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BOLLETTINO INTERNO

G.S.P.

CAI-UGET

Anno IX - Settembre, ottobre, nov., dic. 1966      n. 31

GROTTE

 

SOMMARIO

Notiziario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Attività di campagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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L'abisso del Ferà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Rilievo dell'abisso Saracco: sezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Su Anzu, la grotta più lunga d'Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Note sub: l'idrocuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Ancora sui fluocaptori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Radio - e tele-comunicazioni in grotta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Le nuove scalette del GSP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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In memoria: Pelagalli, Donini, Gortani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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L'85° di fondazione del CAI Mondovì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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La biblioteca del GSP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Pubblicazioni ricevute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Hanno collaborato:

Carlo BALBIANO. Guido BERTOLOTTI, Chicco CALLERI, Paolo COLOMBERA, Beppe DEMATTEIS, Marziano DI MAIO, Eugenio GATTO, Giulio GECCHELE, Edoardo PRANDO, Maurizio SONNINO, Carlo TAGLIAFICO, Gianni TONINELLI, Giancarlo ZANELLI.

Disegni e grafici di Eugenio GATTO.

Redatto da Carla Dematteis, Marziano Di Maio, Eugenio Gatto.

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NOTIZIARIO

L'ASSEMBLEA DI FINE ANNO

     Il 16 dicembre 1966 si è tenuta l'assemblea ordinaria di fine d'anno del GSP, con il seguente ordine del giorno:

1. relazione del Presidente

2. relazione del Tesoriere

3. elezione dei membri effettivi e aderenti per il 1967.

4. elezione del Presidente e dell'Esecutivo per il 1967.

Al termine delle relazioni di Sodero, Presidente uscente, e di Grilletto, Tesoriere, è stata data lettura delle candidature proposte dall'Esecutivo, cui è seguita la votazione; 14 sono stati i membri effettivi eletti per il 1967:

Carlo BALBIANO - Via Balbo 44 - tel. 87.53.98

Piergiorgio BALDRACCO - Villa Nota, PIANEZZA, tel. 96.69.32

Federico CALLERI - via Cibrario 42 - tel. 47.15.50

Giuseppe DEMATTEIS - str. di Tetti Gramaglia 19, fraz. Cavoretto, tel. 67.39.29

Marziano DI MAIO - via Lurisia 15 - tel. 38.98.08

Aldo FONTANA - Via Ulzio 7, RIVOLI, tel. 95.73.47

Eugenio GATTO - Via Berthollet 44 - tel. 68.71.37

Giulio GECCHELE - Via Antinori, 4 - tel. 58.91.95

Saverio PEIRONE - via Porta Piacentina 65, MONCALIERI - tel. 64.24.96

Edoardo PRANDO - via Luisa del Carretto 74 - tel. 87.72.50

Gianni SARTORI - piazza De Amicis 125 bis - tel. 69.39.04

Dario SODERO - via Baltimora 73 - tel. 39.81.23

Maurizio SONNINO - via S. Quintino 32 - tel. 53.94.68

Gianni TONINELLI - via Omegna, 18 - Cascine Vica - RIVOLI

I 20 membri aderenti sono i seguenti:

Beppe ARDITO - via XX Settembre 38 - tel. 51.92.78

Guido BERTOLOTTI - via Lamarmora, 78- tel. 59.05.23

Daniela CALLERI - via Cibrario 42 - tel. 47.15.50

Paolo COLOMBERA - via De Bernardi 2/40, tel. 35.33.73

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Willy FASSIO - via Sospello 163/17 - tel. 29.69.95

Andrea GOBETTI - strada Reaglie 5, tel. 89.04.21

Renzo GOZZI - Via Caboto 35, tel. 50.23.95

Renato GRILLETTO - via S.Felice, 55 - PINO TORINESE - tel. 88.10.71

Mario OLIVETTI - Via Tiziano 46 - tel. 67.05.07

Dario PECORINI - via S. Quintino 10 - tel. 57.00.85

Giorgio PEYRONEL - str. dai Ronchi ai Cunioli Alti, tel. 69.74.92

Iva QUARENGHI - Auf der Mauer 7 - 8001 ZÜRICH (Svizzera).

Giola ROSANI - corso Francia 133 - tel. 77.92.18

Pierangelo SARACCO - via Capua 31- tel. 48.63.67

Sandro SOLENGHI - P.zza Vittorio Veneto 5, tel. 83.6.62

Carlo TAGLIAFICO - c.so Francia 276 - tel. 72.45.65

Mariangela TONINELLI - Via Vicenza 23 - tel. 48.63.00

Vittorio VALESIO - via Nizza 352 bis - tel. 634.119

Anna VAUDANO - str. S. Margherita 2,42 - tel. 87.38.44

Giancarlo ZANELLI - Via Gorizia 194 - tel. 32.60.69

     E' stato riconfermato Presidente Dario Sodero, il quale però si è venuto a trovare, a causa degli impegni connessi con i suoi studi e con il servizio militare, nell'impossibilità di assolvere il mandato; pertanto in successive elezioni veniva nominato Presidente per il 1967 Carlo Balbiano. L'Esecutivo è composto da Federico Calleri, Marziano Di Maio, Giulio Gecchele e Dario Sodero, oltre che dal presidente.

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     Con lo scopo di prevenire gli incidenti in grotta e di divulgare le norme essenziali di pronto soccorso e di comportamento nel caso di incidenti, si sono tenute alcune lezioni in sede. Il 14 e il 21 ottobre l'accademico Dino Rabbi ha illustrato le più moderne tecniche di assicurazione e di recupero; l'11 e il 25 novembre Renzo Gozzi ha trattato gli aspetti medici del soccorso, che verranno esauriti in una prossima terza lezione e che saranno poi pubblicati.

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     Il cine-documentario "L'isola" di Vittorio Valesio, presentato al 15° Festival internazionale del film di montagna e di esplorazione di Trento, è stato accettato e proiettato il 10 settembre.

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     Il 5 ottobre il fotodocumentario "Mondo sotterraneo" di Carlo Tagliafico è stato proiettato a Mosso S.Maria (VC) presso la locale sottosezione del CAI di Biella.

     Il 19 novembre, organizzata dal Collegio Artigianelli di Torino, si è tenuta una serata imperniata sulla speleologia e in ricordo di Gianni Ribaldone. E' stato proiettato "Mondo sotterraneo" ed è stata consegnata dagli organizzatori a Carlo Tagliafico una medaglia d'oro.

     Il 25 novembre, nel corso di una serata cinematografica tenuta ad Asti dal Cine Club Torino, è stato proiettato il documentario "L'isola" di Vittorio Valesio, preceduto da una breve rievocazione della figura di Eraldo Saracco.

     In settembre il GSP si è ritrovato una sera a casa di Saverio Peirone e, dopo un ricco spuntino, ha assistito a numerose proiezioni di diapositive e di film illustranti gli ultimi campi estivi. Era presente anche Tito Samorè del GGM, che ha presentato tra l'altro le sue riprese filmate sul campo estivo 1966 del GSP in Sardegna.

     In ottobre si è tenuta dopo la riunione del venerdì una serata di proiezioni di diacolor. Sono state proiettate le di! positive scattate da Prando e Peirone in Sardegna nell'agosto scorso (v. Boll. n. 30, pag. 28) e parecchie diacolor illustranti le gallerie Saracco della grotta di Su Anzu, autore Piero Fusina (campo invernale 1964).

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     Com'è ormai consuetudine, l'ultima delle gite estive in programma nel calendario della UGET ha avuto per meta una grotta. La gita, organizzata dal GSP, si è svolta il 9 ottobre al-

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la grotta di Bossea e vi hanno partecipato 46 persone, gran parte delle quali metteva piede sotto terra per la prima volta. Giunti tutti al termine della parte turistica, malgrado l'acqua eccezionalmente alta a causa delle abbondanti piogge cadute in settimana, una ventina di gitanti raggiungeva con gli speleologi le gallerie del Paradiso, percorrendole sino al punto più elevato. Dopo il pranzo al sacco in grotta, la visita aveva termine nel tardo pomeriggio.

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     Sabato 27 novembre si è festeggiato con una cena sociale il 13° anniversario di fondazione del GSP, che ricorreva il 23 novembre. Alla cena, tenuta in una trattoria di Cereseto nel Monferrato casalese, ha partecipato un folto numero di speleologi, nonostante la relativa lontananza da Torino. Dopo cena i festeggiamenti sono continuati nella vicina Serralunga di Crea, nel fienile della cascina di Giancarlo Zanelli, dove quasi tutti hanno poi pernottato.

     Non sono mancate anche altre occasioni, tra una grotta e l'altra, di lieto ritrovo. Il 4 settembre siamo saliti, dopo i campi estivi, sui monti di Morge di La Salle in Val d'Aosta, ospiti della famiglia Sodero nella zona dove Dario ha trascorso l'estate per i suoi rilevamenti geologici. Il 25 settembre il GSP è stato invitato all'alpe di Perabruna, dove i Baldracco organizzano ad ogni fine estate la festa della montagna. Il 17-18 dicembre sette di noi sono stati in Romagna a trovare gli amici speleologi di Faenza; dopo un cenone in quel di Massalombarda, l'indomani abbiamo raggiunto Brisighella per scendere insieme nell'abisso Fantini e alla Tanaccia; usciti di grotta siamo andati a Modigliana, dove in una cascina in cima a un colle i cuochi del GSF ci avevano preparato un indimenticabile pranzo a base di arrosti vari. La notte di S. Silvestro infine è stata festeggiata al Castello di Valcasotto, dove il GSP è stato ospite di Maria Teresa e Giulio Gecchele.

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     Oltre alla VI campagna in Alburno, durante la quale è stata completamente esplorata la Grava d'o Fumo (385 m di profondità e 1400 m di sviluppo), la Commissione Boegan della Soc. Alpina delle Giulie di Trieste ha svolto nel 1966 altre importanti esplorazioni.

     In marzo, aprile e maggio si è organizzata una campagna per esplorare nel gruppo del Canin una profonda cavità che verrà dedicata alla memoria di Michele Gortani. Il fondo è stato raggiunto a -350 m e sono state necessarie, anche per il difficoltoso trasporto dei materiali, sei uscite di 2-3 giorni, cui hanno partecipato anche elementi del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano di Udine. L'esplorazione si è rivelata abbastanza impegnativa a causa dei pozzi profondi, degli stretti meandri e cunicoli. Tre rami laterali verranno esplorati quanto prima.

     A fine settembre la SAG ha proseguito l'esplorazione dell'abisso Boegan sul M. Canin, già esplorato gli anni scorsi sino a -358 m, a due terzi d'un lungo pozzo risultato poi di 130 m. In fondo al pozzo (-410 m) si trovava un altro pozzo di 26 m e poi un altissimo meandro a piccoli salti successivi percorsi dall'acqua. Dopo un pozzo di 26 m il meandro terminava in un tratto in discesa che dava in una grande caverna, dove l'acqua spariva tra grossi ciottoli. Attraverso uno stretto cunicolo si perveniva in un'altra cavità dove riappariva l'acqua con portata sensibilmente accresciuta, rendendo più difficoltosa l'ulteriore discesa. Dopo un lungo meandro e alcuni salti gli speleologi esaurivano le attrezzature e rientravano rilevando, uscendo dopo 28 ore di grotta. L'abisso è ora esplorato sino a -487 m e continua.

     L'USB di Bologna e il GSF di Faenza hanno organizzato dal 30 luglio al 16 agosto scorsi un'altra spedizione in Sardegna, nei territori nuoresi di Urzulei, Orgosolo e Dorgali, con la partecipazione altresì di speleologi del G.S. Città di Imola, del G.S. Reggiano del CAI e di Cagliari. Gran parte del l'attività è stata assorbita dall'esplorazione della cavità Sa Rutta e s'Edera (Urzulei); si tratta di una grotta costituita da una serie iniziale di pozzi che immette in gallerie

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percorse dall'acqua. Sinora sono stati esplorati circa 2500 m di questo complesso che si rivela molto promettente e interessante.

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     Una cima della Groenlandia scalata in luglio da una spedizione torinese è stata dedicata alla memoria di Gianni Ribaldone. A Gianni inoltre la Scuola di alpinismo "Giusto Gervasutti" ha deciso di intitolare il terzo dei tre corsi in cui si articola la Scuola.

* * *

     Nel 1966 le presenze in magazzino per la costruzione delle scalette e altri lavori hanno toccato il numero di 235. Nettamente i più attivi figurano John Toninelli con 34 presenze e Chicco Calleri con 27. Da 16 a 20 presenze hanno totalizzato Sonnino, Peirone, Mariangela Toninelli e Di Maio; da 10 a 15 Saracco, Daniela Calleri, Gatto e Olivetti. Seguono Baldracco, Peyronel e altri 19 soci.

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     Come si è detto sul numero scorso del bollettino (pag.13), siamo stati costretti a dover ritoccare la quota fissata per un parziale recupero delle spese, quota rimasta sempre sul livello di 500 lire nonostante i continui aumenti dei costi di stampa e di spedizione.

     Per il 1967 detta quota è fissata in mille lire e il versamento potrà essere effettuato a mezzo vaglia postale o bancario.

