscita di soccorso. Foto.

     10 febbraio, Arma del Lupo: Baldracco, Badino, Chiabodo, Curti, Eusebio, Gabutti, Giovine, Lovera, Masciandaro, Sconfienza, Segir, Serra, Vigna, Villa, Zinzala. Esercitazione di soccorso.

     17 febbraio, Grotta del Caudano: Alternino, Buscatti, Bianco, Cannonito, Carlevaro, Curti, Chiabodo, Doppioni, Eusebio, Gabutti, Guala, Gaydou, Lovera, Lusso, Masciandaro, Mellana, Ochner, C. Oddoni, Pavia, Rambaldi, Ruggeri, Scambelluri, Sconfienza, Squassino, Sguayzer, Valente. Prima uscita del Corso.

     24 febbraio, Arma dello Stefanin (Val Pennavaira): Pia, Villa. Sopralluago e ricerca di cavità nel vallone del Pennavaira.

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     Caudano: Buscatti, Minetti, Perello, Rambaldi, Vigna, Zinzala. Accompagnamento di boy scout. Disostruzione di una strettoia al quarto piano.

     3 marzo, Balma di Rio Martino:Alternino, Bortolani, Carlevaro, Chiabodo, Doppioni, Eusebio, Gabutti, Garelli, Lovera, Lusso, Maina, Mellano, Nobili, C. Oddoni, Pavia, Pia, Pilotti, Ruggeri, Scambelluri, Sconfienza, Tesio, Traversa, Valente, Villa. Seconda uscita del Corso,

     Gola delle Fascette: Bertorelli, Dematteis, Vigna. Battuta con speleologi del GSI.

     10 marzo, Abisso di Montenegro: Baldracco, Lovera, Lusso, Nobili, Pastorini, Pavia, Traversa, Vigna. Esplorato un cunicolo laterale con debole corrente d'aria.

     Grotta Gazzano: Gaydou, Sguayzer. Foto.

     Rio Martino: Badino, Balbiano, Zinzala. Studi e disarmo parziale nel ramo dell'Uretra di Giovanni.

     17 marzo, Antro del Corchia: Badino, Bianco, Gabutti, Lovera, Nobili, Pavia, Ruggeri, Sconfienza, con Steinberg, Piccini, Cristoforo. Esplorazione in Valinor, e un ultimo sguardo alla regione Valinor-Meinz.

     Grotta del Serpente: Gaydou, Tesio.

     Grotta di Bossea: Pastorini, Vigna. Foto.

24 marzo, Orrido di Chianocco. Badino, Chiabodo, Ciquera, Curti, Eusebio, Giovine, Lusso, Sconfienza, Squassino, Valente. Prima uscita della seconda parte del Corso.

     Paretine Bianche: Gabutti, Maina, Masciandaro, Mellano, Pia, Pilotti, Pastorino, Scambelluri, Sguayzer, Tesio, Vigna, Villa, Zinzala. Prima uscita della seconda parte del corso.

     31 marzo, Grotta delle Turbiglie: Eusebio, Ruggeri, Scabelluri, Sconfienza. Esplorata e rilevata una diramazione laterale.

     Val Pennavaira: Chiabodo, Lovera, Lusso, Ochner, Pia. Battuta speleo-archeologica.

     Zona sopra Bossea: Pastorini, Vigna. Battuta e trovato il Garb del Soldato, piccolo condotto sotto pressione chiuso da concrezione.

     5 aprile, zona Buca del Tunnel (Levigliani): Pastorini, Pilotti, Scambelluri, Vigna. Battuta. Trovata una piccola cavità con aria non trascurabile.

     6 aprile, Antro del Corchia: Pastorini, Pilotti, Scambelluri, Vigna. Esplorazione di uno stretto cunicolo con aria nelle gallerie dopo il pozzo Susanna, visitato tutto il ramo e osservate partenze di vie strette sul fondo del ramo attivo.

     7-8 aprile, Abisso Fighiera: Badino, Chiabodo, Carlevaro, Gabutti, Lovera, Lusso. Terminata l'esplorazione del ramo dei Palombari che si congiunge con la galleria dell'Asino che Raglia. Trovati nuovi pozzi nel ramo Onishi.

     Monte Pelato: Baldracco, Claudia, Pastorini, Pilotti, Scambelluri, Vigna, con Marantonio, D. Frati e 3 speleo del GSS. Battuta nella zona a ovest del Pelato e sulla cresta.

     Piaggia Bella: Cannonito, Curti, Dematteis, Eusebio, Pavia, Sconfienza, Valente. Giro al Buco delle Radio dopo lunga disostruzione nella massa nevosa.

     Val Maira: Gaydou. Battuta. Trovati buchi in parete nella zona di Camoglieres.

     14 aprile, Orso di Pamparato: Badino, Cannonito, Carlevaro, Chiabodo, Curti, Doppioni, Eusebio, Gabutti, Giovine, Lovera, Lusso, Masciandaro, Mellano, Ochner, Pavia, Ruggeri, Segir, Serra, Squassino, Tesio, Valente. Seconda uscita della seconda parte del Corso,

     Grotta di Bossea: Pastorini, Vigna. Foto nei piani alti.

     20 aprile, Grotta delle Vene: Buscatti, Rambaldi, Ruggeri, con 8 amici.

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     21 aprile, Abisso Marelli: Cannonito, Curti, Chiabodo, Eusebia, Gabutti, Lovera, Maina, Pilotti, Sconfienza, Scambelluri, P. Terranava, Villa, Valente. Terza uscita della seconda parte del Corso.

     Val Maira: Buscatti, Gaydou, Rambaldi, Ruggeri, Sguayzer. Battuta nella zona di Camoglieres: buchi in parete.

     Garb della Donna Selvaggia: Bernardi, Giraudo, Masciandara, Pastorini, Vigna, Zinzala. Terza uscita della seconda parte del Corso,

     25 aprile, Monte Armetta: Buscatti, Rambaldi, Ruggeri.

     27 aprile, Val Maira: Carena, Gaydou. Visti due buchi nella zona di Camoglieres.