     Non si potrà più inviare il prossimo numero a chi non è in regola con il versamento. Naturalmente i Gruppi Speleologici che inviano le loro pubblicazioni in cambio non dovranno versare alcuna quota.

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Attività di campagna

(Vengono pubblicate solo le uscite che hanno portato a risultati conformi agli scopi che il G.S.P. si propone, e di cui è stata data relazione scritta).

4 settembre

1966 -

CRISSOLO (CN) - Part. : C. Balbiano, E. Badini - Ricerca della provenienza dell'acqua di Rio Martino: trovata zona con perdite.

18 settembre -

CRISSOLO (CN) - Colorazione con fluoresceina di un torrentello vicino alla Comba delle Contesse; posa di fluocaptori a Rio Martino e nei dintorni. Part. : C. Balbiano, D. Pecorini.

25 settembre -

CRISSOLO (CN) - Part. : D. Pecorini e signora. Esame dei fluocaptori, positivo nella grotta di Rio Martino e negativo altrove.

25 settembre -

GROTTA DELLA PERABRUNA (Valcasotto, CN). Partec. : C. Balbiano, G. Baldracco, D. Calleri, M. Di Maio, E. Gatto, Esplorazione e rilievo. La grotta, scoperta in precedenza da G. Baldracco, si trova alla base della parete N della Perabruna ed è lunga 40 m.

2 ottobre -

BORNA DEL PUGNETTO (Mezzenile, TO). Par. G. Peyronel e altri due soci del Gr. Entom. Piem. - Rilevamenti meteorologici e ricerche biologiche.

9 ottobre -

GROTTA DI BOSSEA (Frabosa Soprana, CN) - Gita sociale dell'UGET - 46 partecipanti, tra cui del GSP: Balbiano), G. Baldracco, M. Di Maio, A. Fontana, A. Gobetti, D. Pecorini, S. Peirone, P. Saracco, S. Solenghi, G. e M. Toninelli, G. Zanelli.

15 ottobre -

PIAGGIA BELLA (Briga Alta, CN) - Part. : Baldracco, Di Maio, Gecchele, con il geom. Andreotti - Ricognizione nel luogo dove sorgerà la

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capanna scientifica "Saracco -Volante".

16 ottobre -

GARB OMO MEDIO, BUCO DELLE FOGLIE, BUCO del PAVE', TANA SURIE, GALLERIA SURIE, GARB OMO INFER.: (Valdinferno, Garessio, CN) - Part. : C. Balbiano, A. Gobetti, C. Re. - Rilievi .

22 ottobre -

GROTTA DEL PUGNETTO (Mezzenile, To) - Part. : G. Peyronel, E. Ricchiardi, S. Rossetto. - Ricerche entomologiche e meteorologiche.

23 ottobre -

GROTTA DI RIO MARTINO (Crissolo, CN) - E. Gatto e M. Sonnino accompagnano 26 turisti .

23 ottobre -

CRISSOLO (CN) - Part. : C. Balbiano Ricerca di fluocaptori, rilievo di alcune sezioni trasversali nella Grotta di Rio Martino, intervista con Q. Perotti sulla storia delle scale di Rio Martino.

30 ottobre -

ZONA DELL'ALPE DEGLI STANTI (Val Corsaglia, CN). Part.: Baldracco, C. Calleri, Di Maio, Gatto. Parziale disostruzione dell'inghiottitoio in cui confluiscono le acque della Mutera.

13 novembre -

VALLE MAUDAGNA, MONDOLE' (Frabosa Sottana e Roccaforte Mondovì, CN) - Part.: Baldracco, Di Maio, P. e A. Gobetti - Ricerca di informazioni sull'esistenza di cavità. Localizzati fori soffianti .

13 novembre-

Ardito, C. Calleri e Prando in allenamento sub al lago di Avigliana.

20 novembre -

GROTTA DELLE VENE (Ormea, CN) - Part. : D. Calleri, Di Maio, Gatto, Peirone, Rosani, Sonnino, Zanelli. Colorazione con fluoresceina e fotografie.

27 novembre -

GROTTA DELLA MUTERA (Ormea, CN) - Part. Balbiano e Sonnino. Rilievo parziale.

4 dicembre -

GROTTA DELLE VENE - Partec. Zanelli. Ricupero fluocaptori (v. 20 novembre).

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8 dicembre -

GROTTA DI BOSSEA (Frabosa Sopr., CN). Part.: Ardito, C. Calleri, Clerici, Di Maio, Gozzi, Prando, Sodero, con Pavanello del GSB. Immersioni sub e misure idrologiche. Si è potuto accertare che il lago Morto non presenta prosecuzioni; la sua altitudine è di appena 30-40 cm superiore a quella dei laghi Loser e Muratore, la temperatura dell'acqua è di 8,8° contro i 7,6° delle acque dei detti laghi.

11 dicembre -

BORNA DEL PUGNETTO (Mezzenile, To). Part.: D. Calleri, Martinotti, Peyronel - Ricerche faunistiche e misurazioni meteorologiche.

17-18 dicembre -

CROARA BOLOGNESE E VENA DEL GESSO DI FAENZA. Visitate anche, con scopi fotografici, la grotta del Ragno nella Croara (Di Maio, Gobetti, Pecorini) e la Tanaccia (Saracco, M. Toninelli, Pecorini, con i faentini Biondi e Zimelli). Di Maio, Gobetti e J. Toninelli scesi nell'abisso Fantini con Sabini, Leoncavallo e Volpiano del GSF.

26-27 dicembre -

GROTTA DEGLI SCOGLI NERI (Tovo S. Giac., SV). Visita alla grotta, anche con scopi fotografici. Partec. Baldracco, D. Calleri, Di Maio, Gatto, Peirone e Prando, con F. Massobrio, A. Berti e R. Risso del G.S. del Cai Bolzaneto, G. Dal Bo del G.S.Naulensis di Noli, M. V. Pastorino, P. Figari e E. Micheli del G.S. Ligure "A. Issel".

* * *

     Il 4 novembre si è svolta alla palestra di roccia di Avigliana un'esercitazione pratica dei componenti della squadra di Torino della Sez. Speleologica del C.S.A. del CAI. Vi hanno partecipato Balbiano, C. Calleri, Di Maio, Fassio, Follis, Gecchele, Gozzi, Prando, Sartori, Sodero e J. Toninelli, ai quali si è aggiunto Baldracco.

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IL FERA'

     Nel pomeriggio di sabato 9 luglio partiamo per il Marguareis. Meta: la grotta del Ferà (*). Segnalata da un cacciatore, era stata esplorata nel 1956 da Eraldo Saracco e Checco Messina; quest'ultimo, assicurato da Eraldo, era sceso sino a- 30 e aveva avuto la certezza che la grotta finisse. Eraldo era rimasto un po' scettico, anche perché Checco era quasi senza luce; nonostante il suo desiderio di tornarvi, la grotta era rimasta però per molti anni quasi dimenticata, fino a che John Toninelli, durante il campo estivo 1965, ne aveva ritrovato l'imbocco, era sceso con Baldracco e con l'appoggio di Ardito, Ricchiardi e Donati del G.S.C.F., e sul presunto fondo aveva trovato una stretta fessura oltre la quale la grotta proseguiva. Dopo un pozzetto di 10 m, qualche saltino, un lungo scivolo e un pozzo di 23 m, si era interrotta l'esplorazione per mancanza di materiali a -70. Il 26 giugno 1966 vi erano tornati Baldracco, Di Maio, Peirone e Toninelli i quali avevano esplorato due delle tre prosecuzioni che si trovano, a -70 e che finiscono a fondo cieco. La terza, la più promettente, ci aspetta.

     Siamo in sei: Piergiorgio Baldracco, Marziano Di Maio, Mario Olivetti, Dario Pecorini, John Toninelli ed io. All'imbrunire siamo all'imbocco del Ferà e cominciamo a scendere; uno scivolo ghiaioso ricoperto di neve porta sul primo pozzetto (10 m) alla cui base si è accumulato un alto cono di neve. Di qui uno stretto cunicolo porta ad una saletta, punto estremo dell'esplorazione del '56.

     Sulla destra è il passaggio che permette di avanzare: una fessura da fachiro in mezzo a blocchi di frana. Pregustano tutti il mio spogliarello: dicono che Saverio è passato solo dopo essersi accuratamente denudato. Piergiorgio e Pecorini, in onore alla decenza, danno di piglio al martello; malauguratamente, dicono gli altri, la roccia cede. Passo senza dar spettacolo di streap.

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{*) Carsena del Ferà, 202 Pi, Briga Alta (CN), Upega 91 II NO Viozene, UTM: LP 97078908 (?), Q. 2100 ca.

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Carsena del Ferà - 202 Pi - rilievo

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     Qualche saltino, un lungo scivolo ricoperto di ghiaccio e un cunicolo portano all'orlo del pozzo di 23 m, alla cui base si apre un ampio condotto, che subito si suddivide in varie gallerie in piano o risalenti e un cunicolo discendente in mezzo ai blocchi di frana. Imbocchiamo quest'ultimo e giungiamo in una saletta da cui si dipartono due cunicoli: ci dividiamo. Marziano, Pecorini e Mario si trovano subito la strada sbarrata e ci raggiungono. Avanziamo in una forra strettissima; pochi metri e si apre un pozzo, saranno 10 m. Ci vuole mezz'ora per riuscire a piantare un chiodo che dia affidamento; scende Piergiorgio. Lo sentiamo urlare: dopo una saletta si apre un altro pozzo. Siamo euforici: la grotta comincia a scendere con decisione. John va ad aiutare Piergiorgio ad armare. Il pozzo è di circa 20 m, con due ampi terrazzi; è semi ostruito da massi incastrati che riempiono anche gran parte della base. Sentiamo rimbombare imprecazioni..... "E' stoppo!!!". Proprio sul più bello. Scendiamo Marziano ed io a sincerarci: tutte le vie sono chiuse da frane. Di qui al Lupo non si arriva di certo.

     Cominciamo a rilevare; si sale lentamente disarmando fino alla base del pozzo di 23 m. Ci fermiamo a mangiare; sono le sei di mattina, fa freddo. Andiamo a vedere il condotto che avevamo tralasciato scendendo. Si divide in vari cunicoli, alcuni ben concrezionati, ma tutti chiusi. Siamo stanchi, Giorgetto non sta molto bene; decidiamo di risalire senza rilevare, anche se Marziano protesta. Il miraggio di una dormita sotto il sole distesi in un prato ci fa avanzare velocemente, nonostante il buon numero di sacchi che ci trasciniamo dietro.

Verso mezzogiorno siamo fuori: il sole non c'è, il prato neppure; ci addormentiamo nella nebbia su una pietraia spigolosa. Marziano veglia sul nostro sonno e riordina il materiale.

Chicco Calleri.

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N.D.: Il rilievo è stato ultimato il 19 agosto 1966 da Iva Quarenghi, Pierangelo Saracco, John e Mariangela Toninelli.

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Abisso Eraldo Saracco - sezione

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"SU ANZU"

La grotta più lunga d'Italia.

     Questo articolo fa seguito alla nota preliminare apparsa sul boll. n. 29, pag. 15 al quale si rimanda per le descrizioni che qui ovviamente non vengono ripetute.

 

1. INTRODUZIONE

     La grotta di S. Giovanni Su Anzu sita in comune di Dorgali (Nuoro) è, con i suoi 8355 metri di sviluppo rilevati, la più lunga cavità naturale nota, in Italia e, nell'ambito delle nostre conoscenze, è anche la più bella e la più interessante. Il nostro gruppo la conobbe nel 1963 quando ci fu segnalata dall'amico Padre Furreddu S.J., direttore dell'Istituto Geofisico di Cuglieri e vicepresidente della SSI. Allora era considerata una grotta già molto importante ma completamente esplorata. Durante la nostra prima, rapida visita, abbiamo avuto la fortuna di scoprire uno stretto passaggio che dava adito ad altre grandi gallerie .

     Tornammo in seguito altre tre volte a Su Anzu; potemmo così completarne l'esplorazione e rilevarne pressochè completamente tutte le sale, le gallerie, i torrenti e i pozzi.

     Il lavoro che qui presentiamo non ha la pretesa di essere uno studio completo; per poter risolvere tutti i problemi connessi con un sistema sotterraneo così grandioso occorrerebbe poter fare delle osservazioni assai prolungate e in varie stagioni. La scarsità del tempo a nostra disposizione e la grande distanza che ci separa dalla Sardegna rendono per noi impossibile il compiere uno studio completo. Nondimeno, la grotta è stata da noi compiutamente descritta; verranno tratteggiati inoltre gli studi che riteniamo necessari e che speriamo anzi di poter compiere in futuro, in collaborazione con speleologi locali. Riteniamo che alcuni di questi possano dare notevoli benefici pratici.

     In appendice accenneremo anche alle possibilità di valorizzazione turistica. Per quanto una iniziativa di questo genere non sia scevra di pericoli per l'integrità della grotta,

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pure vedremmo di buon occhio l'eventualità che un ente, con mezzi superiori ai nostri, rendesse di dominio pubblico l'eccezionale bellezza di questi luoghi.

 

2. - LA ZONA

     La grotta di S.Giovanni Su Anzu ha in generale un andamento da SO a NE e giace al di sotto del Monte S'Ospile e del le rocce a questo adiacenti, nonchè dell'ampia vallata di Sas Venas.

     La zona di raccolta delle acque comprende, oltre i territori citati, anche vaste zone situate a nord e a ovest del M. S'Ospile, anche un po' oltre la SS n. 125.

     Dal punto di vista geologico in questa zona si notano dei calcari e dei basalti. I calcari sono di età giurassica, bianchissimi, e poggiano sopra un basamento di scisti più antichi, dei quali non si hanno affioramenti nelle vicinanze.

     Attraverso i calcari si è avuta in seguito una insinuazione di basalti di età quaternaria che si sono affiancati o talora sovrapposti ai calcari, e ne hanno provocato la fusione in altri punti; non di rado si notano dei filoni basaltici nell'interno della massa calcarea; così pure si notano anche nel basalto delle bolle prodotte dai gas, riempite a loro volta di calcite ricristallizzata (*) .

     In particolare diremo che il M. S'Ospile e i rilievi adiacenti sono interamente calcarei, mentre nella valle di Sas Venas affiorano ovunque i basalti.

     I calcari sono molto fratturati, e solcati da lapiez: la scarsa vegetazione che li ricopre è a macchia mediterranea con prevalenza di cisto e lentisco; anche nella stagione delle forti piogge, non esiste praticamente alcuna circolazione idrica esterna; il breve corso d'acqua segnato sulla carta, che dalla cima S'Ospile scende a C. Mula, è pressochè sempre asciutto.

     Nella zona dei basalti, secca al massimo in estate, si formano in inverno dei brevi corsi d'acqua, uno dei quali sparisce in fondo ad una dolina di cui dovremo riparlare a lungo.

______________

(*) Sul boll. n. 29 era stato detto erroneamente che i basalti sono più antichi dei calcari.

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     In questa zona, oltre alla nostra grotta, ne esistono altre, tutte di scarsa importanza; converrà comunque farne un rapido cenno:

1^ e 2^ grotta di Iscala di Su Anzu

     Situate a circa 2-300 metri a sud della Chiesa di San Giovanni, sono due piccole cavità leggermente discendenti, l'una lunga una quarantina di metri, l'altra minore, che nella stagione delle piogge sono percorse da un piccolo ruscello penetrante nell'interno del monte.

     Probabilmente comunicano con il primo affluente di sinistra di Su Anzu che si incontra a 870 m da S.Giovanni (vedi più avanti).

3^ - 4^ - 5^........ 10^ grotta di Iscala di Su Anzu

     Piccole cavità poste lungo la strada che collega la SS 125 a San Giovanni, o a poche decine di metri a sud di questa; non sembrano aver particolare relazione con la grotta di Su Anzu.

Grotta di Ziu Santoru, Grotta Pruereri.

     Due cavità orizzontali di scarso sviluppo; la prima, si trova in parete a nord della cresta che culmina nel M. S'Ospile, la seconda (segnata sulla carta al 25000) a sud di detta cresta. Anche queste non sembrano avere particolari relazioni con la grotta di Su Anzu.

Inghiottitoio di Nurachi

     Si trova al fondo di una grande dolina, detta Conca di 'Ntilla, situata fra la SS 125 e le ultime propaggini SO del M. S'Ospile (l'ingresso è segnato sulla carta al 25000 a q.m 214) .

     E' una piccola cavità discendente interrotta dopo pochi metri da detriti pietrosi.

     Per quanto sia esplorabile solo per un tratto brevissimo, è certamente in comunicazione con il torrente interno di Su Anzu. Ne riparleremo più avanti.

     Accenneremo infine all'esistenza di una dolina assorben-

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te posta di fianco alla strada che porta a S. Giovanni; anche di questa se ne riparlerà.

     Per maggiori notizie su tutte queste cavità vedi Furreddu - Maxia, Grotte della Sardegna, ed. Sarda Fossataro, Cagliari 1964, e la bibliografia in esso citata.

 

3. DESCRIZIONE DELLA GROTTA

     La grotta è dotata di due ingressi:

1) Risorgenza di S.Giovanni (Su Anzu), q. m 171, n. 82 SA/NU;

2) Ingresso fossile di Ispinigoli, q. m 300; n. 212 SA/NU.

     Il primo è chiuso da un robusto cancello ad opera della Soc. Gavossai che gestisce l'acquedotto per il comune di Orosei, costruito nel 1963. A qualche metro nell'interno si ha uno sbarramento artificiale e la presa dell'acquedotto; nella stagione secca l'acqua viene prelevata completamente; viceversa nella stagione piovosa viene lasciata sfuggire liberamente per la maggior parte.

     Dall'ingresso di Ispinigoli, mediante due pozzi e brevi tratti in discesa, si giunge fino alla galleria principale attiva, presso il punto in cui confluiscono in questa le gallerie Saracco. Questo luogo viene denominato Sala della Piovra, dalla forma caratteristica di una concrezione.

Da Ispinigoli alla Piovra

     Oltre a quanto si è detto sul citato n. 29 di "Grotte", va aggiunto che in questo tratto di grotta desta un certo stupore l'osservare, sui massi, delle concrezioni floreali che si sono evidentemente formate in un bacino d'acqua ferma. Pensiamo che queste siano antichissime e si siano formate allorchè il livello di base era molto più alto di quello attuale, per la diversa conformazione della superficie esterna.

     Indubbiamente se ammettiamo che una roccia, ricca di per sé di fratture, sia permanentemente imbibita d'acqua, si spiega facilmente come si siano poi avuti dei crolli così grandiosi, allorchè per l'abbassamento del livello di base si è scattava una galleria sotto questa zona.

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Galleria principale

     Da S. Giovanni, oltrepassato il cancello e lo sbarramento già citato, si risale il torrente che ha acque di solito molto profonde; subito il soffitto è molto basso, ed anzi quando l'acqua sfiora lo sbarramento si ha un sifone, ma dopo pochi metri il soffitto si alza e si mantiene tale per un tratto lunghissimo. Dopo 320 metri si incontra un nuovo sbarramento artificiale, anche questo costituito per accumulo d'acqua, e quindi, fino alla Piovra, vari sbarramenti naturali (vaschette, gours) alti fino a due metri, i quali fanno si che le acque siano quasi sempre profonde. A 650 e a 850 metri di distanza da S. Giovanni si incontrano due frane; 20 metri dopo la seconda, sulla sinistra, si incontra un affluente: questo, esplorato per una quarantina di metri, è un cunicolo di recente formazione e di percorribilità difficile, a causa del soffitto bassissimo che in qualche punto quasi sfiora il livello dell'acqua; è in parte riempito di argilla, sulla quale scorre un torrente con una portata di pochi litri al secondo. La sua esistenza è probabilmente in relazione con le grotte 1^ e 2^ di Iscala di Su Anzu.

     Proseguendo lungo la galleria principale si giunge quindi alla Piovra e, contemporaneamente, alla confluenza col torrente Saracco.

     Di qui in avanti, nei successivi 1100 metri, la galleria, sempre perfettamente pianeggiante e con acque di solito profonde, si fa molto tortuosa e a meandri, tanto che ad un tal percorso corrispondono solo 425 metri di spostamento in linea d'aria. S'incontrano molte diramazioni, ma brevi e di scarsa importanza; s'incontrano anche due sifoni che si possono facilmente superare mediante passaggi semifossili che servono a smaltire l'eccedenza d'acqua in periodi di piena; il secondo di questi, detto sifone a due vie, è disinnescato durante la stagione estiva.

     Si giunge quindi alla Grande Frana, già descritta.

     La prima diramazione s'incontra dopo 600 metri sulla sinistra: si tratta di un piccolo affluente proveniente da un cunicolo che ha i medesimi caratteri di quello sopra descritto; lo si può seguire solo per una ventina di metri, incontrando poi un sifone.

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     Si perviene poi al sifone dei Nuoresi, termine della galleria principale.

     Non si notano mai veri affioramenti di basalto, ma abbastanza spesso dei filoni nel calcare compatto, come già si era detto a proposito delle osservazioni esterne. Questi, essendo inattaccabili chimicamente, ed offrendo anche una certa resistenza meccanica all'azione erosiva delle acque, sporgono dalla parete calcarea con delle forme svariate, talora anche arborescenti; quando poi si staccano del tutto, vengono ancor più rotti e lisciati dalle acque costituendo così le ghiaie basaltiche.

     Il livello delle acque, per medie variazioni di portata, è assolutamente costante ed è determinato dagli sbarramenti a vaschetta; viceversa nella stagione invernale si possono avere delle piene improvvise che aumentano notevolmente il livello. Si osserva che al di sotto del livello normale le pareti e, a volte, le stalattiti sono spesso ricoperte da concrezioni floreali, formatesi sott'acqua, che quindi è notevolmente sovrasatura di CaCO3; cosa abbastanza ovvia, data la lunghezza del percorso sotterraneo già compiuto. Ma al di sopra del livello normale si osservano, anche presso la risorgenza, delle stalattiti corrose da un'acqua chimicamente aggressiva. Probabilmente la CO2 viene in gran parte condotta da acque meteoriche che si raccolgono, solo in occasione di piogge, sui terreni sovrastanti e giungono al collettore sotterraneo dopo aver attraversato in breve tempo un modesto spessore di roccia.

Gallerie Saracco

     Comprendono due brevi gallerie semifossili e una lunga e grande galleria attiva.

     Dalla base del secondo pozzo di Ispinigoli si discende fino a incontrare il torrente Saracco, lo si attraversa e si risale sulla sponda opposta entrando subito in una galleria larga, molto concrezionata e col pavimento a vaschette. Dopo pochi metri si incontra un bivio, in cui è stato posto il campo interno 1966. A sinistra si prosegue per 90 metri finché la volta si abbassa e la galleria si ostruisce per depositi di argilla. A destra invece, dopo soli 35 metri ci si

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affaccia verso la galleria attiva, a cui si può accedere mediante un pozzo di 12 metri. In queste brevi gallerie sono state notate eleganti concrezioni a "tavolozza" (vedi gallerie delle Tavolozze).

     La galleria attiva può però essere seguita fin dall'inizio; anzichè attraversare il torrente Saracco lo si segue prendendo a destra. La galleria è stretta per un primo tratto, poi improvvisamente si fa larghissima, e tale prosegue per 700 metri, con andamento leggermente tortuoso.

     Ciò che più colpisce in questa galleria è la grandiosità delle forme, staremmo quasi per dire l'immensità. Ovunque grandi depositi di argilla, che si devono salire e poi ridiscendere e che rendono assai lento il procedere, ovunque mastodontiche colonne e ampie colate stalattitiche, dai più bei colori. Più si prosegue e più si fanno considerevoli i depositi, tanto che in ultimo la galleria è ostruita dall'infittirsi della selva di concrezioni. Se nelle prime si rimane sbalorditi da tanta grandiosità, non per questo mancano i finissimi lavori che la natura ha compiuto qui, come in altre parti della grotta. Accanto alle colossali colonne l'occhio attento scorgerà anche le delicate concrezioni eccentriche; le grandi colate, osservate da vicino, sono modellate a splendide microvaschette.

     Questa galleria che, non considerando i depositi, ha una sezione originaria di forse 40-50 metri, è percorsa da un ruscello di portata minima, e che non sempre può essere seguito perché il più delle volte scorre al di sotto dei depositi; anzi, gli ultimi 200 metri di galleria appaiono completamente fossili.

Benchè la galleria abbia andamento abbastanza rettilineo, il torrente segue un corso a curve e meandri, spesso scavandosi nella roccia viva una stretta forra, separata e indipendente dalla grande galleria. Le acque sono spesso ricoperte da uno strato di calcite flottante che cade sul fondo per leggera agitazione, o anche spontaneamente, quando i cristalli in via di formazione diventano troppo pesanti .

     Il fondo del torrente è normalmente costituito da argilla mescolata a cristalli tabulari di calcite nella quale si affonda molto profondamente.

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     Il fenomeno della calcite flottante è particolarmente evidente nell'ultimo tratto di percorso, cioè nella sala della Piovra, ove il torrente Saracco, prima di gettarsi nel torrente principale, segue fra i riempimenti un percorso molto tortuoso costituito da un alternarsi di laghetti e piccoli sifoni; qui la superficie dell'acqua è decisamente bianca di calcite.

Galleria delle Tavolozze

     Per la descrizione v. boll. 29. E' qui che per la prima volta abbiamo notato le originali concrezioni che nella forma ricordavano le tavolozze di un pittore; si tratta infatti di dischi o di ovali molto appiattiti attaccati alla parete per un lembo del bordo, di solito quello inferiore, e fanno con la parete un angolo qualsiasi. Le dimensioni vanno da 20 a 80 cm all'incirca. Questo bizzarro fenomeno, di difficilissima interpretazione, è già stato osservato in altre grotte, anche in Sardegna.

     Il Gèze ritiene che queste concrezioni si formino perché soluzioni sature di bicarbonato di calcio possono, per capillarità, avere un movimento dal basso verso l'alto.