     Buco di Valenza: Buscatti, Rambaldi, Ruggeri.

     26-27-28 aprile, Costacciaro (PG): Vigna ha tenuto una lezione su idrologia e speleogenesi al Corso di idrogeologia di terzo livello della SSI.

     28 aprile, Abisso Fighiera: Carlevaro, Dematteis, Gabutti, Pesci, Pilotti, Scambelluri, Sconfienza. Continuata l'esplorazione della diramazione del ramo di Onishi.

     M. Mongioie: Eusebio, Giovine, Lovera, Valente, con Carrieri. Battuta sotto la Cima delle Colme, trovato pozzo.

      Val Grande di Lanzo: Sguayzer. Battuta.

     Val Tanaro: Buscatti, Rambaldi, Ruggeri. Trovato un buco presso Cantarana e iniziata l'esplorazione.

 

 


CORDOVA: "il buco dell'asino"__________________

A. Sguayzer


     Nel cuore della collina torinese, a 6 km da Castiglione e a circa 20 km da Torino, nei conglomerati dell'Oligocene terminale, depostisi in mare profondo in corrispondenza ad una delle fasi del sollevamento alpino, si apre una piccola grotta, nota come il "Buco dell'Asino" di Cordova, la cui fisionomia è stata di recente stravolta dall'ampliamento della strada che conduce a questa frazione. Ora infatti l'ingresso si trova sotto la stessa strada, ingabbiato da una pesante armatura di cemento armato, che la copre quasi del tutto alla vista. All'interno, una sorgente d'acqua, che dopo un breve percorso sotterraneo alimenta una fontana posta in località "La Rezza". Ma anche qui è stato alterato l'equilibrio originario. Poiché il sottostante terreno è coltivato, la grotta è stata parzialmente chiusa da un muretto in cemento armato nella parte bassa, ed "opportunamente" dotata di un tombino di scarico per il "troppo pieno": si è così formato un vascone d'acqua, la cui altezza media è di circa 1 ,60 cm. Oltre questo, si trova una spiaggetta calcarea, concrezionata, in salita. Al culmine della spiaggetta v'è una piccola rientranza semisferica, e lì purtroppo la grotta chiude.

 

 

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28° CORSO DI SPELEOLOGIA

 


R. Chiabodo e S. Sconfienza

Direzione: Chiabodo, Giovine, Sconfienza.

Purtroppo, come tutti gli anni, anche questo corso, il 28°, è finito. Abbiamo avuto un'alta partecipazione di allievi ed istruttori, interessati ed attenti i primi, assidui e volenterosi i secondi.

     Ma vediamo in dettaglio le note di questo riuscitissimo corso: circa una quarantina gli allievi iscritti alla prima parte e finalmente nessuna scena di isterismo alle prime uscite (Caudano e Aia Martino), ne genitori di allievi minorenni che in trepida attesa attendono dinanzi l'ingresso della grotta l'uscita del proprio pargoletto.

     Ma ci sono state anche delle piccole difficoltà, lo ammettiamo, come quella di riuscire a contenere la marea di persone che premeva per iscriversi alla seconda parte; per varie ragioni, ma soprattutto di spazio, ci siamo visti costretti a limitare ad un numero chiuso di 25 persone le iscrizioni.

     Si è ottenuto in tal modo un nucleo di allievi molto unito, assiduo e attento frequentatore delle lezioni teoriche del venerdì sera (mai un ritardo!), vivacizzandole con argute domande che hanno spesso messo in imbarazzo il corpo istruttori; lo stesso discorso è valido per le esercitazioni settimanali alla palestra di roccia, dove la naturale predisposizione dei più ha notevolmente facilitato il compito degli istruttori.

     Non sappiamo quante di queste persone continueranno a fare speleologia, cosa che noi abbiamo caldeggiato, ma i presupposti per un inserimento nella vita del gruppo ci sono, e atteggiamenti antipatici come il formare gruppuscoli di due o tre persone o coppiette che scendono in grotta tenendosi per mano o peggio ancora macchine con equipaggi esclusivi che corrono il rischio di lasciare appiedati con i materiali i poveretti di turno, non si sono verificati.

     Per quanto riguarda gli istruttori, alcuni in particolare, ammirevole è stato l'impegno profuso durante le uscite, come si può vedere dalla tabella sottostante, il che dimostra come siano finalmente finiti i tempi in cui si pensava che bastasse piantare spit diritti per fregiarsi dell'alto titolo onorifico di Istruttore. Altrettanto elevata la presenza alla palestra di roccia e la collaborazione offerta per le limitate faccende burocratiche e per la preparazione dei materiali, che hanno permesso a tutti di ruotare nei compiti; finalmente si è raggiunta la tanto teorizzata e ambita gestione collettiva del corso! Basta con i direttori che decidevano tutto per il menefreghismo generale o quasi, e che a scelte fatte subivano le critiche.

     I direttori ringraziano. Di cuore. E non dimenticheranno.

Presenze degli istruttori alle uscite di corso:

Badino 2, Baldracco 0, Chiabodo 6, Curti 4, Eusebio 5, Gabutti 6, Guala 1, Giovine 2, Lovera 5, Masciandaro 4, Nobili 1, Pavia 3, Sconfienza 5, Segir 2, Squassino 4, Vigna 2, Villa 3, Zinzala 3.

 

 

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IL CORSO VISTO DA UN'ALLIEVA

 


M. Dematteis

"Il corso? Non saprei dire molto: una sera, di ritorno da non-so-dove sono finita, non so come, a bere un bicchiere di vino (giuro, uno solo) dicendo: "bevo alla salute del capitano Paff". Ma quello doveva essere un vino molto forte, perché tutta la parte del corso che viene prima, e anche i motivi per i quali mi sono iscritta, non me li ricordo più. Mi dispiace, sono sicura che era quello che volevate leggere.

In compenso quello che è successo dopo, anche se forse vi interessa meno, lo scrivo lo stesso; lo scrivo perché c'è chi dice che un solo bicchiere era troppo poco. La gente, si sa, è malvagia. Dicono anche che "bevo alla salute del capitano Paff" è stato detto senza il dovuto rispetto. Non voglio abusare della vostra pazienza però, quindi sarò breve!