     Noi, dopo attente osservazioni, abbiamo notato che le "tavolozze" sono assai frequenti a Su Anzu. Se ne trovano molte nelle Gallerie Saracco e anche nella Galleria Principale. Spesso si formano nel soffitto, nei pressi di camini o fessure che possono dar luogo a correnti d'aria ascendenti le quali potrebbero favorire lo scivolamento di veli acquei dal basso verso l'alto.

Galleria Bianca

     Esplorata nel 1965, è stata rilevata nel 1966 ed ha una lunghezza di 365 metri con andamento perfettamente orizzontale. Il torrente Volante, che la percorre, termina nel sifone omonimo. Quest'ultimo, come è interessante notare dall'esame del rilievo, è collegato quasi sicuramente con il sifone dei Nuoresi. Tale collegamento giustifica anche la presenza di anguille nella galleria Bianca.

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Galleria Furreddu

     A complemento di quanto già detto sul n. 29, aggiungeremo che l'ultimazione del rilievo topografico ha permesso di assodare che le parti più profonde di questa galleria si trovano a 200 m sotto le falde sud del M. S'Ospile, presso il contatto fra calcari e basalti, in una zona ove esistono case di abitazione e pozzi per la raccolta delle acque piovane.

Quindi non devono stupire i detriti trovati all'interno della grotta.

 

4. - QUALCHE OSSERVAZIONE SULLA METEOROLOGIA

     Oltre a quanto si è già detto, va precisato che la temperatura interna oscilla tra valori di 16°C e 17°C, sia in estate che in inverno. Correnti d'aria si avvertono solo nelle strettoie. Molto forte quella a 50 m dalla risorgenza di S. Giovanni; essa è discendente in estate e dovuta probabilmente alla differenza di pressione fra gli ingressi di S. Giovanni e di Ispinigoli. In inverno infatti ad Ispinigoli si condensa molto vapore acqueo, anche se non si nota movimento d'aria, essendo l'ingresso troppo ampio.

     Anche i diversi torrenti hanno una temperatura molto simile fra di loro, variando da 15,75°C a 17°C. Leggermente più calde delle altre sono le acque del torrente Saracco, probabilmente perché il loro bacino di raccolta si trova a quota più bassa. Le temperature delle acque però sono state prese tutte in estate, e pertanto non disponiamo di dati veramente completi.

 

5. - IDROLOGIA

     Nove sono i torrenti osservati nella grotta di Su Anzu:

1) torrente principale;

2-3) piccoli affluenti di destra di questo;

4) torrente Saracco;

5) torrente Giovanna;

6) torrente Volante;

7) torrente Furreddu;

8) torrente proveniente dal sifone della Cascata;

9) torrente Mirella.

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     Per ognuno di questi sarà interessante esaminare la provenienza e la confluenza.

     Il torrente principale raccoglie le acque di 2-3-4; esaminando il rilievo si può affermare praticamente con certezza che raccoglie anche le acque di 5-6; di conseguenza anche quelle di 8 che confluisce a sua volta in 6. Viceversa esprimiamo dei dubbi circa la possibilità che esso raccolga anche le acque di 7 e di 9. Solo una precisa misura di portata potrebbe dare una risposta al nostro interrogativo, ma comunque ci è sembrato che il torrente 7, da solo, abbia una portata almeno pari a quella della risorgenza di S. Giovanni. Di conseguenza siamo portati a pensare che i torrenti 7 e 9 non si uniscano mai al collettore, ma escano alla luce per altra via.

     Quale potrebbe essere? Esaminiamo la zona circostante e notiamo:

1)

a nord e a est di S.Giovanni esistono alcune sorgenti, ma tutte piccolissime;

2)

presso Cala Gonone esistono alcune piccole sorgenti dette "S'Abba Durche", in roccia basaltica; ci sembra di poter escludere anche questa possibilità;

3)

potrebbero esserci delle sorgenti sottomarine di acqua dolce, ma si tratta di ipotesi non confermate e difficilmente confermabili.

4)

Presso S. Giovanni esiste la sorgente di Su Anzu (che dà il nome alla località e quindi alla grotta). Si tratta di acque termali (T = 25°C circa) ma non sarebbe questo il primo esempio di acque calde con origine meteorica. Però anche la portata di questa sorgente sembra inferiore a quella del torrente Furreddu.

     Passiamo ora a esaminare quale può essere l'origine dei torrenti.

     Abbiamo già accennato a quella che è la zona di assorbimento di Su Anzu. Le acque però vengono raccolte solo nella stagione delle piogge, grosso modo da novembre a maggio, dato che praticamente in estate non vi sono precipitazioni. L'estrema lentezza di tutti i corsi d'acqua e la presenza di tanti bacini di acqua praticamente ferma possono in gran parte spiegare la regolarità della portata, anche dopo mesi di sic-

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cità. Ma dobbiamo comunque ammettere l'esistenza di una grande falda acquifera, non esplorabile, forse alla stessa quota di tutte le gallerie.

     Questa sarebbe alimentata soprattutto dalle piogge che cadono sul M. S'Ospile e zone adiacenti; piogge che raggiungono il collettore dopo un tempo più o meno lungo.

     A nord e a ovest di detto monte esistono però due doline assorbenti. La prima, detta conca di 'Ntilla, è di forma poco definita, larga qualche centinaio di metri e profonda una trentina. Sul suo fondo, presso C. Murranu a quota 214, esiste il piccolo inghiottitoio di Nurachi, al quale si è già accennato. Esso assorbe considerevoli quantità d'acqua e talvolta, non riuscendo a smaltirla sufficientemente in fretta, forma un lago più o meno grande che permane qualche giorno; d'estate però non dà luogo a nessun assorbimento. Considerazioni basate solo sulla distanza ci inducono a ritenere che la grotta sia collegata al. torrente 7 o al torrente 8. Noi pensiamo più probabile un collegamento con quest'ultimo, la cui portata invernale è grandissima, mentre quella estiva è nulla.

     La seconda dolina assorbente, a nord della strada che collega la SS 125 a S. Giovanni, ha dimensioni di m 100 x 60 circa; sul fondo coperto di argilla a q. 233 non si aprono grotte, ma viene assorbita comunque notevole quantità d'acqua, che si ritrova con tutta probabilità nel torrente Saracco il quale si dirige proprio in quella direzione: il percorso non noto risulterebbe di 200 metri, con un dislivello di 60 metri.

     Vista così quella che sarebbe l'origine dei torrenti 4 e 8, passiamo a esaminare gli altri; di 1-2-5 e 6 si è già parlato diffusamente descrivendo la grotta. Riguardo a 3-7 e 9 non possiamo fare nessuna ipotesi precisa, quindi li riteniamo alimentati dalla grande falda sotterranea alimentata a sua volta: a) dalle piogge invernali che vengono assorbite dal M. S'Ospile, b) da eventuali perdite dei torrenti non noti che stanno immediatamente sotto alle doline già descritte.

     Tutt'al più 7 potrebbe, come già detto, derivare direttamente dalle acque assorbite dalla Conca di 'Ntilla, ma in questo caso sorgerebbe il problema di 8.

     A conclusione di tutto questo non possiamo affermare niente di sicuro, pur con tante ipotesi verosimili. Solo il

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saggio coi coloranti può dimostrare se è vero quanto noi riteniamo tale. Non possiamo compiere direttamente questi studi perché richiederebbero la nostra presenza in zona per molte settimane, forse mesi. Ma se si dimostrasse che veramente alcuni dei torrenti non si riuniscono al collettore principale, questa scoperta avrebbe un grande interesse pratico, data la scarsità di acqua in questa zona. Si noti che attualmente le acque che fuoriescono a S. Giovanni sono, d'inverno, assai torbide e a volte trasportano anche pericolosi detriti organici che provengono probabilmente dalla Conca di 'Ntilla. Sarebbe quindi importante che il prelievo per l'acquedotto venisse fatto escludendo le acque che hanno origine in detta Conca, poichè sono le uniche a non essere filtrate.

 

6. - NOTE BIOLOGICHE

     Si era detto che avevamo provveduto a localizzare, nei luoghi più favorevoli, depositi di sostanze organiche di varia specie, i quali in effetti hanno contribuito molto a concentrare e a far sviluppare in tali luoghi la fauna.

     Particolarmente numeroso si è rivelato il trechino Ovobathysciola majori Reitter; nei depositi di stracci e carta, specie presso la Piovra e nella sala del campo 1965, si notano popolamenti di varie decine di esemplari, che nella sala del campo 1965 appaiono più piccoli e più depigmentati (sono in studio da parte di uno specialista).

     Le catture del 1966 annoverano ancora crostacei (isopodi, oniscidi, trichoniscidi), miriapodi (tutti diplopodi), aracnidi vari tra cui un bellissimo pseudoscorpionide.

     Un'osservazione singolare ed interessante è stata fatta nella galleria Bianca, dove sono state viste delle anguille. Esse, com'è noto, possono risalire i torrenti ipogei in stadi giovanili di sviluppo, abitando così le grotte come ospiti eccezionali e abbandonandole, al più tardi, non appena raggiunta la maturità sessuale. Il punto in cui sono state osservate dista oltre 3 km dalla risorgenza; inoltre in agosto tutta l'acqua che fuoriesce a S. Giovanni viene immessa nell'acquedotto; di conseguenza le anguille si trovano già in grotta da qualche mese, oppure hanno dovuto seguire per un lungo tratto il letto asciutto del torrente esterno.

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7. - POSSIBILITA' DI VALORIZZAZIONE TURISTICA

     La vicinanza con una strada statale, la straordinaria bellezza di tutte le gallerie e le ricchezze di concrezioni fanno si che le possibilità turistiche siano immense. Se si eccettua la galleria Bianca, i cunicoli Torino e pochi altri piccoli tratti, tutte le altre gallerie meraviglierebbero sia il turista comune che lo speleologo esperto. Di conseguenza si tratterebbe di scegliere le zone di accesso più facile. Escludendo l'eventualità di attraversare la via d'acqua o di praticare nuovi ingressi artificiali, tutte soluzioni molto costose, noi consiglieremmo di rendere turistici i primi due pozzi e le gallerie Saracco, disponendo così di circa un chilometro di percorso. La spesa più rilevante sarebbe costituita dalle scale per la discesa dei pozzi.

     Se ciò si avverasse noi saremmo doppiamente lieti, perché così gran parte della grotta conserverebbe sempre la sua integrità e le sue splendide delicate concrezioni; di proposito abbiamo taciuto circa l'ubicazione delle più belle, per conservarle il più a lungo possibile.

 

8. - STORIA DELLE ESPLORAZIONI

     Benchè i due ingressi siano sempre stati ben noti agli abitanti del luogo, il primo tentativo di entrare nella grotta, di cui si abbia notizia, è del 1954.

     In quell'anno Padre Antonio Furreddu S.J., Federico Ventura, Bruno Piredda e altri membri del Gruppo Grotte Nuoro entrarono dalla risorgenza di S. Giovanni e risalirono il torrente principale per alcune centinaia di metri, rendendosi subito conto che la grotta prometteva molto. Alla fine dello stesso anno le stesse persone discesero il primo pozzo di Ispinigoli.

     Nel 1955, anno in cui fu tenuto in Sardegna il Congresso Nazionale di Speleologia, Carlo Finocchiaro e alcuni membri della Società Alpina delle Giulie, accompagnati da Ventura e Piredda, discesero i pozzi di Ispinigoli fino ad incontrare un torrente che riconobbero essere lo stesso che esce a S. Giovanni.

      Nel 1958 i Nuoresi proseguirono l'esplorazione fino al

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sifone detto poi dei Nuoresi, e furono esplorate le gallerie Saracco.

     Altre spedizioni, ad opera del G.G.N. e del G.S. Pio XI, negli anni seguenti, portarono alla scoperta delle gallerie dei Pini, delle Tavolozze e di altre diramazioni laterali alla galleria principale.

     Nell'inverno 1963-64 giunse in zona il G.S.P. che dopo una fortunata campagna nell'Iglesiente decise di fare una rapida puntata a Su Anzu, con l'appoggio di P.Furreddu e in compagnia di Ventura. Nella sala ove sarà posto il campo nel 1965 Eraldo Saracco scoprì l'inizio dei cunicoli Torino e riuscì ad attraversarli completamente fino ad entrare nella galleria delle Colonne; era chiaro che la grotta prometteva ancora moltissimo, ma la scarsità di tempo a disposizione costrinse gli esploratori a tornare indietro.

     La campagna del successivo inverno 1964-65 fu ricca di scoperte; durante due veloci punte esplorative di oltre 30 ore ciascuna, consecutive, vennero scoperte le Gallerie Giovanna, Capello, Elena, Furreddu; venne effettuato il rilievo topografico di una parte delle gallerie scoperte.

     Nell'estate 1965, con la scoperta delle Gallerie Bianca, dei Guidi, Mirella, ecc. fu praticamente conclusa l'esplorazione della grotta; vennero rilevati 3000 metri di cavità.

     Nell'estate 1966 fu terminato pressochè del tutto il rilievo topografico e fu esplorata qualche breve diramazione che era sfuggita nelle campagne precedenti,

 

9. - POSSIBILITA' ESPLORATIVE

     In complesso riteniamo che la grotta non riservi più molte sorprese. In tutti i casi, se si volessero fare dei tentativi d'esplorazione, si dovrebbero scegliere i posti seguenti:

1)

Affluente di destra del torrente principale; la confluenza è a 870 metri da S. Giovanni, è esplorato per circa 40 metri, e continua; probabilmente però più avanti ci si dovrà arrestare per sifone o strettoie; è basso, stretto e fangoso.

2)

Sala della Grande Frana. Considerazioni esposte nel boll. n. 29 ci inducono a ritenere che forse esiste un ramo fos-

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sile in direzione NE; l'arrampicata è possibile solo con mezzi artificiali.

3)

Galleria delle Colonne. Due diramazioni dal NO, basse e fangose, non sono state seguite; probabilmente si chiudono però dopo pochi metri.

4)

Galleria delle Colonne. Un pozzo di 7-8 metri, con acqua sul fondo, non è stato disceso (necessarie le scale). Sembra però chiuso da tutte le parti.

5)

Galleria Fernanda. Una diramazione a NO ha caratteristiche uguali a quelle delle diramazioni di cui al punto 3.

6)

Sifone della Cascata. In periodi di magra eccezionale può forse essere superato anche senza uso di respiratori. Probabilmente però si andrà incontro ad altri sifoni.

7)

Ramo a sud della Galleria Elena. Una disostruzione ad opera di mine potrebbe portare alla scoperta di grandi rami fossili.

8)

Diramazione a ovest della galleria Furreddu. Una disostruzione (facile) permetterebbe di proseguire, ma probabilmente si incontrerebbero presto nuove strettoie.

     Disponendo di autorespiratori sarebbe utile tentare il sifone della Cascata e il sifone Furreddu, larghi a sufficienza. Tutti gli altri sifoni sono troppo stretti, oppure conduco no certamente a gallerie già note.

 

10. - NOTE TECNICHE

     1° pozzo di Ispinigoli: scale m 30, attacco a colonne;

     2° pozzo di Ispinigoli: scale m 30, attacco amassi rocciosi, mediante cavetto d'acciaio di 5 m circa (questo pozzo è molto accidentato; per calare e sollevare i sacchi è necessario che un uomo si fermi a metà lunghezza).

     Pozzo all'inizio delle gallerie Saracco: scale m 10, attacco a stalammite, dopo esser scesi in libera per 2 metri.

     Pozzo della galleria Mirella: scale m 10, attacco a masso roccioso. La galleria principale, contenendo acqua profonda, necessita l'uso del canotto che noi però abbiamo usato solo per il trasporto dei materiali e per il rilievo topografico, percorrendo sempre a nuoto i tratti di acqua profonda; necessarie naturalmente le mute di gomma.

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     Queste sono necessarie anche nelle gallerie Furreddu, Bianca e del Gatto; sono utili, specie d'inverno, nelle restanti gallerie attive o semiattive (solo pantaloni). Il canotto invece serve solo nella galleria principale. Le altre gallerie non presentano difficoltà. Ovunque è utile avere con sè un cordino di sicurezza di 10-11 metri, per gli usi più vari.

     Le nostre campagne estive 1965 e 1966 sono state condotte con l'aiuto di campi interni, senza tende.

 

11. - DATI METRICI (*)

Da Ispinigoli alla Piovra, diramazioni incluse

m

260

 

Gallerie Saracco

"

720 + 155

 

Galleria principale

"

3185 + 343

 

Galleria dei Pini

"

350

 

Galleria delle Tavolozze

"

70

 

Cunicoli Torino

"

155 + 60

 

Gallerie dei Guidi, Mirella e diramazioni

"

457

 

Galleria. delle Colonne

"

225 + 185

 

Galleria Giovanna

"

285 + 70

 

Galleria Fernanda

"

115 + 20

 

Galleria Capello

"

212 + 65

 

Galleria Elena

"

105 + 46

 

Galleria Furreddu, ramo est

"

76

 

Galleria Furreddu, ramo ovest

"

796 + 35

 

Galleria Bianca

"

350 + 15

 

 

 

___________________

Totale

m

7361 + 994 = 8355 m

 

 

=================

(a questa lunghezza si devono aggiungere due piccole diramazioni non rilevate, per un totale di 80 m circa).

_______________

(*) Tutte le cifre date si riferiscono a misure effettuate in pianta; quando per uno stesso ramo sono date due cifre, la prima si riferisce al tracciato principale della galleria, la seconda alle diramazioni.

 

Grotta di Su Anzu - pianta

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12. - BIBLIOGRAFIA

1) Furreddu - Maxia

- Grotte della Sardegna - ed. Sarda Fossataro - Cagliari 1964.

2) IGM - Carta d'Italia, scala 1 : 25000, 208 IV NE, 1962

3) Dati inediti comunicati da Padre Furreddu S.J.

4) Bollettini Grotte:

n. 23, pp. 15-20.

n. 26, pp. 13-21

n. 27, pp. 19-25

n. 29, pp. 15-29

n. 30, pp. 24-28

 

Carlo Balbiano.

* * *

     N.B. La pianta della grotta, qui disegnata ad illustrazione dell'articolo, risulta alquanto approssimativa nel tracciato delle linee di contorno, data anche la scala molto ridotta, e pertanto ha valore puramente indicativo.

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     Questo è il primo di una serie di note sulla immersione in acque ipogee. Per quanto possibile verrà tralasciato il discorso tecnico per dare ampio spazio ad una narrazione divulgativa, che interessi tutti, non solo la ristretta cerchia degli speleosub.

L'IDROCUZIONE

     Uno dei maggiori pericoli cui va incontro chi si immerge in acque ipogee, specie se non adotta quelle norme prudenziali da tutti raccomandate, è l'idrocuzione, o shoc da freddo. Esiste purtroppo una vasta casistica di questo incidente, sia riguardo a subacquei in mare, sia, cosa che ci tocca da più vicino, riguardo a speleosub.

     Esaminiamo due casi: uno accaduto in grotta, l'altro in mare. Quest'ultimo incidente si svolse sotto gli occhi di chi scrive, quindi è possibile una buona esattezza circa la determinazione delle cause. Eravamo in Sardegna, il giorno del primo dell'anno 1965. In attesa del pranzo facevamo delle immersioni con ARA nel porto di Cala Gonone. Si trovavano in acqua tre persone: Willy Fassio, Eraldo Saracco, e il sottoscritto. Eraldo ed io ci allontaniamo da Willy una trentina di metri, per prendere dal molo un faro subacqueo che intendevamo provare. Il fondale era sui cinque, sette metri; la temperatura dell'acqua intorno ai 10°. Dopo una decina di minuti eravamo nuovamente in vista del nostro amico che, cosa strana, stava seduto sul fondo e con una mano alzata salutava mollemente, almeno così ci parve. La vista però dell'erogatore che, libero, ondeggiava col moto ondoso, ci fece accorrere. L'amico era privo di sensi e presentava un colorito fortemente cianotico con emissione di bava dalla bocca. Trasportato a terra, dopo più di dieci minuti di respirazione artificiale cominciò a riprendersi ed il tutto si risolse in pochi giorni di ospedale.

     L'altro caso, quello speleologico, si concluse con la morte del francese Lombard. Siamo nel 1950 e i problemi connessi all'immersione sono in gran parte ancora sconosciuti. Lombard si immerge in semplice costume da bagno, solo, nel

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sifone già esplorato di Lirou. Lo passa, poi, per cause che non sappiamo, senza esplorare le gallerie che gli si aprono davanti, ritorna. Percorre lentamente circa metà sifone poi si arresta. Non c'era sommozzatore di soccorso. Lo tirano fuori qualche ora dopo, manovrando la sagola, morto.

     Ciò che colpisce di più, almeno nel primo caso, è la subitaneità dell'incidente, l'assenza di sintomi premonitori specifici. Fassio racconta che improvvisamente si ritrovò senza boccaglio, tentò di riemergere ma nuovamente perse conoscenza.

     Esaminiamo le condizioni fisiche dei soggetti e l'equipaggiamento con cui si immersero in rapporto con la temperatura dell'acqua. Nel primo caso possiamo fare un'indagine molto accurata, nel secondo la scarsità del materiale a nostra disposizione non permette molto.

     Fassio aveva compiuto il giorno prima una esplorazione piuttosto impegnativa di trenta ore. Tornato al campo esterno prima della mezzanotte dell'ultimo dell'anno, non aveva dormito ma era andato a ballare, rientrando verso le quattro del mattino. Seguì un riposo di circa cinque ore, poi un lavoro leggero quale il lavaggio dei materiali rientrati dalla punta. Verso le 11 aveva luogo la prima serie di immersioni in apnea, compiute indossando una muta in foglia di gomma senza cappuccio. Trascorsa un'ora circa il soggetto tornava a riva, mangiava un paio di cremifrutti con qualche biscotto e immediatamente si immergeva con l'ARA. Dopo una decina di minuti avveniva l'incidente. I sintomi caratteristici indicarono con chiarezza l'idrocuzione.

     Quello che interessa di più lo speleosub però non è una conoscenza approfondita del quadro patologico dell'idrocuzione, ma il saperne le cause, e per quanto possibile la sintomatologia.

     L'organismo di Fassio al momento dell'incidente era senza dubbio affaticato, anche se egli nell'incoscienza dei vent'anni, si sentiva un leone. Due notti praticamente insonni, una esplorazione impegnativa, non bisogna credere non lascino segno di sè. Inoltre, malgrado la bassa temperatura dell'acqua, l'immersione venne effettuata a capo scoperto. Sappiamo che il freddo agisce sui centri nervosi diencefalici inibendo la respirazione con un blocco improvviso. A volte il

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colpito perde coscienza, altre volte pur rimanendo cosciente è in uno stato di inibizione psicomotoria che gli impedisce di fare un qualsiasi movimento per la sua salvezza. Di conseguenza cola a fondo, le mascelle serrate, in uno stato di spasmo muscolare: dopo qualche tempo lo spasmo scompare e l'acqua può entrare con conseguente asfissia da annegamento.

     Il freddo inoltre causa una vasocostrizione periferica, con uno stato di carenza di ossigeno in distretti particolarmente importanti, quali il cervello ad esempio. Nel nostro caso la vasocostrizione era aumentata dal processo digestivo in atto, che come è noto richiama nel territorio splancnico una certa quantità di sangue. Tirando le somme possiamo accorgerci che questa immersione non fu altro che un grossolano sovrapporsi di errori, e per un vero caso non si risolse tragicamente.

     Di Lombard poco sappiamo, specie delle sue condizioni fisiche. Un fatto è certo: la protezione contro il freddo era assolutamente insufficiente. Probabilmente, forzato il sifone egli, esperto subacqueo, si accorse che era troppo affaticato e volle ritornare; a metà strada sopravvenne lo shoc con conseguente annegamento, evitabile se ci fosse stato un sub di appoggio.

     Riepilogando in breve i fattori disponenti l'incidente: stanchezza, quella oggettiva però, freddo, processi digestivi in corso, stati di ansia, turbe vasomotorie in genere.

     Metodi preventivi: non immergersi mai in condizioni di affaticamento, senza adeguata protezione contro il freddo, dopo pasti, in stato di ansia, dopo ripetute entrate ed uscite dall'acqua, senza sommozzatore di appoggio.

 

Edoardo Prando

 

Bibliografia. De Lavaur Guy - Toute le Speleologie - Amiot Du mont, Paris 1954.

Marcante Duilio - Scendete sott'acqua con me - Ceschina, Milano 1960.

Molfino-Zannini - L'uomo e il mondo sommerso - Minerva Medica, Torino, 1964.

 

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ANCORA SUI FLUOCAPTORI

     Nello scorso numero del bollettino abbiamo detto come i fluocaptori siano costituiti da carbone granulare attivato, il quale adsorbe la fluorescina che lo attraversa sotto forma di soluzione acquosa.

     Quando però è cessato il passaggio del colorante i fluocaptori rimarranno ancora in loco per un periodo più o meno lungo, finchè non verranno ritirati. Durante questo tempo essi saranno attraversati da acqua limpida e la fluorescina adsorbita tenderà nuovamente a passare, in parte, nella fase acquosa, secondo un coefficiente di ripartizione che non ci è noto.

     E' interessante avere un'idea di questo decadimento perché, soprattutto quando si colorano corsi d'acqua che si presume impieghino molte settimane prima di giungere all'esterno, non sarà più necessario correre ogni qualche giorno ad osservare i fluocaptori.

* * *

     Il carbone che abbiamo usato nelle nostre esperienze è il "Charcoal Animal Granular for Filters" della British Drug Houses e quanto andiamo ad esporre si riferisce naturalmente a questo prodotto.

     Sei fluocaptori della stessa forma e dimensione, contenenti la stessa quantità di carbone, sono stati posti in un contenitore riempito con una soluzione acquosa di fluorescina, di concentrazione paragonabile a quella che vi può essere in un torrente ipogeo durante una esperienza di colorazione.