Non vi racconterò, cioè, delle lezioni teoriche (interessantissime) ne come, da quando sono iniziati gli allenamenti a palazzo a vela sia continuamente mercoledì sera. Vi parlerò invece delle uscite di corso!

Si parte il sabato pomeriggio, perché siccome sottoterra, come è noto, il giorno è notte, e la notte generalmente non esiste, la cosa più logica da fare è entrare in grotta la sera ed uscire il giorno dopo.

Arrivati all'ingresso della grotta, o nelle immediate vicinanze, ci si veste da grotta, che è un'operazione lunga e laboriosa: lasciamola perdere. Importante è comunque controllare l'attrezzatura, perché la forza di gravità in grotta è molto più forte che fuori (a palazzo a vela, in confronto, è praticamente nulla); nei pozzi il pavimento, spostato molto più in basso, attira lo speleologo come una calamita, e più il profondo è profondo più diventi pesante. Si aggiunga che in grotta le misure diventano relative: la longe, per esempio, si assottiglia di un buon 50% appena vede uno spit con placchetta e moschettone, l'imbrago invece si allarga, e così via. Se si riflette bene su questo si capisce subito che tutti gli ammennicoli che ti permettono di stare saldamente attaccato ad una corda sono degni del massimo interesse e della massima cura.

Una particolare attenzione va rivolta nel trattare con la bombola dell'acetilene: non esiste sulla faccia della terra oggetto più permaloso. Si narra di bombole di acetilene rimaste a giacere dimenticate sul fondo di una grotta insieme al loro proprietario perché si erano rifiutate di illuminargli la via del ritorno.

Poi si entra in grotta!

In squadre, perché siamo tanti. Le squadre le fanno gli istruttori e forse ci si divertono, oppure scelgono accuratamente i componenti di ciascuna, o forse tirano a sorte, o magari invece guardano che i cognomi facciano rima, io ho provato a scoprirlo con domande dirette e indirette, in varie circostanze, con la statistica e con la retorica, ma non l'ho capito. In grotta, poi, prima si scende e poi si sale, e anche tutto il resto succede al contrario: e in generale, quello che sembra semplice è complicato e forse quello che sembra complicato è semplice (ma non sempre). Io posso dire da parte mia, che quello che ho scritto è vero e che ho sperimentato personalmente come il primo P30 in vuoto che ho visto in vita mia sia stato molto più lungo da scendere che da risalire. Poi man mano che scendi ti abitui ai posti troppo grandi o troppo profondi; il peggio, ti accorgi poi, sono quelli troppo stretti dove non puoi precipitare, ma non puoi fare neppure nient'altro, rimani semplicemente lì. "Per sempre" pensa l'allievo, e magari per colpa dei vari attrezzi, ancora poco addomesticati, che si sono incastrati in ogni spuntone di roccia possibile o inesistente.

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Allora l'istruttore dice "se non riesci a toglierti di lì, poi muori. Per portarti fuori ci toccherà, anzi, tagliarti in pezzi e metterti in un sacco da punta". L'allievo si spaventa e anche gli aggeggi incastrati (il croll è il peggiore) si spaventano, e pensano "poi ci mettono anche noi nel sacco, con tutto quel sangue!" e si scastrano, così l'allievo è salvo.

Poi si arriva al fondo, che non è mai il fondo; serpeggia infatti tra gli allievi il dubbio che le grotte siano senza fondo, e che scendendo quanto basta si possa uscire in Cina.

E poi, come ho già detto, si risale. E mentre in discesa potevi sentire con chiarezza che eri tu a percorrere la grotta, in salita è la grotta a scorrerti sotto i piedi. Ma la cosa più bella è uscire da sottoterra e trovare fuori un bel sole, non succede sempre, lo dico per sentito dire, ma quando succede, probabilmente, anche l'allievo più speleofilo di tutti si convincerà di essere entrato in grotta solo per il piacere che prova ad uscirne.

 

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GROTTA DELLE TURBIGLIE:

UNA NUOVA VIA

 


Generalità

M. Vigna

     La grotta delle Turbiglie è localizzata presso Serra di Pamparato, in Vai Roburentello, in prossimità della displuviale che separa il Torrente Roburentello dal Torrente Casotto. In questa zona si trova pure la Tana del Forno detta anche Grotta dell'Orso, che insieme alle Turbiglie costituisce un sistema carsico di notevole importanza che alimenta le risorgenze della Grotta delle Fontanelle, localizzata sul fondovalle presso Roburent.

     Quest'area, con caratteristiche prealpine (le maggiori elevazioni superano di poco i 1000 metri di altitudine), presenta in genere un carsismo superficiale coperto, con una coltre eluviale e colluviale di discreto spessore, poco permeabile, sulla quale si sviluppa una rigogliosa vegetazione prativa e boschiva. Le morfologie e le forme carsiche subaeree sono rappresentate da grandi depressioni chiuse e da serie di pianalti a forte assorbimento. Il deflusso superficiale perenne o stagionale, tende a concentrarsi in un certo numero di punti di perdita all'interno di grandi doli ne e valli secche. La grotta delle Turbiglie, localizzata sul fondo della conca omonima, costituisce un antico inghiottitoio, ancora oggi semiattivo, che drena una parte delle acque assorbite nel settore.

 

La scoperta

M. V.

     La cavità, nota da parecchio tempo, era conosciuta per uno sviluppo complessivo di una cinquantina di metri fino ad uno stretto pozzo-fessura ostruito al fondo da detrito e argilla. Pur essendo visitata da parecchie persone, nessuno si accorse mai che era percorsa da una discreta quantità d'aria che si infilava in una stretta fessura localizzata in alto, dalla parte opposta del pozzo finale. Nel 1976 il sottoscritto trovò il passaggio giusto, cercò di infilarsi una persona molto magra (per l'occasione il fratello Gianni, allora quindicenne) che però non riuscì nell'impresa. Poi tutto passò nel dimenticatoio.