     I fluocaptori furono lasciati nel contenitore per 4 ore durante le quali la soluzione fu agitata meccanicamente; si presume che ogni fluocaptore abbia adsorbito la stessa quantità di fluorescina. Uno dei sei fluocaptori (Ao) fu poi messo in disparte, gli altri cinque (A, B, C, D, E) furono collocati in un torrente montano, legati assieme e isoorientati, e di lì prelevati in tempi variabili. Dopo aver prelevato l'ultimo fu fatto l'esame nel modo seguente.

          Da ciascuno dei sei fluocaptori fu prelevata la stessa

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quantità di carbone che fu messa in sei piccole beute contenenti la stessa quantità di soluzione alcoolica di KOH. Le soluzioni furono filtrate e quindi osservate al colorimetro, paragonandole con la stessa soluzione alcoolica non contenente però fluorescina. Si operò con la lunghezza d'onda di 500 millimicron per la quale la fluorescina presenta il massimo assorbimento.

     Ponendo uguale a 100 l'intensità di luce passata attraverso alla soluzione alcoolica pura, le intensità delle varie soluzioni contenenti fluorescina furono:

Ao = 61

A = 71

B = 74

C = 77

D = 77

E = 81

     

Allo scopo di tarare il metodo furono poi preparate quat-

 

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tro altre soluzioni di fluorescina nel modo seguente:

-

la soluzione 1) è stata preparata in modo che, a occhio, fosse più concentrata della Ao

-

le soluzioni 2) 3) 4) furono preparate diluendo 1:3 la soluzione precedente.

     Queste furono nuovamente osservate al colorimetro operando nelle stesse condizioni già dette. Le intensità di luce furono:

1) = 52

2) = 73

3) = 85

4) = 90

     Dalla legge di Lambert Beer che dice, come è noto

si dovrebbe tracciare un grafico che metta in relazione Ln I con x, cioè il logaritmo naturale dell'intensità luminosa con la concentrazione di fluorescina; per comodità grafica preferiamo mettere in ascissa non il Ln I ma direttamente I (vedi fig. 1).

     Questo grafico ci permette di conoscere le concentrazioni corrispondenti ai vari valori di I; non si tratta però di concentrazioni assolute ma relative a quella più bassa, che è stata posta uguale a 1.

     Si ricava quindi che le soluzioni tratte da Ao, A, D, C, D, E hanno concentrazioni pari a 15,1 - 10 - 8,3 - 6,5 - 6,5 - 4,5 rispettivamente. Questi valori vengono posti in ascissa nel nuovo grafico (vedi fig. 2) che pone in ordinata il tempo in cui ogni fluocaptore è rimasto in acqua.

 

Discussione dei risultati

     La nostra esperienza durò dal 10 luglio al 4 settembre. Osserviamo come durante i 56 giorni la concentrazione passò da 15,1 a 4,5, diminuendo cioè con rapporto circa 3:1.

     Poiché nelle esperienze di colorazione dei torrenti ipogei si cerca sempre di usare un forte eccesso di fluorescina,

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riteniamo che l'attendere due mesi prima di esaminare i fluocaptori non debba portare grandi inconvenienti. Del resto si nota che non cambia molto l'osservarli con una settimana o due mesi di ritardo.

     Ma c'è di più.

     La concentrazione, come ci si poteva facilmente aspettare, diminuisce con legge esponenziale. Ma nel nostro caso abbiamo a che fare con una quantità piccolissima di sostanza, ben al di sotto di quanta il carbone potrebbe contenerne, e quindi stupisce che la pendenza della curva varii così tanto.

     Una spiegazione potrebbe essere la seguente: le molecole di fluorescina che sono adsorbite all'esterno del granulo di carbone, una volta rotto il loro tenue legame, passano nella fase acquosa e vengono portate via; invece quelle che sono all'interno del granulo, una volta rotto il legame, hanno forte probabilità di migrare all'interno del granulo e di venir nuovamente adsorbite.

     Quindi ci si deve attendere, allorchè si pone in acqua il fluocaptore, una forte perdita di fluorescina dall'esterno dei granuli, nei primi giorni, e poi perdite bassissime.

     Di conseguenza riteniamo che anche dopo alcuni mesi il fluocaptore conterrà sempre una quantità di fluorescina sufficiente per essere analizzata. Si tenga presente che una concentrazione pari al valore 4,5 del nostro grafico è visibilissima ad occhio.

Conclusioni

     Tutto quanto abbiamo esposto ha naturalmente un significato relativo. I valori trovati dipendono, oltre che dal tipo di carbone, dalle seguenti variabili: forma e dimensioni del fluocaptore, composizione dell'acqua del torrente, sua velocità e regime di scorrimento, temperatura, ecc., senza poi tener conto di tutti i possibili errori accidentali.

     Riteniamo però che anche operando diversamente si otterrebbero risultati simili.

     Tutto ciò ha molta importanza quando ci si propone di studiare corsi d'acqua che impiegano settimane o mesi prima di

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giungere all'esterno, come si osserva in certe regioni italiane in cui abbiamo delle sorgenti perenni nonostante manchino le piogge per molti mesi .

     Si può quindi evitare di tornare sul posto molto sovente per esaminare i fluocaptori quando non si sa se la soluzione colorata sia già passata o meno.

 

Carlo Balbiano

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Desideriamo ringraziare il Prof. G. Rigault, direttore dell'Istituto di Mineralogia dell'Università di Torino, che ha messo a nostra disposizione le apparecchiature necessarie per compiere queste analisi.

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     Nell'articolo "Esperienze con l'uso dei traccianti" comparso sul numero scorso di Grotte, tra coloro che hanno maggiormente contribuito alle ricerche (pag. 53) è stato omesso per errore Dario Pecorini.

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     Secondo quanto riferisce la rivista della Nation Speleological Society degli USA, NSS News (n. 7, 1966), il Servizio americano della Salute pubblica invita gli speleologi a non utilizzare più per le colorazioni la Rodamina B, poichè si è scoperto che essa presenta certe proprietà cancerogene.

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RADIO E COMUNICAZIONI IN GROTTA

     Sin dai primi giorni in cui cominciammo a frequentare il G.S.P., fummo colpiti dalle discussioni che taluni vi tenevano allo scopo di risolvere il problema delle comunicazioni in grotta, ce ne interessammo ben presto e vi dedicammo buona parte del poco tempo libero di cui disponiamo.

     Questo scritto intende essere un riepilogo di ciò che abbiamo fatto sino ad ora nel campo delle tele- e radiocomunicazioni.

     Il G.S.P. possedeva alcuni telefoni militari di origine "surplus", però il loro uso era stato sempre ridotto a causa dell'ingombro considerevole, del peso eccessivo e della scarsa sensibilità. In un primo tempo si era pensato di eliminarne i difetti conservando le parti essenziali; si sarebbe trattato di togliere il pesante generatore elettromagnetico di chiamata sostituendolo con un "cicalino" a transistori alimentato dalle pile già presenti, che con idonee commutazioni avrebbe amplificato i segnali prima dell'auricolare telefonico. In tal modo si sarebbe ovviato, solo in parte però, ad alcuni inconvenienti senza ridurne l'ingombro. Ma ecco balenare la decisione di fare tutto "ex novo".

     Dopo aver consultato alcune pubblicazioni e dopo lunghe discussioni con gli speleologi, abbiamo stabilito le caratteristiche del telefono da grotta: esso sarà composto da due unità, una delle quali (quella da profondità) dev'essere leggerissima e di ingombro limitato, deve lasciare libere le mani ed essere impermeabile, deve rispondere a certi requisiti di sicurezza di funzionamento e consentire comunicazioni anche ad alcuni metri di distanza dal luogo di installazione. La seconda unità, quella cioè di "appoggio", pur richiedendo caratteristiche simili, consente maggiori dimensioni e peso. La prima parte è composta da un robusto altoparlante del tipo usato in alcuni citofoni. Esso consente un'ottima reversibilità funzionando quindi da microfono, non ha il cestello forato, il cono è particolarmente robusto e verrà introdotto in una scatola di acciaio a chiusura ermetica. La connessione al. cavo è realizzata con un bocchettone del tipo A.N. costruito

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dalla Veam (Milano). Le dimensioni possono essere ridotte sino a mm 60x60x40, ma la nostra scelta è caduta su mm 100x100x50, allo scopo di mantenere una buona qualità nella riproduzione dei suoni, pur contenendo il peso ad un valore di gran lunga inferiore al mezzo chilo.

     Il gruppo di "appoggio" contiene: un amplificatore a quattro transistori a simmetria complementare la cui potenza in uscita supera il mezzo watt, due pile da 4,5 V, un altoparlante simile al precedente, un pulsante e l'interruttore di accensione. Questo complesso è normalmente in ascolto ed a mezzo del pulsante può trasmettere le informazioni invertendo la posizione degli altoparlanti rispetto l'amplificatore. Allo scopo di impermeabilizzare quest'ultimo è possibile includerlo in una resina epossidica che dopo l'indurimento mantenga aspetto e consistenza gelatinosa per consentire le eventuali riparazioni.

Al campo del Marguareis 1966 è stata utilizzata una delle versioni provvisorie di questo complesso. Si è potuto stabilire con l'uso che la sensibilità della versione definitiva dovrà essere un poco ridotta (onde evitare l'eccessiva satura-

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zione dell'amplificatore quando si parli a distanza ravvicinata ed a voce molto alta), cosa non grave poichè è stato possibile comunicare ad alcune decine di metri dal luogo ove sono state lasciate le apparecchiature!! Inoltre sarà bene inserire una piccola capacità (100 : 200 pF ) in parallelo all'ingresso dell'amplificatore per eliminare eventuali interferenze nel caso ci si trovi nei pressi di una stazione di radio-diffusione. (Lo schema del telefono è rappresentato ne! la figura). E' allo studio anche un sistema di chiamata dall'unità remota.

     Contemporaneamente alle comunicazioni via cavo ci siamo dedicati al sistema via radio di ben più difficile soluzione. Quali sono le caratteristiche del radio-telefono da grotta?

     Peso ed ingombro ridotti, impermeabilità, resistenza, basso "consumo, etc. Parte di questi requisiti sono realizzabili inscatolando ed includendo in resine così come si è fatto per i telefoni. Ma dal punto di vista della scelta delle frequenze su cui operare e del sistema di aereo più conveniente, si va incontro ad una serie di compromessi che lasciano adito a poche possibilità. Poichè l'antenna deve essere di ingombro ridotto e le sue dimensioni pari ad un sottomultiplo prossimo alla lunghezza d'onda, si preferirebbe una frequenza molto elevata (oltre 100 MHz), però, in grotta, le radio onde si comportano in modo migliore quanto più la frequenza è bassa (al di sotto di 1 MHz), quindi con antenne di lunghezze addirittura proibitive.

     Una soluzione tentata da alcuni sperimentatori è quella che considera la grotta una "guida d'onda", ma ciò costringerebbe ad avere apparecchiature con innumerevoli canali sulle frequenze più disparate e, cosa inaccettabile, sarebbe impossibile conoscere il canale più idoneo prima di effettuare prove e rilievi, di esecuzione lunga e complessa per ogni cavità.

     Altri nel tentativo di realizzare antenne di ingombro ridotto per frequenze molto basse, hanno costruito dei grossi avvolgimenti di peso notevole, poco maneggevoli e che presentano delle incertezze nel funzionamento a causa della notevole sensibilità all'orientamento del sistema.

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     Noi, dopo molte indecisioni, abbiamo scelto una frequenza prossima ai 30 MHz in una delle bande utilizzate dai radio-amatori, per rimanere, dopo le dovute autorizzazioni da parte del Ministero delle PP.TT., nell'ambito della legalità.

     L'antenna si è ridotta ad uno stilo di circa un metro (l /10) con una resa che, sebbene ridotta, è ancora accettabile se bene accordata.

     Procuratici due rice-trasmettitori interamente transistorizzati, che fossero dotati: di oscillatori a quarzo in ricezione ed in trasmissione allo scopo di evitare ogni possibilità di incertezza nella sintonia, d'ingombro, peso e consumo ridotti, la cui sensibilità, selettività e potenza fossero buone, abbiamo eseguito numerose prove sia in grotta che in ambiente simulato con risultati poco entusiasmanti.

     Però fra le numerose prove eseguite durante una uscita alla grotta dal Caudano (CN), una è stata fruttuosa; infatti i due R.T. sono stati disposti ad una distanza tale da non avere più alcuna possibilità di comunicazione, quindi è stato svolto un comune conduttore elettrico (200 m circa). Esso, fungendo da convogliatore d'onda, sebbene sconnesso da due complessi rice-trasmittenti, ha consentito condizioni di funzionamento ottime. Tale accorgimento è quindi da considerarsi valido anche per distanze di gran lunga maggiori .

     E' proprio in questa direzione che ora stiamo dirigendo la nostra attenzione con la speranza di realizzare un telefono da grotta ad onde convogliate di basso costo, in grado di sfruttare come convogliatori d'onda le scalette usate nei pozzi, svincolato dal cavo bipolare che con le sue frequenti perdite di isolamento spesso riduce la sicurezza di funzionamento, sia dei telefoni convenzionali che di quello dianzi descritto.