     Nelle vacanze natalizie passate, durante i soliti vagabondaggi alla ricerca di qualcosa di buono, in compagnia di Margherita ed Alma, finiamo alle Turbiglie. La forte corrente d'aria presente all'ingresso mi rinfresca la memoria; raggiungiamo così subito la fessura e scopriamo che è possibile passare dopo opportuni allargamenti.

     La settimana seguente, con poche persone fiduciose (all'inizio capita quasi sempre così), facciamo il pieno sulla panda: 4 zaini, Margherita, Alma, Riccardo e il sottoscritto, 2 sacchi da punta, 150 metri di cavo, un martello demolitore, un generatore e...un bob. "Onore al fisico che lo ha inventato...", ed il trasporto del materiale da disostruzione fino all'ingresso sulla neve diventa cosa facile. Alle 6 di sera raggiungiamo le Turbiglie, la temperatura è assai rigida, si avvicina ai -20, ed anche in grotta; la cavità espira molto forte, l'ambiente non è dei più accoglienti. Presto Riccardo scalda l'atmosfera: si infila nella strettoia, non tecnica ma decisamente stretta, intorno ai 18 cm, e passa. Ne incontra altre due, più facili, e finalmente sbuca in una galleria discendente. Ritorna indietro e incominciamo subito i lavori di disostruzione. Passano alcune ore di febbrile lavoro, sia per chi sta in fessura e sia per le persone all'esterno che cercano di far funzionare il generatore. La strettoia assume poco per volta dimensioni più umane. Dopo alcuni tentativi riusciamo a passare ed esploriamo per alcune centinaia di metri una bella forra, inclinata, fino a raggiungere un piccolo sifone. Ma ormai si è fatto tardi, e decidiamo di uscire.

 

La seconda punta

M. Vigna

     Il giorno dopo una folta schiera di persone affolla la dolina delle Turbiglie, impaziente di entrare. Nella strettoia si lavora ancora con il demolitore per allargare ulteriormente

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il passaggio, ostacolati dall'aria proveniente dall'esterno (la cavità si comporta da ingresso basso), sempre forte, oltre i 30 km/ora, con temperatura di molto inferiore allo zero. Sono quattro i punti più stretti, che anche dopo la disostruzione presentano dimensioni con larghezze non di molto superiori ai 20 centimetri.

     Si accettano scommesse, dice qualcuno, ed incominciano i tentativi dei presenti. Al di là delle strettoie si ricostituisce poco per volta una schiera di persone soddisfatte, mentre al di qua visi pensierosi studiano il modo migliore per passare indenni la fessura. Il presidente arriva a spogliare la sua lady rubandole la tuta quasi nuova, più adatta di una malconcia Speleus. Finalmente il gruppo è ricostituito e si riparte.

     Percorriamo una bella galleria caratterizzata da un relitto di condotto sotto pressione sul soffitto, sfondato da un bel meandro, via via più stretto al fondo, che raggiunge un'altezza di 7-8 metri. Si attrezza con una corda di sicura un breve salto giungendo, dopo circa 200 metri di aeree ma facili arrampicate, ad un bivio a -60 dall'ingresso. Da una parte una breve galleria attiva conduce ad un sifone, mentre dall'altra un tortuoso meandro in risalita costituisce l'unica via possibile. I più percorrono la via bassa, mentre Ube spostatosi ben più in alto cerca con pietrate di sfoltire il gruppo. La morfologia non cambia: antiche condotte che raggiungono in alcuni tratti discrete dimensioni, ed un successivo meandro di approfondimento.

     Raggiunta una saletta sono evidenti due prosecuzioni, ambedue raggiungibili con arrampicata. Si sceglie quella di destra, in quanto Ube, giunto nello stesso ambiente una decina di metri più in alto, scorge una grossa galleria. Poppi e poi Riccardo lo raggiungono, superando un camino di circa 10 metri con non facili passaggi. Più avanti c'è un salone di crollo con diversi arrivi, ma ormai si è fatto tardi e si rimanda la loro esplorazione ad una prossima uscita.

 

Le punte successive

A. Eusebio

     Dopo la grande punta della volta precedente, la settimana seguente siamo di nuovo dentro in moltissimi. Questa volta decidiamo di risalire il ramo attivo, meandro, saletta, ancora meandro poi un quadrivio, da una parte un ramo che scende per i fatti suoi e dall'altra due che salgono. Ci dividiamo: chi risale, chi scende echi rileva, vaghiamo per un pa' in vari orrendi e fangosi meandri, poi il Puffo trova il ramo buono. Risaliamo ora un meandro attivo stretto fino a quando si allarga, poi arriviamo sotto a due camini che non reputiamo utile salire, almeno per ora...

     Una settimana dopo invece cambiamo idea, perché non risalire i camini finali? Così entriamo in sei, di notte: Ube, Aria, Nino, Gian, Linda ed io, molto lenti ed insonnoliti arriviamo alla base dei camini. Facciamo gli idioti per un tot, risaliamo qualcosina ed usciamo al mattino disgustati.

 

Turbiglie ultimo atto

A. E.

     Per l'ultima punta stagionale l'entusiasmo ci soffoca, le esplorazioni qui dentro richiedono molto tempo e fatica, soprattutto mentale, e non danno che pochissime soddisfazioni. Questa volta siamo in quattro: Stefano, Scatoletta, Scambelluri ed il sottoscritto. All'ingresso avevamo intenzioni serie..., rilievo..., esplorazione di tutto... e disarmo, ma poi viene a mancare un componente fondamentale: la voglia, e lo scazzo successivo ci indurrà ad uscire dopo 10 ore. La storia è banale e solita, nei rami superiori c'era un pozzetto ancora da scendere. Facile, bello, largo e corto a cui segue un bel meandro con tanta acqua, tanta che dopo un po' lo chiude. Poi risaliamo un arrivo: sala dove c'è il contatto tra calcari e rocce impermeabili, poi strettoie con aria, ancora un camino che stringe, un altro e un altro ancora, al decimo dico basta, bestemmio qualcosa e vado con Marco a fare il rilievo del ramo che porta al sifone, poi usciamo tutti, con la speranza di rientrare qui dentro il più tardi possibile, magari mai più.

 

 

 

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CONSIDERAZIONI SUL SISTEMA

TURBIGLIE-GALLIANI

 

A. Eusebio


 

Storia

La storia delle esplorazioni delle cavità del sistema è antica. Già Sacco discese avventurosamente nel 1884 i primi due pozzi della Tana del Forno, poi il GSP ridiscese la cavità esplorandola fino ad un fondo laterale (-101) negli anni 1953-55, e rilevò la Tana delle Turbiglie.

Più recenti esplorazioni con soddisfacenti risultati furono compiute alla Tana del Forno dal GS Monregalese e subito dopo dal GSAM di Cuneo che raggiunse il collettore principale seguendolo fino ad un sifone a -204. Era l'anno 1972.

Da allora poco o nulla è stato fatto, il GSP, da parte sua, ha negli ultimi due anni vagato ogni tanto nella zona del torrente scoprendo qualche metro di nuove gallerie ma nulla più. Nelle vacanze natalizie 1984, Meo e C. rivedono la Tana delle Turbiglie scoprendo le buone possibilità che già sapete.

 

Situazione attuale e prospettive future

Il sistema carsico finora conosciuto si sviluppa per oltre 2000 metri ma si ha l'impressione che molto sia ancora da scoprire. Alla Tana del Forno per esempio esiste un reticolato fossile conosciuto solo in parte che potrebbe, se raggiunto, dare nuove soddisfazioni agli esploratori e forse chiarire la situazione. Non va dimenticato infatti che le risorgenze del sistema, scoperto attraverso tre successive colorazioni, si trovano in Val Roburentello alla sorgente Galliani poste a quota 785 dove esiste la Tana delle Fontanelle (sviluppo circa 200 m). Se il dislivello tra il sifone e valle della Tana del Forno e quello delle Fontanelle è solo di 50 m, la distanza ancora da percorrere è di circa un chilometro.

Anche le recenti esplorazioni alle Turbiglie hanno chiarito alcuni problemi ma ne hanno posto altri. Accertato, con colorazione GSP 1967, un collegamento Turbiglie-Galliani, non si sa dove il mini-collettore delle Turbiglie confluisca nella Tana del Forno. Inoltre le Turbiglie sono percorse da tre torrenti indipendenti posti circa alla stessa quota che non si sa dove vanno,

Un ultimo particolare curioso è la forte circolazione d'aria che percorre la Tana delle Turbiglie, che si comporta da ingresso basso; l'abbiamo seguita per un po', poi è misteriosamente scomparsa, infine l'abbiamo ritrovata ma il comportamento era inverso.

 

Geologia e fratturazioni

Due note solo per dimostrare che non scendiamo ad occhi chiusi; le due grotte si aprono nei calcari brecciati mesozoici appartenenti ai klippen sopra-brianzonesi di origine incerta. La genesi delle due cavità e legata a fattori strutturali essenzialmente differenti. In entrambe sono comunque riconoscibili fratture con orientazioni preferenziali, circa NW-SE, visibili anche all'esterno. A queste si associano altri due sistemi minori più difficilmente riconoscibili: N-S e NE-SW. L 'origine delle Turbiglie è legata a litoclasi essenzialmente verticali, mentre la Tana del Forno ha come elemento speleogenetico essenziale, almeno nella parte iniziale, una discontinuità planare inclinata di circa 45° verso WSW. La morfologia è in questo caso caratteristica: si presenta infatti come un condotto, fortemente inclinato, più o meno modificato dalla successiva azione chimico-fisica dell'acqua. Tali condizioni sono visibili finché si incrocia il collettore principale che ha caratteristiche differenti, analoghe ad una analisi sommaria a quelle delle Turbiglie.

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Tana del Forno - Tana delle Turbiglie - pianta schematica

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Tana delle Turbiglie - rilievo

 

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LA NUOVA MOTTERA

A. Acquarone (SCT)


 

     Speleologia del Piemonte da un po' di anni vuoi dire anche Mottera, questa grotta-sorgente di cui qualcuno ha appena sentito parlare, ma di cui alcuni ignorano addirittura l'esistenza, sta regalando un sacco di soddisfazioni agli speleologi che continuano a batterci la testa.

     Tutti voi forse vi chiederete che cosa sta diventando questa Mottera, come si fa a saperne di più, perché non è stato pubblicato niente ecc. Innanzi tutto devo dire che il nostro gruppo è praticamente nato con la Mottera, tutti prima andavamo in grotta, ma solo ora sappiamo cosa vuoi dire far speleologia; ci siamo trovati così di fronte a un sacco di problemi nuovi che ci hanno richiesto notevoli sforzi. Il lavoro era enorme e quindi qualche Iato è stato inevitabilmente trascurato. Si è costruita come base di appoggio una capanna esterna, indispensabile per questa attività, si è attrezzato un bivacco interno, si sono fatte colorazioni, si è fatto un rilievo accurato e preciso e soprattutto si è rispettato la grotta e tutto ciò che è patrimonio di tutti, e mille altre cose.

     Questa cavità sta risultando di proporzioni inaspettate: basti dire che in tre anni di attività abbiamo esplorato oltre 9000 metri di nuove gallerie, di cui 7000 topografati, con un dislivello massimo di + 403 m.

     La morfologia prevalente è quella di una forra alta mediamente dai 20 ai 30 m e in alcuni punti fino a 90, a tratti molto larga, sulle cui pareti sono spesso visibili i solchi di erosione prodotti dal prolungato passaggio delle acque. In alto è presente un sistema di grosse condotte freatiche, in più punti sfondate sulla forra sottostante, a testimoniare un'antica circolazione tipica di carso profondo.

     Il torrente sotterraneo che costituisce il ramo principale della grotta, è percorribile dalla sorgente per 2440 metri. A questo si unisce una serie di importanti affluenti solo parzialmente noti e una seconda galleria (l'Arteria Sud) in parte attiva e in parte fossile lunga 1300 m.