     Queste e molte altre buone speranze nutriamo. Se le ipotesi su accennate saranno confermate, ne faremo oggetto di qualche altra paginetta.

     Paolo Colombera e Giancarlo Zanelli (i1ZK)

 

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LE NUOVE SCALE DEL G.S.P.

1.- PREMESSA

Dovendo rinnovare completamente il parco sca1e del Gruppo abbiamo ritenuto opportuno riesaminare criticamente il problema della costruzione, sia dal punto di vista dei materiali impiegati che del metodo di costruzione vero e proprio.

Per quanto riguarda il cavo continuiamo ad usare quello da 3,17 mm (133 fili - carico di rottura 900 kg). 9 già ampiamente collaudato. Si è invece cercato un tipo migliore di alluminio per i gradini, perché si erano notati nei gradini precedentemente in uso dei piegamenti dovuti specialmente all'appoggio degli stessi su spigoli di roccia. In luogo dell'ANTICORODAL 63 TA 16 BONIFICATO si è scelto l'ANTICORODAL 11 TA 16 BONIFICATO; di essi riportiamo le caratteristiche meccaniche:

 

AC 11 TA 16 B

AC 63 TA 16 B

carico di rottura (kg/mm²)

30 ÷ 36

23 ÷ 27

carico di snervamento

25 ÷ 32

20 ÷ 24

durezza Brinell

90 ÷ 120

70 ÷ 90

     Se si considera che il prezzo è uguale, è agevole constatare che la qualità del tipo prescelto è nettamente migliore.

2.- BLOCCAGGIO DEI GRADINI

Il sistema di bloccaggio dei gradini Créac'h.-Chiesa adottato precedentemente presentava alcuni inconvenienti:

     a) lentezza

     b) esecuzione non uniforme, dovuta all'uso di punzoni elicoidali e troppo legata all'abilità dell'operatore.

     Esaminati i vari metodi esistenti, si potè constatare che il più idoneo alle nostre esigenze era il Creac'h-Chiesa con la modifica studiata dalla SAG di Trieste (*). Poichè, date le caratteristiche del metodo, potevano sorgere. dubbi sulla sicurezza delle nuove scale, specie riguardo allo scorrimento del

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(*) M. Gherbaz - Un nuovo metodo per la costruzione delle scale - Atti IX Congr. Naz. Spel., Trieste 1963, pp. 283-288.

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gradino, confrontammo il sistema di bloccaggio tradizionale Creac'h-Chiesa con quello modificato, mediante alcune prove di laboratorio.

2.1.- Prove di sollecitazioni dinamiche

     Preparammo tre serie di gradini, con bloccaggio tradizionale, una con fori laterali di 5 mm, una con fori di 6 mm e una senza fori. I gradini furono incastrati come in figura, e sottoposti alle sollecitazioni dinamiche provocate dalla caduta di un blocco di piombo pesante 70 kg da un'altezza di 30 cm. Tenendo presente che lo strappo era portato da un solo cavo e che l'incastro era molto più rigido di quanto possa essere in realtà si ottennero i seguenti risultati:

i gradini bloccati col sistema tradizionale subirono una deformazione segnando rottura nel punto d'incastro e diedero luogo a scorrimento del cavo rispetto al rame in misura di 5 + 10 cm;

i gradini bloccati col nuovo metodo subirono una deformazione notevole in corrispondenza dei fori, causata dall'indebolimento del gradino in quel punto dovuto ai due fori supplementari; per i gradini con fori laterali di 5 mm lo scorrimento fu di 15 + 20 cm, essendo la superficie di bloccaggio troppo

scarsa; per i gradini con foro di 6 mm lo scorrimento fu soltanto di 4 + 5 cm circa.

     Per ottenere una misura significativa del carico di scorrimento dei gradini, li abbiamo ancora sottoposti a prove di carico progressivo mediante pressa ed è risultato che i gra-

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dini tradizionali scivolano (dalla parte bloccata con i punzoni elicoidali) a carichi variabili da 80 a 150 kg, mentre quelli bloccati con il nuovo metodo incominciavano a scivolare (da. entrambe le parti contemporaneamente) al carico di 400 kg. In nessuno dei due casi si aveva comunque deformazione del gradino, a riprova della bontà del materiale usato.

     In base ai risultati ottenuti abbiamo quindi adottato per i gradini le dimensioni indicate in figura.

      La novità del metodo da noi usato consiste in uno stampo calibrato, di facilissima costruzione, che usato sotto un bilanciere a vite di modeste dimensioni, non solo garantisce un bloccaggio solido e uniforme del tubetto di rame, ma ha permesso di ridurre i tempi di battitura di 10 metri di scale a 15 minuti.

2.2.- Costruzione dello stampo

     Consiste nelle seguenti operazioni:

1)

Squadratura di un blocchetto di C 10 - UNI 2953 mm 52x50x30

2)

Esecuzione di un foro Ø 16 mm attraverso lo spessore minore, perfettamente a centro della faccia di mm 52 x 50.

3)

Taglio del blocchetto a metà della quota di mm 52 sezionando il foro in due per tutta la sua lunghezza.

4)

Esecuzione della fresatura di mm 4 x 3 trasversalmente al canale risultante perfettamente a centro della faccia.

5)

Esecuzione del foro di mm 6 perfettamente a centro del canale, assialmente allineato con la fresatura.

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6)

Allargamento di detto foro a Ø 10 mm per la profondità di mm 10 nella parte inferiore dello stampo.

7)

Rapida lucidatura del canale e della fresatura con tela smeriglio.

8)

Esecuzione al tornio del punzone in C 40 - UNI 2954.

9)

Esecuzione a lima della sagomatura del punzone come da disegno.

10)

Alloggiamento in sede dei punzoni curando il perfetto allineamento della sagoma con la fresatura e calibratura della distanza a stampo chiuso (segnare la posizioni di montaggio).

11)

Tempera e rinvenimento dei punzoni.

12)

Montaggio definitivo dello stampo.

 

Stampo battitura gradini

 

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2.3.- Distanziatore

     E' costruito con 400 mm di profilato 30x50-60; su uno dei lati maggiori vengono eseguite due fresature come da disegno, i cui assi siano alla distanza di mm 303. I canali risultanti devono avere la profondità di mm 12 dal piano superiore e mm 14 di larghezza, onde alloggiare perfettamente i gradini.

 

2.4.- Montaggio de! complesso stampo-distanziatore

     Fissaggio della metà inferiore dello stampo mediante viti testa fresata Ø 5MA x 15 e del distanziatore dei gradini su una piastra di ferro di mm 5 di spessore (vedere disegno).

     La parte superiore dello stampo rimane mobile per comodità d'impiego.

2.5. - Procedimento di bloccaggio

     I gradini vengono preparati con 2 fori da mm 6 perpendicolari ai fori di passaggio del cavo, montati sul cavo con tubetto di rame all'interno del gradino? dopodiché si inserisce il gradino nel canale dello stampo distanziatore facendo entrare il punzone nel foro inferiore, si alloggia il cavo nella fresatura perpendicolare al canale, si inserisce il punzone della metà mobile dello stampo nel foro superiore, quindi si fa scendere il bilancere; quando le due facce dello stampo giungono a contatto si ha un bloccaggio perfettamente calibrato del tubetto di rame sul cavo.

     Come già si è detto sopra, con questo procedimento si possono bloccare 33 gradini pari a 10 metri di scale in 15 minuti.

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Complesso stampo-distanziatore

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3. - CHIUSURA DELLE ESTREMITA' (1)

     L'impiombatura era stata adottata per lungo tempo come chiusura delle estremità che garantiva sia la tenuta che la resistenza del cavo; presentava però gli inconvenienti del l'alto costo (almeno 1000 lire per scala) e della fuoriuscita dei fili dopo un certo periodo di uso, particolarmente fastidiosa per le mani .

     Lasciando da parte il metodo di chiusura con cilindretti di rame ribattuti al massimo (viene indebolito il cavo), abbiamo studiato un sistema che lasciasse integri i cavi simile a quello dei manicotti TALURIT di uso industriale, ma molto più semplice ed economico.

3.1. - Realizzazione

     Un cilindretto in alluminio 99, 5 - UNI 820 del diametro di 14 mm, lungo 23 mm, viene attraversato in lunghezza da due fori paralleli Ø 3,5 mm: il cavetto viene fatto passare in questi fori formando un'asola, portante la radancia. Il cilindretto viene bloccato con uno stampo apposito sotto pressa (pressione minima 10 t) o sotto bilancere pesante di eguale potenza.

     Con questo sistema l'alluminio si modella attorno alla superficie esterna del cavo, garantendo la tenuta senza dar luogo a perdite di resistenza. Inoltre non vi sono più fili sporgenti, con il conseguente pericolo per le mani. Questi bloccaggi sono stati sottoposti a prove di trazione, ed in effetti è sempre saltato il cavo a 900 kg (carico di rottura) senza che si avessero scorrimenti.

3.2. - Costruzione dello stampo

     1. Squadratura di due blocchetti ACCIAIO 38 NCD 4 BONIFICATO alle quote 50 x 40 x 25 mm.

     2. Esecuzione su fresatrice del canale per l'alloggiamento del cavo e della radancia (riferimento 1 del disegno).

     3. Esecuzione su fresatrice del vano di alloggiamento cilindro.

     4. Esecuzione a lima dei raccordi che facilitano la com-

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Stampo chiusura estremità

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pressione e l'estrazione del cilindro (rif. 2).

     5. Lucidatura della sagoma con tela smeriglio fine.

E' importante che l'esecuzione rispetti esattamente le dimensioni date su ambedue i blocchetti, per ottenere un perfetto accoppiamento. La sbavatura sporgente, a chiusura eseguita, deve essere molata a filo del cilindretto.

4. - UNIONE FRA SPEZZONI DI SCALE

     Gambetti o anelli tagliati? Senza entrare nel merito della questione antica, abbiamo cercato di vedere con i materiali a disposizione quale fosse il sistema più sicuro. Presi quindi anelli di catena calibrata con diametro del tondino da 6 e 8 mm, ne abbiamo ottenuto degli anelli tagliati provati alcuni tal quale, e altri previo trattamento termico.

     Sottoposti a trazione, gli anelli da 6 mm non trattati si aprirono completamente a 600 kg, quelli temperati allo stesso sforzo saltarono; gli anelli da 8 mm si aprirono ma solo leggermente prima del carico di rottura del cavo, mentre quelli trattati si spezzarono. Gli stessi sforzi piegarono, in alcuni casi più e in altri meno, la vite di chiusura dei gambetti da noi sempre usati, ma la tenuta si mostrò ben più sicura. Considerato quindi che gli anelli da 8 mm pesano notevolmente di più dei gambetti stessi, abbiamo preferito questi ultimi, malgrado il costo innegabilmente maggiore.

 

Giulio Gecchele e Gianni Toninelli.

 

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(1) v. anche boll. n. 29. pag. 36: Dario Sodero - Nuovo metodo di impiombatura dei cavi delle scalette.

 

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IN MEMORIA

Carlo Pelagalli - Gigi Donini

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     Negli ultimi giorni dello scorso aprile, come tutti sanno, perdevano la vita nel Buco del Castello a Roncobello, vittime del loro generosissimo slancio, Carlo Pelagalli e Gigi Donini dell'Unione Speleologica Bolognese.

     Entrambi molto giovani, 22 armi il primo e 24 il secondo, da molti anni si dedicavano alla speleologia.

     Carlo era anche il più giovane per attività: cinque anni di speleologia, essenzialmente nel campo delle esplorazioni. Era anche alpinista e studiava Scienze biologiche.

     Gigi contava ormai una decina di anni di attività speleologica, essendosi dedicato già giovanissimo a quella che per lui era una branca della Scienza e non semplice attività sportiva. Laureando in Scienze naturali si interessava anche di morfologia, geologia, geografia, archeologia, botanica, paletnologia, paleontologia. Non solo esplorava le grotte e le studiava, ma con passione si dedicava a quelle attività collaterali, spesso ingrate e non considerate nel loro giusto valore, costituite dall'organizzare, dal coordinare, dal guidare l'attività di un Gruppo. Era uno dei redattori di "Speleologia Emiliana". Aveva partecipato tra l'altro, quasi sempre organizzandole lui, a nove campagne in Sardegna. Negli ultimi anni aveva preso a cuore il problema della tutela dell'ambiente naturale delle zone carsiche del Bolognese, esposte com'è noto alla deturpazione e alla distruzione naturalistica da parte delle industrie estrattive del gesso, e aveva compilato un progetto per la salvaguardia e la valorizzazione di tali zone.

     Se con Carlo l'USB ha perso un uomo di punta, con Gigi ha perso anche uno studioso e un organizzatore di valore non comune. La speleologia italiana e le Squadre di soccorso speleologico del CSA del CAI vengono private indubbiamente di due degli uomini migliori. Ad essi il Presidente della Repubblica ha conferito la medaglia d'oro al valor civile alla memoria.

M.D.