     Molto lavoro è stato fatto, ma almeno altrettanto rimane da fare; la Mottera ha ancora molto spazio e le possibilità esplorative sono enormi. È in fase di ultimazione una monografia che raccoglie le relazioni, i rilievi, le descrizioni e le esperienze di questi anni di attività.

 

 

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VALINOR E FINIS AFRICAE

G. Badino


 

Certo non mi state leggendo in una cattedrale gotica, né in una delicata chiesetta romanica, ne in qualche palazzotto rinascimentale. Molto probabilmente mi state leggendo seduti su un cesso in qualche condominio moderno, o stesi in un letto dentro qualche sudicia casa popolare, in attesa del sonno.

"Questa volta Giovanni farnetica davvero", penserete, "vuol parlare di Corchia e scrive di case". Sapete, sto scrivendo sotto la curva volta del soffitto in un palazzo barocco, ove san andato ad abitare, e vorrei farlo pesare un po'. Tanto più che questo ha seri legami con la mia attività speleologica invernale, massacrata dagli infiniti lavori che ha richiesto questa casa.

Ecco allora che tesserò poche note su una discesa in Valinor ed una in Fighiera: queste e un po' di soccorso e un po' di corso sono state le mie uniche boccate d'aria abissale, e volevo scusarmi con la redazione.

Andiamo con ordine

Valinor: sono dei rami in stile megafighiera, inizianti in modo ridicolo sopra il naso dei traversisti che passeggiano nel salone Manaresi. Lo stile della prima parte è il microcorchia ed è per questo che nessuno li aveva visti.

Casa mia, invece è barocca.

     Van su sorvolando pozzi e prosecuzioni, e noi di là siamo andati un week-end di marzo invitati dai fratelli fiesolani. Eravamo in molti (Badino, Bianco, Gabutti, Lovera, Nobili, Pavia, Ruggeri, Sconfienza, con Steinberg, Piccini e Cristoforo) sparpagliati lungo la parte finale dei rami ad esplorare. Gran belle cose.

     Una risalita ha portato la squadra di Leo in una straordinaria galleria piena di aragonite e di pozzi che non ricadono nei rami principali.

Noi invece siamo andati in Fighiera, al Meinz, mettendo in ordine le corde per le esplorazioni future, abbiamo collaudato la tenda Steinberg (la Astarte), costruzione veramente notevole. Infine siamo scesi {anzi è sceso Ube) nel Kilimangiaro, il più gran pozzo di Valinor, che Leo e Bruno hanno sorvolato in traverso. E un gran P60 stile megacorchia con influssi megafighiera alla base, franosa.

     Niente barocco, però, niente.

Tre settimane dopo invece siamo andati in Fighiera, a vedere quei rami scoperti l'anno scorso in zona Asino che Raglia. Uno di questi era il ramo sinistro del quadrivio; ove nel '76 ci eravamo fermati contro una frana e nell'81, superatala, su un pozzo. Ube. e Maria Consolata rilevano il ramo, Lucido, Arlo, Simonetta ed io andiamo avanti. Armiamo il salto e toc: finiamo in Fighiera.

Non ne siamo gran che emozionati perché c'eravamo già prima, solo che adesso abbiamo inventato un nuovo ramo per andare dal Quadrivio alla Galleria che porta all'Ohnishi e allo Gnomo.

Certo che se non l'avessimo scoperta ne! '76 (con una disostruzione, questo puzzolente ramo ci avrebbe portato in una regione favolosa. Ma l'avevamo già scoperta e anche riempita di immondizie, maledetti noi.

Alcune risalite per trovare varianti che ci facciano entrare in nuove o interessanti regioni (Valinor non è lontano) non portano a nulla. Stile microfighiera.

In questo ramo abbiamo lasciato ancora un pozzo da scendere: proprio sotto dove ci si immerge nel meandro franoso nel punto in cui la via diviene orizzontale stretta ed in

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avanti, si può anche andare indietro fino a trovarsi in una forra che poi sprofonda. chissà cosa ci sarà, là sotto.

Mentre in un paio giochiamo a risalire in queste zone di entrata della nuova galleria nella vecchia, gli altri vanno verso l'Ohnishi, dove avevamo altri pozzi da esplorare, ma c'è troppa acqua. Quando raggiungiamo i compagni, ci dicono che si sono infilati in un ramo secondario, da noi dimenticato nel '76. Dopo una facile disostruzione sono sbucati sul pozzo: e mentre Lucido e le due signore si avviano verso l'uscita, noi scendiamo quello, un ampio P15÷20, ed il successivo di una decina.

Ci arrestiamo su un nuovo pozzo. Poca aria, tende al fossile ma sta piombando dritto giù, sotto la regione dell'Asino che Raglia, e sarà interessante.

FINIS AFRICAE, si chiamerà. Ed ora, mentre scrivo, so già che sfiora i -600; ma leggetevi il prossimo bollettino: forse faremo di meglio e di più vasto e dì più attivo.

Non barocco però.

 

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SOCCORSO. I FONDAMENTALI

G. Badino


 

     Circa un anno fa preparai un sintetico riassunto delle cose da sapere ed avere (teoricamente, almeno) per gli appartenenti al I Gruppo di Soccorso. E in sostanza un arcisunto del Manuale di Soccorso che ho preparato e che, penso presto, uscirà.

     Credo che questo elenco, lungi dall'essere assoluto, sia un utile riferimento di base. Lo si consideri un testo dei "fondamentali" che tutti i volontari devono sapere sia per utilizzarli che per criticarli e modificarli. Invito però chi è interessato, PRIMA ad impararlo a fondo e POI a criticare e a modificare. Penso infatti che l'inversione fra queste due fasi, apprendimento e critica, generi stolide discussioni accademiche che, secondo me, bisogna evitare il più possibile.

     "Grotte" offre ospitalità a questo scritto rivolto ai volontari del CNSA-SS nella speranza che sia utile a tutti gli speleologi.

 

Riassunto delle cose da avere e da sapere

IN GENERALE - Esser capaci di andare in qualunque grotta ove si possa esser chiamati ad intervenire. Avere inoltre i materiali adatti e pronti: in particolare la luce.

MATERIALI - Per chi ha l'auto: avere carburante, specialmente alla domenica sera. Cibo per tre giorni, carburo per venti-trenta ore in camera d'aria adatta, coperta spaziale, un pezzo di dormiben.

Consigliati dei fornelli a meta. Spit: ognuno ne abbia almeno dieci completi, ossia: spit, cono, bulloni o viti brugole, placchette, moschettoni. Inoltre chiavi adatte, martello, eventualmente cliff hanger ancorette, nut, chiodini da roccia. Il tutto in opportuni contenitori e sottocontenitori.

 

NOZIONI

SPIT - Fare la sede per la placchetta in maniera seria. Mettere gli spit in modo che passandoci sopra il dito non lo si senta ne in rilievo ne affondato.

COLLEGAMENTI - Collegamenti in serie (F1) e parallelo (F2 e 3).

Nel primo caso curare che la corda di collegamento sia tesa ma non troppo. Nel secondo cercare di essere nel caso di F2 anche se è un po' più complicato. Fare in modo che l'angolo compreso fra gli spezzoni che scendono dai chiodi sia meno di 90°.

NODI - Gassa Savoia, senza accavallamenti interni (F4). Savoia filato, senza accavallamenti interni. Questo lo si deve usare come nodo di giunzione, ad esempio per chiudere anelli (F5).

Bolina (F6) e Bolina nel doppino (F7).

MEZZO BARCAIOLO - MB -(F10). Quando è usato come sicura non mollare mai la corda amante e tenere le mani lontane dal nodo.

Sicura in discesa. Non lasciarlo scorrere perché torce la corda: bisogna infilarci dentro la corda, tenendola stretta. Il moschettone su cui è il MB deve essere staccato dalla roccia.

MEZZO BARCAIOLO BLOCCATO - MBB - Utilizzare uno dei due sistemi mostrati (F8 e 9). Saper fare MB e MBB senza bisogno di guardarli. F8 è formabile senza rischi per le dita anche con la corda a valle tesa.

CARRUCOLA SU MBB - Fondamentale per deviazioni di tiro (F11 ).

PARANCHI - Come in (F12).

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TENSIONAMENTO - corde di guida e teleferiche - Usare il sistema di (F13). Il nodo sulla corda è un Bolina nel doppino (F7).

SISTEMI AUTOBLOCCANTI - A moschettoni (F14)

CAPRA - Sistema di tener lontana la corda dalla roccia facendola passare in una carrucola collegata in vita. Usabile sia alla sommità che a metà di pozzi. Operatore sempre assicurato. Manovra faticosa.

DEVIAZIONI DI TIRO in pieno pozzo - In generale si usano o "Capre" o Deviatori, cioè carrucole su MBB fissate ad UNO spit in pieno pozzo. In questo caso la corda dell'MBB è indipendente da qualunque altra. Quando la barella arriva contro il deviatore l'accompagnatore sgancia l'MBB e "cala" fino a portare la barella sull'asse del recupero superiore.

 

MANOVRE

CONTRAPPESO - CP - Saperlo montare ed usare al buio. Deve essere fatto su almeno due spit (F15 e 16).

CP ACCOMPAGNANTE - L'operatore di CP scende fino al ferito, se lo lega all'imbrago e sale con esso.

CP CALANTE - Per calare una barella. Recuperare la barella con una carrucola su dei chiodi da CP, esposti nel pozzo: L'operatore di CP lavora come nel CP normale solo che al posto dei bloccanti ha un discensore ed al posto di "salire" "scende".

CP LONGOBARDO - Più tecnica d'armo che manovra. Occorrono tre carrucole (F17). L'uscita è molto più facile e si può dare una mano all'operatore di CP.

TIRO - Tirare bene una corda con un lesionato al fondo è difficile.

Niente strattoni ma sforzo continuo, di braccia. Molto più faticoso ma molto migliore.

ACCOMPAGNAMENTO - In vuoto si sale insieme alla barella. Controparete salita alternata accompagnatore, barella. Collegarsi alla barella tramite la sua corda di sicura, a valle del collegamento (F18).

TELEFERICHE - Evitarle il più possibile. Usare corde di guida con barella verticale o calate alternate a recuperi dalla parte opposta (es. F21).

CHIACCHIERE - Durante recuperi in pozzo ognuno cura di stare zitto eccetto accompagnatore e direttore di manovra, che sta sul bordo del salto.

 

ARMAMENTI

ARMAMENTO STANDARD - AS - (F19). Costituito da:

     1) Spit C, di carrucola, due o tre;

     2) Spit T, di tiro, due o tre o quattro;

     3) Spit S, di sicura, uno o due;

     4) Zona a monte dei T in cui viene posato il materiale che non serve, comprese le corde che vengono recuperate dal pozzo;

     5) L'armamento di salita e discesa del pozzo in genere non viene toccato. L'assenza causa troppe perdite di tempo.

SPIT C - Decidono se il recupero sarà facile o da incubo. Devono essere ALTI ed avanzati. Su di essi si fa CP o si fissa la carrucola su MBB. Collegati in serie o in parallelo. Forse meglio serie (F1).

SPIT T - Un po' alti, a vista dei C, fra essi ed il bordo del salto c'è spazio sufficiente a posare la barella.

SPIT S - Un po' più in basso dei T, collegato tramite il sistema (F20).

     La sicura si fa con MB.

CONSIDERAZIONI GENERALI - Gli armi non devono avere né troppi chiodi e corde né troppo pochi. Entrambe le esagerazioni sono pericolose e fan perdere tempo. Pun-

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tare ad acquisire tanta esperienza con l'AS da riuscire a "vederlo" dappertutto. DOPO si cerchino migliorie e varianti di volta in volta (inutile cercare di imparare le moltiplicazioni se non si san le addizioni). Facciamo notare che è un armo a quattro-sei spit che deve essere usato sia su un saltino da dieci che in un pozzo da duecento, a parità di difficoltà di uscita. Facciamo notare che i due pozzi non differiscono molto ne come sollecitazioni previste negli armi ne come difficoltà tecniche se, ad esempio, entrambi sono in vuoto. Solo come pericoli c'è differenza perché il dieci non mette in guardia come il duecento ed è dunque un po' più pericoloso.