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Michele Gortani

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     Si è spento recentemente a Tolmezzo, a 83 anni, il Sen. Michele Gortani, grande figura di naturalista: geologo, speleologo, paleontologo, botanico. Nato a Lugo di Romagna nel 1883 da genitori friulani, fu anche il più profondo studioso della storia e dei costumi della sua terra d'origine e dei problemi della montagna alpina; tra l'altro dedicò molti anni di lavoro, con la moglie, al Museo carnico delle arti e tradizioni popolari. Docente universitario veramente appassionato, insegnò in varie Università (fu anche assistente alla cattedra di geologia a Torino), prima di fermarsi definitivamente nel 1924 a Bologna, dove curò particolarmente l'Istituto e il Museo di geo-paleontologia.

     Eletto alla Camera nel 1913, lasciò nel 1919 la politica per incompatibilità con il nuovo regime; dopo aver preso parate attiva alla lotta partigiana, fu eletto alla Costituente e nel 1948 al Senato. In sede politica e fuori appoggiò la creazione dell'Istituto per lo studio e la difesa del suolo. Fu uno dei fondatori dell'Accademia Italiana di Scienze Forestali ed era presidente della Comunità Carnica.

     Nel campo speleologico lasciò un'impronta di notevole peso, quale è rispecchiata tra l'altro in un centinaio di pubblicazioni. Nel 1904, neolaureato in Scienze naturali e poco più che ventenne, fondò con Alzona, Trebbi e altri una Società Italiana di Speleologia e poi una Rivista Italiana di Speleologia, la prima del genere in Italia. Presiedette l'Istituto Italiano di Speleologia dalla sua creazione sino al 1944, e nel dopoguerra operò attivamente per ripristinarlo. Promosse il II Congresso internazionale di speleologia di Bari-Salerno. Presiedette il 6° Congresso italiano di speleologia di Trieste e nel successivo di Como fu presidente onorario. Fu uno dei primi soci del GS Bolognese del CAI e per molti anni presidente del Circolo Spel. e Idrologico Friulano di Udine.

M.D.

 

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Recensioni

     Colin J. (e collaboratori) - Inventaire spéléologique de la France. Vol. I, Départment du Jura. Edit. Bureau de Recherches géologiques et minières, e Féderation Française de Spéléologie. Paris, 1966, p. 307, in 8°, con 52 tav. di rilievi, 22 tav. fotogr. e 1 carta f.t.

     E' il primo volume di una serie che sarà edita nei prossimi anni allo scopo di raggruppare le principali notizie edite ed inedite relative alle grotte francesi. Qualcosa di simile al nostro vecchio "Duemila grotte" esteso a tutto un Paese.

     Nel volume predomina la parte catastale. Le prime 124 pagine sono dedicate a un elenco in ordine alfabetico, in cui sono riportati i dati essenziali (compresi terr. geologico e cenni descrittivi e scientifici vari, il tutto in poche righe) di ogni grotta. Le pp. 125-128 contengono la bibliografia. Da pag. 128 a pag. 164 è l'elenco delle acque carsiche (interne, risorgenze, essurgenze, ecc.) con i risultati sintetici dell'analisi chimica-batteriologica. Da p. 167 a 223 è l'elenco delle cavità per comune. Seguono i disegni e le fotografie. Una carta speleologica al 200.000 mostra la distribuzione delle cavità e delle sorgenti. Alle pagine 225-226 alcune note faunistiche. Una sommaria analisi delle condizioni geologiche e geo-morfologiche della regione (pp. 7-12) e cenni toponomastici (p. 15) sono contenuti nell'introduzione.

     Osservazioni. Il fatto che il Bureau de Recherches francese pubblichi a sue spese una serie di volumi come questa (che significa un impegno di alcune decine di milioni di lire), prova che le ricerche speleologiche hanno anche un interesse pratico non piccolo. In particolare tale interesse è dato, a questo appare chiaramente da questo volume, dalla conoscenza delle acque sotterranee. Se Martel fosse ancora vivo, avrebbe un gran piacere vedendo che le sue profezie si avverano: oggi la domanda di acque dolci, anche in paesi a clima temperato, è in forte aumento (consumi privati, industria, agricoltura, turismo, ecc.) e le acque delle grotte, specie in regioni calcaree come il Giura, costituiscono una considerevole risorsa.

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     Quanto al resto, siamo nel genere dei soliti elenchi catastali, ma con il pregio di una sistemazione molto chiara della materia e di un'abile sintesi dei dati più importanti di ogni grotta. Purtroppo di molte cavità mancano notizie scientifiche. Anche i dati relativi alle acque sono molto approssimativi.

     Nel complesso tuttavia è un lavoro da tener presente nella preparazione di elenchi analoghi. Molto buona per la sua chiarezza è la carta speleologica allegata fuori testo.

G.D.

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     Sul numero di gennaio di VITALITA' , il mensile della Minerva Medica, è apparso un servizio sulla grotta del Rio Martino. Il testo è di N. Marocchino, le foto di V. Bergerone dello Speleo Club Saluzzo. In esso vengono date alcune notizie di carattere storico sulla grotta e viene accennato un profilo del Club saluzzese. Riguardo al sifone terminale in particolare, viene escluso che sia mai stato superato. Pare strano si ignori l'impresa di Eraldo e Dario che portò alla scoperta di una saletta riccamente concrezionata e di un altro sifone, dopo aver forzato i venti metri di quello terminale. A suo tempo comparve un articolo sulla Gazzetta del Popolo, pagina della provincia di Cuneo, fu fatto un comunicato radio, comparve uno schizzo speditivo sul nostro bollettino.

     Dopo questa parentesi, doverosa dal momento che il principale artefice dell'impresa, Eraldo, perse la vita in quelle grotte che tanto amava, due parole sulle foto. Non sempre la resa tipografica è buona, ma il fotografo non ne ha colpa. Abbastanza leggibile come racconto, il servizio presenta alcuni squilibri nelle singole foto: a volte un po' statiche (chi prova a fare foto in grotta però sa quanto sia difficile rendere il movimento) a volte esageratamente drammatiche. Cosa fa quello speleologo nell'ultima fotocolor, abbarbicato alla roccia, gli occhi dritti nel flash: se va avanti così finisce di certo a bagno. In ultimo, a voler essere cattivi, la foto di pagina 51 non è della sala Verne del Caudano?

E. P.

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85° DELLA FONDAZIONE DEL CAI DI MONDOVI'

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     In occasione del suo 85° anniversario la sezione del CAI di Mondovì ha organizzato alcune manifestazioni celebrative, tra cui una gita sociale alle grotte di Bossea per il 9 aprile p.v. Infatti le origini di questa vecchissima sezione sono in parte speleologiche, essendo stata fondata proprio a Bossea il 18 dicembre 1881, con il nome di Bossea-Mondovì.

     In un elegante numero unico edito per l'occasione, l'amico accademico e speleologo Sandro Comino ricorda il passato speleologico della sezione, ma, molto cavallerescamente, constata che da alcuni anni l'esplorazione speleologica del Monregalese è opera quasi esclusiva del GSP e conclude con un invito ai giovani alpinisti monregalesi di riprendere questo ramo d'attività. Siamo certi che l'invito (a cui ci associamo di cuore) verrà accolto, in accordo con le gloriose tradizioni della Sezione e col dinamismo che la città di Mondovì rivela in molti campi.

Al CAI di Mondovì noi del GSP siamo particolarmente legati sia per i vincoli di amicizia personale con alcuni soci, sia dal comune amore per le montagne monregalesi, sia ancora da un sentimento di riconoscenza per l'ospitalità tante volte avuta nei bei rifugi della Sezione. Ad essa e a tutti i suoi soci vadano quindi i nostri più fervidi rallegramenti e auguri.

G.D.

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     Si ricorda ai soci che il GSP ha provveduto ad acquistare per la biblioteca la raccolta completa delle annate della Rassegna Speleologica Italiana.

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LA BIBLIOTECA del G.S.P.

     Oltre quaranta libri, circa quattrocento pubblicazioni, estratti ed opuscoli; le raccolte delle maggiori riviste di speleologia di tutto il mondo; due indici, uno per autori ed uno per argomenti, continuamente aggiornati, composti da migliaia di schede. Questa, in sintesi, la nostra biblioteca. Purtroppo, accanto a queste cifre bisogna riferire anche il numero, veramente esiguo, dei prestiti: per esempio lo scorso ottobre sono state sei le pubblicazioni chieste in prestito, e nel novembre quattro. La causa di ciò è da ricercarsi in vari fattori, tra i quali l'impostazione della maggior parte delle pubblicazioni, strettamente scientifiche, apprezzabili e comprensibili solo dagli specialisti della materia, nonchè la pigrizia da parte degli speleologi di leggere: tutt'al più chiedono "qualcosa sulla speleologia in generale" oppure "qualcosa di non complicato ed interessante, da leggere a letto prima d'addormentarsi", e tali richieste possono essere soddisfatte solo da quei libri in cui la speleologia appare come avventura. Maggiore attenzione dovrebbe essere dedicata alle riviste, poiché tra relazioni di esplorazioni di grotte di interesse locale, si può spesso trovare in esse un articolo scientifico accessibile a tutti, oppure note tecniche vuoi sulle scalette vuoi sugli altri materiali, che sono e devono essere di grande interesse per ogni speleologo. E non bisogna certo dimenticare una altra importante funzione esplicata dai bollettini: quella di mantenere i contatti tra i vari gruppi speleologici, fatto importante senza il quale numerosi risultati di rilievo non sarebbero stati raggiunti. Inoltre la rivista può, con le recensioni, avvicinare alla lettura le sopra tanto criticate pubblicazioni e, allora, si potrà sperare che queste diventino argomenti d'interesse e di studio, ragione della loro pubblicazione.

Maurizio Sonnino

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PUBBLICAZIONI RICEVUTE

PERIODICI

CAI Torino, Sottosez. GEAT - BOLLETTINO - a. XXII, n. 2 (apr. 1966).

Spéléo Club de la Seine - L'AVEN - n.i 16 (set. 1965), 17 (dic.) 18 (mar. 1966) e 19.

CAI Reggio Emilia - IL CUSNA - a. XVI, n. 1 (mag. 1966).

CAI Roma - L'APPENNINO - a. XIII, n. 1 (feb. 1965).

CAI SAG Trieste - ALPI GIULIE - a. 60, 1965.

Cesk. Akad. Ved. - CESKOSLOVENSKY KRAS Roc. 15 (1963), 16 ('64) e 17 (1965).

Polisportiva Spoleto - Gruppo Speleologico - Bollettino attività 1962-63.

Speleo-Club Roma - Notiziario 1963.

Gruppo Speleo Triestino - Il Corso, n. 1; apr. 1964.

Civico Museo - G. Grotte Gavardo - Annali del Museo, n. 3, 1964.

Bulletin periodique du Spéléo-Club de Paris, Grottes et gouffres, n. 36 (dic. 1965), n. 37 (luglio 1966), n. 38 (dic. '66).

Equipe Spéléo de Bruxelles A.S.B.I. - Bulletin d'information, nn. 26, 27, 28.

Fédération Française de Spéléologie - Spelunca, 6° anno, n.3 luglio-sett. 1966.

Gruppo Speleologico Aquilano - Notiziario - n. 1, maggio 1962, dic. 1964.

Speleologia Emiliana, anno III, n. 1 - 2.

Centre Nation. de la Recherche Scient. - Annales de spéléologie, t. XXI, fascicoli 2 e 3, 1966.

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Gruppo Grotte Milano - Il grottesco, n. 9, nov. 1966.

Soc. Spél. de Grece - Deltion - vol. VIII, fasc. di marzo e di ott.-dic. 1966.

Zeit. für karst- und Höhlenkunde - Die Höhle - n. , 1966.

Societé Suisse de Spel. - Cavernes - A. X, n. 4, dic. 1966;

Stalactite, A. XVI, n. 2 (sett. 1966) e n. 3 (dic. 1966).

Nationa1 Speleologica1 Society - Bulletin - ott. 1966.

G.S.B. - S.C.B. ENAL - Sottoterra - n. 13, 1966.

Nation. Speleological Society - NSS NEWS - v. 24 (1966), nn.5, 6,8,10,11,12.

Soc. Alpina delle Giulie - Alpi Giulie - A. 61°, 1966.

Circolo Speleologico Romano - Notiziario - n. 12, 1966.

Féderation spéléologique de Belgique - Bulletin d'information, n. 2, 1966.

Club Martel Nice - Spéléologie, n. 50 (ott. 1966) e n. 51 (genn. 1967).

 

PUBBLICAZIONI

Soc. Alpina delle Giulie - ATTI E MEMORIE DELLA COMMISSIONE GROTTE "E.BOEGAN", vol. V, 1965, Trieste 1966.

Società Spel. Italiana - Atti della SSI, 1966.

CAI Mondovì - NUMERO UNICO NELL'85° ANNO DELLA FONDAZIONE, 18 DIC. 1881- 18 DIC. 1966.

Fédération des Sociétés Spéléologiques du Sud-ovest -

     II Congres régional de spéléologie, Bordeaux 1955;

     III Congres régional de spéléologie, Bordeaux 1956;

1re réunion inter groupes de spéléologie du sud-ouest, Bor deaux, 1954.

Societe Suisse de spel. - CATALOGUE II, nov. 1961.

(continua sul prossimo numero)