 

SPOSTAMENTI SUBORIZZONTALI

PASSAMANO - A coppie tendenzialmente fisse. Ogni componente lavora specularmente al compagno.

IN MEANDRO - Ci si deve scaglionare lungo il meandro, ognuno AVENDO BEN CHIARO COSA DOVRÀ FARE QUANDO GLI ARRIVERÀ LA BARELLA.

SCAGLIONAMENTO - Barella ferma; tutti la superano, in fila indiana.

     L'ultimo segnala di fermarsi. Tutti si voltano e si sistemano riferendosi al compagno dietro di essi e non a quello davanti. Cioè ognuno aspetta che il compagno dietro si sia sistemato, gli vanno un po' incontro e si sistemano.

SCALARE. Si utilizza nel caso il punto di sosta della barella sia scomodo da superare. Si supera finché quello di testa arriva ad un punto che lui valuta buono per il superamento. A quel punto lui dice: "SCALIAMO" e vi si ferma. Gli altri, a quell'ordine, continuano a superare posizionandosi rispetto al compagno di fronte ad essi, e non a quello dietro, finchè il tratto fra la barella e il buon punto di sosta è saturo. La barella allora parte senza aspettare altri superamenti.

CONSIDERAZIONI GENERALI - La barella deve muoversi lentamente.

L'obiettivo strategico è che essa non si fermi mai, non che vada velocemente. Movimenti, superamenti, scelte di soste, scelte di passaggio sono finalizzati a farla sostare il meno possibile.

 

VARIE

COMUNICAZIONI - È in questo settore che si può con il minimo sforzo rendere più grandi le probabilità di riuscita del recupera. Tutti conoscono i mezzi di comunicazione. Ma ancor più importante è l'affidabilità dell'informazione. Nessuna invenzione od ipotesi personale venga venduta come fatto. In particolare chi fa da "ponte" fra due canali radio o un canale radio ed uno telefonico si comporti come ripetitore passivo.

MOVIMENTI DI SQUADRA - Mirare ad agire e a spostarsi in gruppetti.

Evitare, se possibile, le azioni individuali (precedere la propria squadra in grotta, uscire per conto proprio, dormire in posti isolati, fare passeggiate). Di ogni azione rilevante deve essere data notizia al CG o a chi fa il segretario dell'operazione.

 

 

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Schede


IL GARB DELL'OMO INF.

Meo Vigna


 

     Ritorna, spazio permettendo, la rubrica sulle cavità più interessanti della regione, con la descrizione di una grotta, il Garb dell'Omo inferiore, che soltanto recentemente il GSP, ha ampliato con l'esplorazione di un nuovo tratto. La storia della cavità è breve, l'ingresso ed il ramo superiore sono sempre stati noti, nel 1962 furono portate a termine le esplorazioni nelle parti inferiori. Infine soltanto nell'82 alcuni membri del gruppo decisero di risalire un camino noto a tutti, di difficile percorrenza, localizzato alla base del P60. Sicuramente ci si aspettava di più dalla nuova via, ma c'è ancora qualcosa da vedere, chissà!

     Sulla dorsale di Rocca d'Orse, sono localizzate oltre a questa, numerose altre cavità (la più importante è l'abisso della Donna Selvaggia, -195), appartenenti ad un grande sistema carsico profondo, ormai in parte smantellato dall'erosione, in parte occluso dai riempimenti.

 

Itinerario

     Da Garessio seguendo la strada carrozzabile si raggiunge il paese di Valdinferno e quindi Case Mecca. In direzione delle pareti di Rocca d'Orse si prende il sentiero pianeggiante nel primo tratto, poi in discesa, che conduce su una gola incassata dove scorrono due torrenti, il rio Garella e rio delle Surie. Con ripidi tornanti si risale tra fitti boschi di faggi seguendo la traccia di un sentiero fino ad abbandonarlo per seguire un ripido canale pietroso che conduce all'ampio portale di ingresso, poco visibile dal basso (1 h circa).

 

Descrizione

     L 'ingresso è seguito da un breve salto di due metri e da una grossa galleria in forte pendenza con fondo pietroso. Un caotico ammasso di grossi blocchi nasconde sulla sinistra la partenza di un pozzo di 60 m, mentre risalendo tra i massi si raggiunge una galleria in discesa con salti superabili in arrampicata. Poco più avanti, tra concrezioni si raggiungono due piccole condotte, chiuse quasi completamente da vaschette e stalattiti.

     Il salto di 60 metri è quasi tutto contro parete, occorre 15 m dopo la partenza raggiungere uno spit sulla volta per armare la discesa. AI fondo una grossa conoide ed un bivio. Sulla destra risalendo in difficile arrampicata un cambio di 20 metri (con cascatella sulla destra) si raggiunge il ramo degli Sciacalli. Una galleria con un P10 chiuso al fondo conduce ad una serie di altre arrampicate, sempre rese pericolose per abbondanti depositi di latte di monte che ricoprono le pareti.

     Dopo 60 metri di dislivello si incontra una condotta che attraverso uno scivolo si imbatte su un pozzo di 20 metri. Ancora una piccola galleria in pressione, poi un sifone preclude ogni prosecuzione.

     Dal cono detritico proseguendo invece sull'altra china si perviene ad una stretta ed alta galleria in frana. Più avanti una sala ed un piccolo passaggio portano su un bivio: da una parte un pozzetto di 15 metri giunge in prossimità del sifone finale, raggiungibile anche percorrendo una bella galleria a forra che dopo una sessantina di metri sbuca in ambienti più grossi. Ancora un bivio, sulla sinistra una sala con abbondanti depositi sabbiosi termina su un sifone ad una profondità di -144 metri. Dalla parte opposta seguendo verso monte un piccolo torrentello si incontra uno stretto sifoncino ed una serie di camini intercalati da brevi gallerie, risalibili con difficili arrampicate.

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Garb dell'Omo inferiore - rilievo